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Kerry

John Kerry ha chiesto all’industria degli idrocarburi di fare di più

Kerry ha invitato le società petrolifere ad accelerare lo sviluppo di tecnologie per l’idrogeno e per la cattura del carbonio, che possano permettere di ridurre le emissioni

L’inviato speciale per il clima degli Stati Uniti, John Kerry, ha chiesto alle compagnie del petrolio e del gas di fare di più per diversificare le proprie attività e per adottare tecnologie low-carbon in modo da contrastare i cambiamenti climatici.

COSA HA DETTO KERRY

“Penso che l’industria dei combustibili fossili possa chiaramente fare molto di più per diventare un’industria energetica a tutti gli effetti che abbracci alcune di queste nuove tecnologie”, ha dichiarato Kerry nel suo intervento alla CERAWeek, la conferenza annuale sull’energia organizzata da IHS Markit,

Mentre i dirigenti delle società petrolifere sostenevano che la domanda di petrolio e gas naturale continuerà a crescere nei prossimi anni, Kerry ha invitato piuttosto ad accelerare lo sviluppo di tecnologie per l’idrogeno e per la cattura del carbonio, che possano permettere di ridurre le emissioni inquinanti.

La pandemia di coronavirus – nonostante abbia provocato un calo dei prezzi e della domanda di energia (petrolio incluso) – ha dato impulso alla transizione verso le fonti rinnovabili e verso l’elettrificazione dei consumi. Le grandi aziende del settore degli idrocarburi hanno dovuto rivedere i loro investimenti, anche per rispondere alle pressioni degli investitori, che chiedono con insistenza maggiori sforzi in direzione della sostenibilità ambientale.

COSA FARANNO GLI STATI UNITI SUL TAGLIO ALLE EMISSIONI

Kerry ha detto che gli Stati Uniti riveleranno un nuovo target per la riduzione delle emissioni di gas serra sul breve-medio termine ad un vertice internazionale che si terrà il prossimo 22 aprile, la Giornata della Terra.

Il presidente Joe Biden – che ha nominato Kerry come inviato per il clima – ha annunciato il rientro dell’America nell’accordo di Parigi sul clima nel primo giorno di mandato. Ha anche bloccato i lavori per la costruzione dell’oleodotto Keystone XL, che avrebbe trasportato il greggio delle oil sands canadesi, e ha sospeso i permessi per le trivellazioni di petrolio e gas sui territori federali.

INDIPENDENZA ENERGETICA A RISCHIO?

Le ultime due decisioni sono state accolte con favore da una parte dell’opinione pubblica americana, ma criticate da un’altra. Le aziende petrolifere e i politici più vicini agli interessi del settore, ad esempio, sostengono che gli Stati Uniti corrono il rischio di diventare più dipendenti dalle importazioni petrolifere da paesi diversi dal Canada e dal Messico, due degli alleati più importanti.

Scott Sheffield, amministratore delegato della società di idrocarburi Pioneer Natural Resources, ha detto che gli Stati Uniti hanno “raggiunto l’indipendenza energetica guardando solamente al Nord America, e ora finiremo ad importare di nuovo il 60-70 per cento del greggio dall’OPEC” a causa dei divieti imposti dal governo federale.

Benché sia vero che gli Stati Uniti siano oggi molto meno dipendenti dal Medio Oriente per quanto riguarda le forniture di petrolio, il termine “indipendenza energetica” è fuorviante e rimuove quella rete di dipendenza reciproca che lega l’America a tutta una serie di paesi stranieri. Nel 2020 gli Stati Uniti sono diventati esportatori netti di petrolio ma continuano ad avere bisogno di importarlo: dal Canada (soprattutto) e dal Messico, ma anche da nazioni esterne al Nord America come l’Arabia Saudita e l’Iraq.

“ABBIAMO BISOGNO DI UNA SMART GRID”

Nel suo intervento alla CERAWeek, Kerry ha parlato della necessità di maggiori investimenti nelle infrastrutture energetiche, come le reti elettriche, in modo da facilitare l’installazione di capacità rinnovabile.

“Abbiamo bisogno di una smart grid”, una rete elettrica cioè più digitale ed interconnessa, ha detto Kerry. “Ci farà risparmiare grandi quantità di denaro, ridurre le emissioni e produrrà capacità per rispondere alle sfide del carico di base”. Kerry ha attaccato lo “sciovinismo” che porta alcuni stati americani a resistere alle direttive energetiche federali. Il riferimento è innanzitutto al Texas, la cui rete elettrica è – per scelta – separata dai sistemi che servono gli altri stati americani.

Il mese scorso un’ondata di freddo in Texas ha messo in crisi la griglia locale, ritrovatasi impreparata a rispondere al forte aumento della domanda di elettricità per il riscaldamento da parte della popolazione. Il gestore del sistema ha dovuto procedere con dei blackout a rotazione, lasciando per giorni milioni di persone senza corrente in un momento di grande necessità.

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