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Giappone Petrolio

Idrogeno, i piani di Giappone e Kawasaki per investimenti e filiera

Per far sì che l’idrogeno soddisfi il 40% del fabbisogno energetico, il Giappone avrebbe bisogno di investimenti per 425 miliardi di dollari

Il prossimo marzo il terminal nel porto della città di Kobe, nel Giappone meridionale, riceverà il primo carico di idrogeno. Il primo di una lunga serie, si prevede, dato che il paese – il quinto maggiore emettitore di anidride carbonica al mondo – ha detto di voler raggiungere la neutralità carbonica entro i prossimi trent’anni.

Per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili (carbone, petrolio e gas naturale), che assieme generano oltre l’80 per cento dell’elettricità, il governo di Tokyo sta esaminando le potenzialità dell’eolico offshore e dell’idrogeno, appunto.

L’unica azienda giapponese attualmente coinvolta nello sviluppo di una filiera dell’idrogeno – scrive Bloomberg – è Kawasaki Heavy Industries, grande conglomerato industriale in possesso delle navi per il trasporto del combustibile in questione. Kawasaki Heavy Industries è una delle nove società giapponesi che hanno annunciato l’intenzione di formare un’associazione sull’idrogeno, la Japan Hydrogen Association o JH2A, a partire da dicembre.

Motohiko Nishimura di Kawasaki Heavy Industries ha detto che l’idrogeno “è indispensabile per il Giappone per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni. Da sole, le energie rinnovabili non sono sufficienti a soddisfare il grande fabbisogno energetico della nazione”. Nishimura stima che il Giappone dovrà importare 36 milioni di tonnellate di idrogeno liquefatto per riuscire a raggiungere la neutralità carbonica al 2050. Si prevede che l’utilizzo commerciale dell’idrogeno nel paese inizierà intorno al 2030.

Il Giappone è un paese densamente popolato, e per questo potrebbe avere difficoltà con lo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico a terra. L’idrogeno può dunque rappresentare un’opportunità per la decarbonizzazione di quei settori particolarmente complessi, come la siderurgia e i trasporti pesanti. Il problema dell’idrogeno è che il metodo di produzione più economico (la reazione di reforming) è anche quello che genera molte tonnellate di anidride carbonica; il processo a zero emissioni è invece il più costoso. L’Unione europea prevede però che il costo dell’idrogeno “verde”, ottenuto cioè a partire dalle fonti rinnovabili, si abbasserà assieme ai costi dell’eolico e del solare.

Per far sì che l’idrogeno soddisfi il 40 per cento del proprio fabbisogno energetico, il Giappone avrebbe bisogno di investimenti per 425 miliardi di dollari. Il paese è già passato per un grande piano di investimenti infrastrutturali circa cinquant’anni fa, per consentire lo sviluppo dell’industria del gas naturale liquefatto.

Kawasaki Heavy Industries sta già investendo nella creazione di una filiera globale dell’idrogeno, dalla produzione in Australia a partire dalla lignite, al trasporto via nave fino agli impianti ad idrogeno per l’energia elettrica e il riscaldamento.

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