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Mare Del Nord

Industria Oil&Gas britannica pronta a tagliare la Co2

Gli obiettivi per il clima sono di riduzione delle emissioni di Co2 del 50% entro il 2030, 90% entro il 2040. I progetti di elettrificazione a basse emissioni di carbonio dovranno affrontare una sfida importante

L’ente britannico per l’industria upstream Oil & Gas UK (OGUK) si è impegnato a dimezzare le emissioni di gas serra del settore entro il 2030 e a ridurle del 90% entro il 2040. Per fare ciò OGUK ha avviato colloqui con il governo sulle misure per mitigare l’impatto sull’industria dovuto alle recenti turbolenze del mercato.

GLI OBIETTIVI

Nel delineare i nuovi obiettivi, volti a respingere le critiche degli ambientalisti e ad allineare il settore del petrolio e del gas con l’obiettivo del Regno Unito di azzerare le emissioni nette entro il 2050, OGUK ha infatt sottolineato il colpo inferto dal coronavirus e dal crollo dei prezzi del petrolio. Lo sconvolgimento, ha detto l’ente, è stato particolarmente grave per le aziende della supply chain, che hanno chiesto aiuto al governo – o quantomeno un “accordo di settore” – per rimanere in vita, dato che gli operatori upstream frenano la spesa per i nuovi progetti. OGUK ha avvertito che, a causa dell’ultima recessione, potrebbero andare persi fino a 30.000 posti di lavoro nel settore.

GLI IMPATTI DI CORONAVIRUS E PREZZI DEL PETROLIO

Il coronavirus e i bassi prezzi delle materie prime “hanno avuto un impatto devastante sull’industria petrolifera e del gas offshore del Regno Unito. Dato l’impatto limitato che la gravità del blocco ha avuto sulle emissioni globali, è più chiaro che mai che abbiamo bisogno di una transizione equa, inclusiva e sostenibile verso gli obiettivi climatici”, ha dichiarato Deirdre Michie, numero uno di OGUK.

Gli obiettivi climatici di Oil & Gas UK non coprono le emissioni derivanti dal consumo di petrolio e gas del Regno Unito, ma dal processo di produzione di petrolio e gas nel Mare del Nord, compresa la generazione di energia elettrica e calore nelle piattaforme offshore, e il “flaring” per motivi di sicurezza o tecnici. Si stimano queste emissioni al 4% delle emissioni totali di gas a effetto serra del Regno Unito, con l’energia generata dalle piattaforme offshore che è da quattro a cinque volte superiore all’energia proveniente dalla rete nazionale.

NON SI PUO’ PERMETTERE AL SETTORE DI MORIRE

OGUK ha ribadito, tuttavia, che permettere al settore di morire per ridurre le emissioni significherebbe una maggiore dipendenza dal carburante importato, con emissioni associate potenzialmente più elevate. Anzi. L’ente britannico sostiene che l’industria può contribuire a innovazioni come la cattura e lo stoccaggio del carbonio e l’uso di combustibili a idrogeno, e grazie a questi a più lungo termine potrebbe trarre il suo potenziale dalle fonti rinnovabili.

COSA FA LA SHELL SULLE EMISSIONI DI CO2

La Shell, ad esempio, ha espresso il suo sostegno ai nuovi obiettivi. “Il settore si è posto un obiettivo chiaro e impegnativo per allinearsi agli obiettivi di emissioni nette pari a zero nel Regno Unito. Dovrebbe stimolare gli sforzi in tutto il settore e aumentare la velocità di cambiamento nel settore energia nel Regno Unito, mantenendo al contempo la sicurezza dell’approvvigionamento”, ha dichiarato il direttore upstream di Shell per il Regno Unito e l’Irlanda, Steve Phimister.

L’IMPEGNO DELLA SCOZIA

OGUK ha chiesto il sostegno del governo, in particolare per la catena di approvvigionamento. Qualche giorno fa il governo decentrato della Scozia si è impegnato a stanziare un “fondo di transizione energetica” da 78 milioni di dollari. “Abbiamo bisogno di una ripresa verde che sostenga i posti di lavoro, le aziende della catena di fornitura e le comunità energetiche”, ha detto Michie.

LA SFIDA È PARI A 18,3 MLN DI TONNELLATE DI CO2

OGUK ha riconosciuto l’entità della sfida nella riduzione delle emissioni di carbonio del settore, che ha stimato in 18,3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente rispetto al 2018.

PRODUZIONE IN DECLINO

Malgrado la produzione di petrolio e gas del Regno Unito sia considerata in declino nel lungo termine, la produzione petrolifera del paese ha recuperato nell’ultimo mezzo decennio, superando 1,1 milioni di b/g. Il declino “naturale” della produzione ridurrebbe le emissioni del settore solo del 6% circa nei prossimi cinque anni, con incrementi di efficienza in grado di portare modeste riduzioni aggiuntive, ha detto OGUK. L’ente ha rilevato, inoltre, la necessità di migliorare la misurazione delle emissioni di CO2 del settore, il 60% delle quali proviene dalla produzione di energia elettrica negli impianti offshore. Il gruppo stima che 1,2 milioni di tonnellate di gas siano state ‘bruciate’ nel 2018, insieme ad altre 95.000 tonnellate rilasciate,direttamente nell’atmosfera.

I PROGETTI RINNOVABILI

Sforzi più sostanziali come portare l’energia rinnovabile alle piattaforme petrolifere e del gas – come accade in Norvegia – sarebbero costosi e dovrebbero affrontare una serie di ostacoli, ha detto OGUK. Sono state avanzate diverse proposte per la fornitura di energia rinnovabile alle piattaforme petrolifere e del gas, sia dal Regno Unito o dalle reti norvegesi, sia da fonti offshore come i parchi eolici galleggianti. Tuttavia, “la tecnologia, le risorse rinnovabili offshore e le infrastrutture non sono attualmente disponibili per facilitare l’elettrificazione offshore di beni esistenti o nuovi”, e tali progetti potrebbero richiedere un decennio per essere implementati “su scala”, richiedendo investimenti significativi e miglioramenti normativi, ha ammesso OGUK.

Per la produzione di energia eolica galleggiante potrebbe essere necessario un meccanismo di prezzo a contratto separato, in particolare per portare l’energia rinnovabile alle piattaforme nella remota zona occidentale delle Shetland, ha aggiunto Louise O’Hara Murray, responsabile ambientale di OGUK. “L’elettrificazione è una sfida in tutte le parti della piattaforma continentale del Regno Unito. Una sfida per la conversione delle attività brownfield e sarà una sfida anche per la messa in circolazione di nuove attività”, ha detto ai giornalisti. “L’ovest delle Shetland è un’area importante per la produzione futura. Ha un sacco di nuovi asset molto efficienti al momento, e un sacco di potenziale per l’elettrificazione, ma è costoso”.

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