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Carbone

Il carbone è ancora tra noi. Perché?

Secondo Greenpeace la Cina ha approvato 8,63 gigawatt di capacità aggiuntiva a carbone nel primo trimestre 2022

Se la transizione energetica è argomento ormai condiviso più o meno da tutto il mondo, il caro energia vigente già dal 2021 e soprattutto la guerra in Ucraina hanno scosso il panorama. Adesso, la svolta alle rinnovabili è un percorso sì presente e in parte avviato in tanti paesi (specialmente d’Occidente) ma affiancato dalle soluzioni d’emergenza attuali. Oggi occorre far fronte ai rischi sulle forniture di gas di Mosca, alle oscillazioni sul mercato del petrolio, ai pericoli di affidamento a nuovi paesi instabili quanto la Russia.

Scenari in divenire. In mezzo ai quali  arrivano certificazioni sul fatto che siamo ancora lontani dal dire addio alle fonti di energia tradizionali. E quindi dal risolvere concretamente il problema della diversificazione, dell’efficienza e della sostenibilità concordi con la salvaguardia del clima.

UE-USA: AUMENTA IL CONSUMO DI CARBONE

Certificazioni, dicevamo. Dunque, dati. Come rileva Oilprice, citando un rapporto Reuters, Usa e Ue sono ancora amici stretti del carbone. Oltreoceano, infatti, la produzione è aumentata significativamente rispetto allo scorso anno: +6% rispetto al primo trimestre 2021. A renderlo noto è stata l’Energy Information Administration di Washington, che prevede poi un aumento annuale del 3%. C’è stato infatti, un calo ad inizio 2022 sul consumo e l’export di carbone, ma questo  rimane ancora una risorsa centrale.

Discorso valevole anche per Bruxelles. La crisi energetica sta avendo particolari effetti nel Vecchio Continente, che è particolarmente legato al gas di Mosca. La Commissione europea ha stimato che il 5% in più di carbone sarebbe stato utilizzato per sopperire a eventuali restrizioni di flussi dalla Federazione guidata da Putin. Tuttavia, dice OP, questa cifra potrebbe salire ancora nel breve termine.

Dalle parti di chi lo fornisce, come l’Afghanistan per il Pakistan, i rincari di prezzo portano sorrisi. Nel nostro continente, invece, il ritorno al carbone in termini di produzione di energia è già stato discusso in Germania, Austria, Francia e Paesi Bassi.

CRESCE LA PRODUZIONE

Prendendo in esame altri dati di Reuters, si può notare come la produzione di carbone sia lievitata del 30% a 14,6 milioni di tonnellate nella prima metà di quest’anno. Grande protagonista delle spedizioni di carbone (e non solo) è il porto di Rotterdam.

Ma sempre meno protagoniste sono le risorse russe, di passaggio in Olanda. Il commercio dell’ex Federazione sovietica aveva costituito circa il 13% del traffico del porto europeo prima dell’invasione del 24 febbraio. Fino ad allora circa il 25% del carbone proveniva da Mosca.

ANCHE LA CINA SPINGE (DI NUOVO) SUL CARBONE

Non c’è solo l’asse atlantico, però. Secondo quanto rilevato da Greenpeace East Asia, infatti, Pechino ha approvato 8,63 gigawatt di capacità aggiuntiva a carbone nel primo trimestre, circa il 50% del totale complessivo contato per il 2021. Alla base c’è la richiesta di fare qualche passo indietro, come in Europa. Il motivo è lo stesso: produrre energia comunque e ovunque. A far passare i piani sopra indicati sono stati i governi provinciali della Repubblica popolare.

E allora dagli attivisti per il clima sono tornati gli allarmi. “Costruire più capacità di energia a carbone non fornirà sicurezza energetica per la Cina. Questa è una falsità profondamente radicata”, ha detto Wu Jinghan di GEA. Il governo guidato da Xi Jinping punta a produrre il massimo delle emissioni entro questo decennio per poi affrontare e raggiungere la neutralità carbonica al 2060. Le emergenze energetiche di questi mesi, anche dall’altra parte del mondo, hanno dato priorità al presente. Tant’è che si prevedono aumenti di produzione pari a 300 milioni di tonnellate per quest’anno. Insomma, “sicurezza energetica purché sia”. La transizione può aspettare.

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