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Il carbone potrebbe uscire rafforzato da coronavirus. Ecco perché

Secondo Rystad Energy l’estrazione del carbone è diventata molto più economica per il calo del petrolio e la svalutazione di alcune monete oltre a essere una fonte di energia economica e affidabile per ricostruire l’economia.

La pandemia di coronavirus COVID-19 ha scosso i mercati dell’energia come mai sarebbe stato prevedibile e creando, soprattutto, una incredibile volatilità dei prezzi dei carburanti. L’unica fonte di energia che non ha battuto ciglio è il carbone, un combustibile che potrebbe uscirne più forte dall’attuale crisi. È quanto evidenzia un’analisi di Rystad Energy.

PERCHÉ IL CARBONE NE ESCE RAFFORZATO

Il dato da cui trae spunto la riflessione di Rystad Energy è semplice: il prezzo del carbone era già depresso prima della crisi del coronavirus, e la riduzione della domanda in Cina durante i blocchi è stata accompagnata da un calo della produzione interna che ha bilanciato il mercato. Il petrolio, che viene utilizzato come combustibile nell’estrazione del carbone, inoltre, è diventato più economico e ciò è visto da Rystad Energy come un elemento fondamentale per portare a una riduzione dei costi di produzione del carbone a pochi dollari per tonnellata.

PREZZI GIU’

“Con i prezzi ARA (il prezzo di riferimento del carbone, ndr) già così bassi, qualsiasi diminuzione dei costi darà potenzialmente ai produttori in difficoltà che vendono in Europa un po’ di respiro, piuttosto che permettere che i prezzi scendano ulteriormente”, ha sottolineato Steve Hulton, responsabile Global coal research di Rystad Energy.

COSTI IN VALUTA LOCALE, VENDITA IN DOLLARI USA

Non solo. Il forte calo della valuta dei principali paesi esportatori di carbone come l’Australia e la Russia è un altro fattore significativo, ma spesso trascurato per quanto riguarda i prezzi e i margini del carbone. A metà marzo il dollaro australiano ha toccato il minimo da 17 anni, con gli investitori internazionali che hanno cercato la tradizionale sicurezza del dollaro americano; anche il rublo russo ha raggiunto nuovi minimi record a causa del crollo del prezzo del petrolio.

In tale contesto, visto che il prezzo del carbone internazionale è espresso in dollari Usa, mentre la maggior parte dei costi di produzione è generalmente denominata in valuta locale, il tasso di cambio più debole rispetto al dollaro Usa sta a significare, secondo l’analisi di Rystad Energy, “maggiori entrate in valuta locale (o minori costi se convertiti in dollari Usa)”.
“In entrambi i casi, il margine di vendita più alto dà ai produttori la manovrabilità di accettare prezzi più bassi per il carbone in dollari Usa, se necessario”, ha ammesso Hulton.

NEGLI USA PRODUTTORI DI CARBONE DESTINATI A SCOMPARIRE

Di contro, i movimenti di valuta estera non aiuteranno i produttori di carbone con sede negli Stati Uniti, e l’ulteriore debolezza dei prezzi all’esportazione (più la continua distruzione della domanda locale dovuta alla concorrenza del gas) servirà solo ad accelerare la loro scomparsa.

UN CAMBIO DELL’OPINIONE PUBBLICA SUL CARBONE?

Un possibile risultato della crisi di Covid-19 potrebbe essere, quindi “un inaspettato e sottile cambiamento nell’opinione pubblica e nella politica per quanto riguarda la velocità di transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio”, sottolinea Oilprice.

UNA FONTE ECONOMIA E AFFIDABILE PER FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA

“In un mondo post-pandemico il carbone, pur avendo molti problemi – si legge ancora -, è considerato una fonte di energia economica e affidabile per ricostruire l’economia. Inoltre, nei paesi che lottano per riprendersi, ci può essere meno spazio per assorbire la disoccupazione associata alla fine dell’estrazione del carbone e della produzione di energia. Questi fattori potrebbero potenzialmente portare ad un rallentamento del tasso di transizione energetica”.

IN CINA IL CARBONE HA RIPRESO A VELEGGIARE

La Cina ne è un esempio: la capacità di estrazione del carbone è ora orientata a un rapido ritorno alla piena capacità, e la produzione di energia sta tornando a livelli normali. La domanda di importazioni di carbone in Cina, che è aumentata inizialmente a causa delle interruzioni della produzione interna, si avvicinerà probabilmente ai numeri annuali del 2019, anche se i rapporti indicano che alcuni porti hanno già raggiunto i limiti delle loro quote annuali per il 2020.

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