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La crisi ucraina mette l’impegno per il clima in secondo piano?

Fatti, prospettive e contesto sulle riflessioni americane ed europee tra lotta al cambiamento climatico e nuovi equilibri energetici prodotti dalla guerra mossa dalla Russia. 

La guerra è giunta alle porte dell’Europa. Anzi, in Europa. Dopo settimane di stallo e tensioni su quali potessero essere le fasi da percorrere per trattare con Putin e affrontare questa nuova fase di aggressione post-sovietica, le truppe moscovite non si sono accontentate di confermare la propria presenza nelle repubbliche separatiste del Donbas. Con il discorso di lunedì sera, infatti, lo zar russo aveva riconosciuto l’indipendenza di Luhansk e Donetsk, come ci fosse bisogno di formalizzarne la natura filorussa. Poi, nella notte di mercoledì, l’avanzata è proseguita a pieno carico verso la capitale.

IL FRONTE ENERGETICO DELLA CRISI UCRAINA

Dunque, tutte le attenzioni internazionali si sono rivolte alla guerra e a questo decisivo scostamento degli equilibri mondiali. Uno degli ambiti più dibattuti dell’escalation conflittuale ha riguardato e continuerà a riguardare il fronte energetico. Tra Italia, Europa, Stati Uniti e altre potenze nel Medio Oriente, le prossime strategie dovranno concentrarsi anche sul distacco dalle dipendenze da Mosca, nonché su una obbligatoria della transizione alle rinnovabili.

LE MOSSE ITALIANE

Anche il governo Draghi, per esempio, sta ridisegnando la strada di Roma sul proprio futuro a livello di forniture, nuove fonti e alternative da sfruttare. E, assieme alle mosse del governo, anche il dibattito politico sta dando spazio a diversi scenari.

IL DIBATTITO SUL CLIMA PASSA IN SECONDO PIANO?

È chiaro, spiega Axios, che le agende degli esecutivi mondiali siano orientati a neutralizzare la minaccia di Putin sul fronte ucraino. Ma, scrive il giornale americano, questo potrebbe mettere a rischio le importanti accelerate ottenute sul tema della lotta al riscaldamento nel mese di novembre a Glasgow, in occasione della Cop26.

RIPARTIRE DA GLASGOW, OGNI GIORNO

D’altronde, lo sappiamo, di molti e forse troppi argomenti abbiamo sentito parlare per un certo periodo per poi scordarcene nei mesi successivi. Similmente accade per gli impegni dei governi nazionali. Come avevamo scritto anche qui su EO, i risultati ottenuti in Scozia rappresentano un buon inizio sul quale portare avanti gli impegni. Il rischio, ammonisce Axios, è che “questo slancio sta svanendo con la speranza di un ambizioso pacchetto sul clima in questo Congresso quasi perso”.

“Il problema è che ora è esattamente il momento in cui i paesi devono convertire i loro impegni a Glasgow in azioni e politiche concrete in modo che possano impostare le loro economie su un percorso verso lo zero netto”, ha detto ad Axios Kelly Sims Gallagher, direttrice del Climate Policy Lab presso la Fletcher School della Tufts University.

TRA ECONOMIA E PANDEMIA

C’è anche una questione economica, che ha spostato gli orizzonti governativi verso altri lidi. Anche perché, non bisogna dimenticare il contesto ancora pandemico che riguarda tutto il mondo. “Il clima continua ad affrontare un caso molto grave di spiazzamento urgente degli importanti”, ha detto ad Axios Aron Kramer, presidente e CEO di BSR, la società di consulenza manageriale.

L’ALLARME DI KERRY

Una spia, in questo senso, è stata accesa anche dal Commissario al Clima statunitense John Kerry. “Dobbiamo correre uno sprint per evitare punti di non ritorno a breve termine e una maratona per raggiungere gli obiettivi di metà secolo per ridurre le emissioni di CO2”, ha detto in un discorso al Cairo lunedì.

“L’invasione russa dell’Ucraina può solo stimolare la decarbonizzazione dell’Europa mentre si concentra nuovamente sull’efficienza, l’energia rinnovabile e lo stoccaggio per accelerare il suo allontanamento dal gas russo”, ha detto ad Axios Rachel Kyte, preside della Fletcher School ed ex capo del clima presso la Banca Mondiale.

DALL’ONU

Lunedì sarà pubblicata una nuova importante valutazione del Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici sugli impatti, l’adattamento e la vulnerabilità dei cambiamenti climatici, conclude Axios.

Insomma, la crisi ucraina rischia di fare da sfondo a un’opacità dei governi sull’impegno per il clima. Il percorso verso le nuove energie è lungo ma va iniziato ora con dei segnali concreti.

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