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Berlusconi

Il termovalorizzatore di Acerra, la ricostruzione de L’Aquila e il Ponte di Messina: rifiuti e infrastrutture, l’altro volto di Berlusconi

A rilanciare il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina dopo circa un decennio di dimenticatoio fu proprio Berlusconi. Nel 2005, con un’offerta di 3,88 miliardi di euro, Impregilo vinceva la gara per la realizzazione del ponte. Ma non se ne fece più nulla con la vittoria di Prodi nel 2006

Oltre alle battaglie politiche e a quelle legate al mondo dell’energia Silvio Berlusconi, scomparso proprio oggi all’età di 86 anni, verrà ricordato anche per il termovalorizzatore di Acerra, che ha una storia politica che risale alla prima grande emergenza rifiuti del 1994, da cui nasce un mega piano per 24 inceneritori e 61 discariche. Alla fine, per diverse ragioni, sorgerà solo un impianto.

BERLUSCONI E L’EMERGENZA RIFIUTI: IL TERMOVALORIZZATORE DI ACERRA

Nel 2009 Berlusconi torna al governo e taglia il nastro dell’impianto campano. Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile, dichiara il sito di interesse strategico nazionale e il termovalorizzatore di Acerra entra in funzione. La proprietà viene acquisita dalla regione Campania, la gestione affidata per 15 anni ad A2A. L’appalto consiste nella gestione in esclusiva dei rifiuti “che residuano a valle della raccolta differenziata indipendentemente dalla percentuale raggiunta da quest’ultima”. L’affidatario dovrà corrispondere un canone complessivo per l’utilizzazione degli impianti. Inoltre, potrà vendere energia elettrica al gestore di rete nazionale.

Acerra tratta in media 2.000 tonnellate al giorno di rifiuti urbani provenienti dagli impianti di tritovagliatura e imballaggio della Campania, genera ricavi dalla riscossione della tariffa regionale di conferimento e dalla cessione dell’energia elettrica netta. Nel 2010 comincia già a operare al 100% della propria capacità, e l’emergenza rifiuti a Napoli inizia a scemare. Il tmv di Acerra smaltisce gran parte dell’immondizia prodotta dai napoletani e, nell’insieme, la metà dei rifiuti della regione; il resto va a Brescia (dove sorge un altro tmv gestito da A2A) o nel nord Europa, soprattutto in Germania.

Nel dicembre 2021, nel corso di un seminario sull’etica della comunicazione sui temi di emergenza ambientale, il vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, disse che Bassolino e Berlusconi, nell’autorizzare la costruzione del termovalorizzatore di Acerra, “furono come Ponzio Pilato ed Erode: nemici, ma insieme condannarono Gesù. Siamo stanchi di subire, in queste terre sono localizzati tanti impianti per il trattamento dei rifiuti, ma non smetteremo di far sentire la nostra voce”.

IL TERREMOTO DEL 2009 A L’AQUILA E LE “CASETTE” PER GLI SFOLLATI

Infine, come dimenticare le “casette” costruite a L’Aquila, fortemente volute da Berlusconi e Bertolaso per ospitare gli sfollati del terremoto del 6 aprile 2009. L’idea era dare un ricovero sicuro a chi non aveva più un tetto perché, con l’arrivo del freddo, le soluzioni delle tende o dei container non erano fattibili in quanto inadatte ad ospitare per diversi mesi famiglie con anziani e bambini piccoli.

Quella delle casette però non fu una scelta condivisa da tutti: il centrosinistra all’epoca attaccò fortemente Berlusconi, accusandolo di voler costruire un ghetto ai margini de L’Aquila, di far diventare definitiva una soluzione provvisoria e di non desiderare la ricostruzione del centro storico della città abruzzese.

Ciononostante, nel 2016 la soluzione delle casette fu utilizzata anche dall’allora premier Matteo Renzi per sistemare gli sfollati del sisma che colpì Norcia e Amatrice. Quella volta, però, nessuno fece obiezioni. Anche perché nelle casette de L’Aquila è difficile trovare qualcuno critico: nella fase dell’emergenza più acuta le imprese riuscirono a costruirle e consegnarle agli abitanti in soli 100-120 giorni. Vennero realizzate 5.653 abitazioni, 4.449 in muratura e 1.204 in legno per circa 25.000 sfollati. Non un unico grande agglomerato, ma 19 piccole “new town” sparse tutto intorno alla città, di cui la più vicina a poche centinaia di metri dal centro storico e la più lontana a quindici chilometri, quasi alla pendici del Gran Sasso.

Si tratta di edifici a tre piani con grandi finestre e ampie zone verdi – dove negli anni nacquero parchi giochi e campetti sportivi – rifiniture in acciaio e legno. Dentro sono appartamenti piccoli, di massimo 50-60 metri quadrati, ma con tutto il necessario per vivere dignitosamente, dal televisore ai fornelli a induzione. Ma, soprattutto, sono palazzine costruite con criteri antisismici, tanto che molte persone che ancora abitano lì non hanno intenzione di tornare nelle loro vecchie case perché nelle casette si sentono più sicuri.

Oggi non tutti gli appartamenti sono ancora abitati: chi è riuscito a ristrutturare la sua vecchia casa se ne è andato e ha lasciato le stanze vuote, ma in qualche caso c’è anche chi è stato costretto a spostarsi per colpa di lavori fatti male. In un paio di edifici nei terrazzi e nei solai ci sono state infiltrazioni di acqua e il Comune ne ha ordinato lo sgombero. Difetti nella costruzione, ma anche cattiva manutenzione da parte di chi ne aveva la responsabilità.

Ad ogni modo, per chi è scappato dalle macerie devono essere sembrate un regalo dal cielo. Quartieri tranquilli e immersi nel verde che negli anni i residenti hanno anche cercato di abbellire. Appartamenti che hanno quasi tutti la porta blindata, montata dalle aziende che le realizzazono. Oggi, se si chiede a chi ci abita, i commenti sono perlopiù positivi, anche perché agli sfollati il governo Berlusconi fece trovare, in ogni appartamento, un televisore al plasma, una bottiglia di spumante e la casa perfettamente ammobiliata, coperte incluse.

IL PONTE DI MESSINA

Da poco è tornato in auge ma non tutti ricordano forse che fu Silvio Berlusconi a rilanciare il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina dopo circa un decennio di dimenticatoio per i tentativi che vennero fatti negli anni ’90. Nel 2005, con un’offerta di 3,88 miliardi di euro, Impregilo vinceva la gara per la realizzazione del ponte. Nel 2006 la società firma il contratto. Ma quando sembra tutto pronto per avviare i lavori, Berlusconi perse le elezioni e con l’arrivo del secondo governo Prodi, tutto di bloccò. L’esecutivo a guida Pd cadde dopo soli due anni ma nonostante il ritorno del Cavaliere a Palazzo Chigi la costruzione del ponte non venne ripresa a causa della crisi economica e dei debiti sovrani.

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