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ESG

Goldman Sachs: ecco come le scommesse ESG minacciano gli investimenti energetici

Per Michele Della Vigna, ricercatore senior di Goldman Sachsm, bisogna “passare dal disinvestimento di petrolio e gas verso maggiori investimenti nelle energie rinnovabili e a basse emissioni di carbonio”

Le strategie ESG hanno contribuito ad un grave calo degli investimenti energetici, concentrandosi troppo sul disinvestimento dai combustibili fossili e non abbastanza sugli investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili. È la conclusione a cui è arrivato Michele Della Vigna, ricercatore senior di Goldman Sachs. “L’attenzione alla decarbonizzazione è corretta, ma penso che debba essere guidata da maggiori investimenti, non da disinvestimenti”, ha dichiarato Della Vigna, responsabile ricerca sulle risorse naturali di Goldman. “La chiave è passare dal disinvestimento di petrolio e gas verso maggiori investimenti nelle energie rinnovabili e a basse emissioni di carbonio. Questa è la ‘questione chiave’ che la comunità ESG deve affrontare”.

LE CONSEGUENZE DEGLI INVESTIMENTI ESG SULLA SPESA PER L’ENERGIA

Secondo l’analista di Goldman Sachs, i modelli di allocazione del capitale degli investitori che mirano ad obiettivi ambientali, sociali e di governance hanno contribuito ad una mancanza globale di spesa per l’energia, che è stata particolarmente dannosa per i settori economicamente vulnerabili della società. Della Vigna stima che la spesa energetica oggi sia inferiore di circa il 25% rispetto a quella tra il 2010 e il 2014, quand’era di circa 2 trilioni di dollari.

BloombergNEF stima che il raggiungimento delle zero emissioni nette di gas serra entro la metà di questo secolo rappresenti un’opportunità di investimento equivalente a quasi 200 trilioni di dollari, ovvero circa 6,7 trilioni di dollari all’anno. In confronto, nel 2021 sono stati spesi 2,1 trilioni di dollari, secondo BloombergNEF.

BloombergNEF ha calcolato anche che, per ogni dollaro raccolto per i combustibili fossili tramite prestiti e sottoscrizioni di azioni, almeno 4 dollari dovrebbero essere destinati alla fornitura di energia a basse emissioni di carbonio entro il 2030. “In questo momento il rapporto è di circa 1:1”, ha affermato Claudio Lubis, analista di BloombergNEF a Londra. “Quindi il messaggio chiave è che, anziché concentrarci sul disinvestimento e smettere di fare le cose, dobbiamo aumentare rapidamente gli investimenti nella fornitura di energia a basse emissioni di carbonio, per sostituire i combustibili fossili”.

Secondo un rapporto degli analisti di BloombergNEF, alla fine del 2021 il rapporto di Goldman era di 1,3:1. In confronto, nello stesso anno, JPMorgan – il più grande organizzatore di accordi energetici al mondo – aveva un rapporto bancario di fornitura di energia di 0,7:1.

Per Della Vigna “il sottoinvestimento nel settore energetico “è molto preoccupante e, sebbene il CapEx energetico stia aumentando, non credo stia crescendo abbastanza velocemente da colmare il divario di 10 anni di sottoinvestimenti”. Della Vigna ha messo in dubbio anche la tendenza degli investitori ESG a concentrarsi sulle emissioni assolute come guida per l’allocazione del capitale, piuttosto che sull’intensità delle emissioni, che misura l’impronta di carbonio di un’entità rispetto al suo fatturato totale: “per loro, tutto ciò che spinge le aziende a produrre meno energia – come concentrarsi solo sulle emissioni assolute -, credo comporti il rischio di prolungare questa crisi energetica”.

IL RUOLO DELL’INFLAZIONE E DELLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA

È una dinamica che ha coinciso con l’inflazione alta da decenni, la crescente disuguaglianza e un dibattito polarizzante sui meriti dell’ESG. Il ruolo della strategia di investimento nel plasmare i mercati energetici è diventato una questione particolarmente controversa dopo l’invasione russa dell’Ucraina. La guerra ha soffocato l’approvvigionamento energetico e capovolto un ciclo economico di bassa inflazione e bassi tassi di interesse. I prezzi delle materie prime sono aumentati vertiginosamente e i fondi ESG hanno affrontato il loro anno peggiore da quando l’acronimo è stato coniato per la prima volta, circa 20 anni fa.

“La preoccupazione per le metriche delle emissioni di intensità è che consentono alle aziende di continuare ad aumentare la loro impronta di carbonio complessiva. La misura fa appello alle aziende che vogliono continuare a far crescere la loro capacità. Ma la metrica non rispetta il concetto di bilancio del carbonio”, ha detto l’analista di BloombergNEF Maia Godemer.

IL RISCHIO DI RALLENTARE LA TRANSIZIONE ENERGETICA

I frenetici sforzi dei governi europei per allontanarsi dalle forniture russe hanno contribuito a far scendere i prezzi del gas ai livelli prebellici. Ciò ha creato un senso di sollievo in tutto l’Occidente, poiché gli effetti a catena dei costi energetici più bassi iniziano a diffondersi ad altri prezzi.

Tuttavia, secondo Della Vigna il rischio è che lo sviluppo porti ad una tregua dello slancio verso la transizione energetica: “siamo ancora di fronte ad un mercato del gas molto ristretto, e credo sia nell’interesse dell’Europa e del resto del mondo continuare ad accelerare l’accumulo di energie rinnovabili il più rapidamente possibile. Penso che essere compiacenti in questo campo sia molto pericoloso”.

LE PREVISIONI SULLA SPESA PER L’ENERGIA NEL 2023

Goldman Sachs prevede che quest’anno la spesa in conto capitale per l’energia aumenterà del 15%. Considerata l’inflazione, però, le spese in conto capitale dovrebbero effettivamente raggiungere il 30%: “quello che deve accadere – ha proseguito Della Vigna – è, da un lato, accelerare la spesa per le rinnovabili, ma, dall’altro, anche normalizzare la spesa per gli idrocarburi”.

Quell’aumento della spesa ora ha un notevole vento favorevole, sotto forma dell’Inflation Reduction Act dell’amministrazione Biden, che lo scorso agosto è stato convertito in legge. Sebbene le stime iniziali del governo USA indicassero che il nuovo decreto avrebbe stimolato circa 370 miliardi di dollari di spesa green, secondo Della Vigna i calcoli di Goldman mostrano che la cifra effettiva, nel prossimo decennio, potrebbe raggiungere i 3 trilioni di dollari: “l’Inflation Reduction Act ha dato una visibilità straordinaria sui rendimenti a lungo termine per le tecnologie rinnovabili. Questo probabilmente è il più grande sviluppo positivo nell’intero spazio rinnovabile dell’ultimo decennio”, ha commentato l’analista di Goldman.

Nel frattempo, ha aggiunto, “l’Europa è sempre stata in prima linea nell’innovazione della tecnologia pulita ma, per rimanere lì, probabilmente sarà necessario addolcire alcuni incentivi, soprattutto in aree come l’idrogeno verde, la cattura del carbonio e la bioenergia. Estendere alcuni di questi incentivi a settori più ampi e renderli più coerenti in tutto il continente renderà l’Europa più attraente e più simile all’IRA degli Stati Uniti”, ha concluso Della Vigna.

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