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Biden America Latina

Energia e clima, perché Biden potrebbe partire dall’America latina

Puntando sull’America latina, gli Stati Uniti di Biden potrebbero sostituirsi alla Cina come maggiori fornitori di tecnologie pulite nella regione

Tra le prime decisioni prese dal nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden ci sono il reintegro del paese nell’accordo di Parigi e la firma – mercoledì scorso – di una serie di provvedimenti per la sospensione delle nuove concessioni petrolifere sulle terre e le acque federali, per l’aumento della capacità eolica offshore e per l’acquisto di una flotta a zero emissioni da parte del governo.

Già prima di assumere ufficialmente l’incarico “Joe Biden aveva messo in chiaro che avrebbe messo il cambiamento climatico al centro delle sue politiche domestiche ed estere come nessun altro presidente prima di lui aveva fatto. Come candidato, ha proposto il piano climatico più ambizioso di qualsiasi altro governo nella storia, promettendo zero emissioni nette entro il 2050. Come presidente eletto, ha nominato l’ex-segretario di stato John Kerry a funzionario di gabinetto per la gestione del cambiamento climatico”, ha scritto sul New York Times Lisa Viscidi, esperta di questioni energetiche in America latina.

LEADERSHIP CLIMATICA

Per assicurarsi un’adesione più ampia possibile agli impegni contro il riscaldamento globale, gli Stati Uniti di Biden hanno intenzione di porsi alla guida dell’azione climatica globale, collaborando sia con le nazioni europee che con quelle asiatiche. “Ma l’America latina”, sostiene Viscidi, è forse la regione più adatta per la [nuova] amministrazione per iniziare a costruire alleanze”.

PERCHÉ L’AMERICA LATINA

È una regione che Biden già conosce bene, innanzitutto: nel 2014, quando era vicepresidente sotto Barack Obama, ha introdotto la Caribbean Energy Security Initiative (CESI), un programma finalizzato a rafforzare la sicurezza energetica e la crescita economica sostenibile dell’area attraverso un miglioramento della governance, un maggiore accesso ai finanziamenti e un piano per favorire la produzione di energia pulita e a basso costo in America centrale. Ad una conferenza del 2016 – ricorda Viscidi –, Biden parlò del sostegno statunitense per le centrali geotermiche nella nazione caraibica di Saint Vincent e Grenadine e per l’interconnessione elettrica in America centrale.

Biden ha fatto intendere che ripristinerà il focus sull’energia nella regione, anche se – scrive Viscidi – “molte cose sono cambiate dal 2014”. Dall’accordo di Parigi del 2015, e se si esclude il “calo temporaneo” conseguente alla pandemia di coronavirus, le emissioni complessive di gas serra sono cresciute e molti paesi non sono riusciti a mettere in pratica politiche climatiche ed energetiche per il contenimento dell’aumento della temperatura. D’altra parte, le opinioni pubbliche sono oggi più attente al problema del riscaldamento globale e “le tecnologie si sono evolute”: le rinnovabili, in particolare, sono diventate competitive – quando non più economiche – rispetto alle fonti convenzionali.

Lo scorso novembre Biden, ancora presidente eletto, parlò al telefono del cambiamento climatico con alcuni presidenti latinoamericani: quelli dell’Argentina, del Cile e della Costa Rica. Secondo Viscidi, la cooperazione contro il cambiamento climatico e a favore delle energie pulite deve essere “un pilastro centrale” della nuova agenda statunitense per la regione.

QUALE AGENDA DI BIDEN PER L’AMERICA LATINA

Al primo posto dell’agenda immaginata da Viscidi c’è l’aumento delle esportazioni di tecnologie pulite in America latina e la promozione degli investimenti in energie pulite da parte delle aziende statunitensi. La regione ha infatti bisogno di accedere a tecnologie come lo stoccaggio tramite batterie, i veicoli elettrici, la cattura del carbonio e i sistemi per la rilevazione delle fughe di metano. Un approccio di questo tipo realizzerebbe le promesse fatte da Biden in campagna elettorale riguardo alla promozione di “posti di lavoro verdi” e permetterebbe agli Stati Uniti di sostituirsi alla Cina “come maggiore fornitore di tecnologie pulite al mondo”. Viscidi scrive che la Cina è la principale fornitrice di autobus elettrici, pannelli solari e altre tecnologie pulite in America latina.

La Export-Import Bank degli Stati Uniti e la Development Finance Corporation (due istituti governativi: la prima è un’agenzia di credito all’esportazione e la seconda una banca di sviluppo) dovrebbero concentrarsi sulla concessione di prestiti per soluzioni energetiche pulite o a basse emissioni in America latina. In Argentina, fa notare Viscidi, “dozzine di progetti sulle rinnovabili” che dovrebbero essere già entrati in funzione sono stati rimandati per mancanza di finanziamenti.

Al secondo posto di quest’ipotetica agenda regionale, c’è il rafforzamento della cooperazione sulla resilienza climatica tra gli Stati Uniti, l’America centrale e i Caraibi, due aree particolarmente vulnerabili ai fenomeni metereologici estremi come gli uragani e le tempeste, che spesso danneggiano le reti elettriche causando blackout prolungati.

Gli Stati Uniti, secondo Viscidi, potrebbero investire, o favorire gli investimenti, in tecnologie come le smart grid, in infrastrutture di rete più piccole e decentralizzate e in sistemi di stoccaggio. Il trasporto elettrico permetterebbe inoltre di alleviare il problema dell’inquinamento dell’area e della dipendenza dalle importazioni di petrolio.

Per ultimo, l’amministrazione Biden “deve sostenere la lotta contro la deforestazione in Amazzonia”: i dati dicono che nel 2020 c’è stato un aumento del tasso di deforestazione in Brasile – dove si trova la maggior parte della foresta amazzonica – di quasi il 10 per cento. Viscidi nota che le eventuali pressioni di Washington sul governo locale per la promozione dello sviluppo sostenibile e per la salvaguardia dell’ecosistema dell’Amazzonia saranno probabilmente causa di tensioni con Brasilia.

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