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Nucleare

La Francia abbandonerà il nucleare?

Il settore nucleare rappresenta circa il 70% dell’attuale mix di elettricità francese e oltre il 40% della domanda finale di energia, secondo quanto emerge dai documenti del ministero della transizione ecologica transalpino.

La scorsa settimana l’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) ha diffuso un rapporto tanto atteso dal titolo “Condizioni e requisiti per la fattibilità tecnica di un sistema elettrico con un’elevata quota di rinnovabili in Francia verso il 2050”. Il documento, tuttavia, è stato accolto con freddezza dall’industria nucleare francese, poiché dietro il titolo si nasconde un messaggio chiave: uno scenario di energia rinnovabile al 100% è “tecnicamente possibile” nel 2060 in Francia. E ciò implica che il paese potrebbe fare a meno dell’energia nucleare per soddisfare la sua domanda interna.

IL NUCLEARE FRANCESE

Il settore nucleare rappresenta circa il 70% dell’attuale mix di elettricità francese e oltre il 40% della domanda finale di energia, secondo quanto emerge dai documenti del ministero della transizione ecologica transalpino.

Negli anni ’70, la Francia ha deciso infatti di intraprendere la strada del nucleare, aspirando ad abbandonare il petrolio e raggiungere l’indipendenza energetica. Da allora, il paese non solo ha garantito la propria sicurezza dell’approvvigionamento elettrico, ma ha anche potuto esportare energia verso i paesi vicini tra cui l’Italia.

Nel 2020, la priorità si è spostata dal nucleare al rispetto dell’obiettivo dell’accordo di Parigi di avere zero emissioni di carbonio entro il 2050. Nel suo piano energetico pluriennale, la Francia si è posta l’obiettivo di ridurre la quota di energia nucleare nel mix energetico al 50% entro il 2035, si legge su connaissancedesenergies.org.

PRONTI A CHIUDERE 14 CENTRALI

Nel 2020, il governo ha annunciato, invece, l’imminente chiusura di 14 centrali nucleari per raggiungere questo obiettivo, come riporta Le Parisien. La chiusura dello stabilimento di Fessenheim, nel giugno 2020, ha lasciato un gap di capacità di 1,7 GW da compensare con altre fonti di generazione di energia.

LE DIFFICOLTA’ DI EDF

Dall’altro lato molti analisti parlano di un graduale arretramento da parte di Edf sul know-how nucleare. Le difficoltà che EDF sta affrontando con la costruzione dello stabilimento di Flamanville – vale a dire le saldature mal costruite e gli sforamenti di budget – forniscono un esempio di questa tendenza.

UNA TENSIONE CRISTALLIZZATA ATTORNO ALL’ATOMO

La tempistica della relazione dell’Aie non è del tutto priva di effetti. L’industria nucleare sta attualmente attraverso un momento cruciale, poiché il regolatore nucleare francese (ASN) ha recentemente dato il via libera all’estensione della durata delle centrali nucleari oltre i 40 anni, come ha scritto Le Figarò.

Ciò significa che alcuni vecchi reattori saranno disattivati ma dovranno essere sostituiti da nuovi. Il governo francese dovrà quindi affrontare una questione complicata: da un lato, potrebbe scegliere di aggiungere ulteriore capacità nucleare, oppure, potrebbe investire in energie rinnovabili per compensare le perdite.

MINISTRO DELL’ECOLOGIA FRANCESE GUARDA ALLE RINNOVABILI CON INTERESSE

Il rapporto Aie è stato incaricato proprio di esplorare quel dilemma specifico e commissionato dal gestore del sistema di trasmissione francese RTE per guidare il ministro dell’Ecologia – Barbara Pompili – nella stesura della futura politica energetica. La Pompili rappresenta il partito dei Verdi francesi, che non ha mai nascosto la sua opposizione al nucleare, e ha infatti accolto con entusiasmo il rapporto: “L’opzione delle rinnovabili al 100% non è mai stata esplorata così a fondo: la massima autorità per l’energia ammette sia tecnicamente possibile”, ha dichiarato a Le Monde.

L’Aie non è entrata nei dettagli sulla fattibilità dell’opzione delle energie rinnovabili. Tuttavia, ha messo sul tavolo l’opzione, e questo è già sufficiente per gruppi ambientalisti anti-nucleari come Greenpeace o Réseau Sortir du Nucléaire per rivendicare la vittoria.

Da parte sua, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che “l’energia nucleare deve rimanere un pilastro del mix elettrico nazionale”, mostrando scarso interesse a orientarsi completamente verso le rinnovabili. Pompili ha assicurato che nessuna decisione definitiva verrà emessa prima della fine del mandato, nel 2022.

LE QUATTRO SFIDE DI AIE

L’Aie ha comunque elencato quattro sfide che dovranno essere superate per l’attuazione del piano. Il primo è migliorare la stabilità della rete e farlo senza fonti energetiche convenzionali appare difficile. Per far fronte a questa intermittenza, l’Aie prevede diverse soluzioni come flessibilità dal lato della domanda, il miglioramento delle batterie e la gestione delle unità di picco. Poi ci sono il necessario aumento delle riserve operative e dello sviluppo della rete, dove scrivono gli autori del rapporto: “per il momento, la Francia non ha bisogno di procurarsi grandi volumi rispetto ad altri paesi, e la sua il sistema di bilanciamento è competitivo, con conseguenti bassi costi per il consumatore rispetto ad altri paesi europei”.

NUCLEARE FRANCESE, COMMISSIONE DECOMMISSIONING: L’ITALIA SI FACCIA SENTIRE

Intanto il piano francese di proseguire oltre i 40 anni l’esercizio dei reattori transalpini va avanti, comprese le osservazioni che Parigi ha chiesto ai paesi confinanti, Italia compresa.“Stanno piovendo dalle nazioni confinanti le osservazioni sul piano francese per proseguire oltre i 40 anni l’esercizio dei reattori da 900 MWe. ‘sarebbe bene che anche il governo italiano rendesse pubbliche le sue – osserva la commissione scientifica sul decommissioning presieduta da Massimo Scalia professore di Fisica Matematica al Dipartimento di Matematica dell’Università La Sapienza -, visto che parecchi di questi reattori si trovano entro duecento km dal confine italiano. Nel merito, i 32 reattori da almeno 900 MWe che stanno raggiungendo la soglia dei 40 anni sono stati tutti progettati prima degli storici incidenti di Three Miles Island (Usa, 1979), Cernobyl (Urss, 1986) e Fukushima (Giappone, 2011). Non sono pertanto in grado di garantire il fondamentale principio che il rischio associato al loro ulteriore funzionamento sia paragonabile a quello derivante dai nuovi reattori e dalle nuove normative a tutela di una maggior sicurezza”.
“Al di là della mancanza di rispetto, da parte della procedura francese, delle Convenzioni internazionali che regolano la richiesta di superare i 40 anni d’esercizio, norme cui invece si attengono per l’analoga richiesta Finlandia, Ucraina, Belgio e Slovenia – osserva ancora la Commissione – due punti fondamentali riguardano le conseguenze: 1) di un incidente con fusione anche parziale del nocciolo del reattore; 2) di un attacco terroristico alle piscine di stoccaggio degli elementi di combustibile irraggiato, quest’ultimo rischio non così attuale quando questi reattori vennero progettati ben oltre 40 anni fa”.
“Non si tratta solo di preoccupazioni di conformità alla normativa vigente – conclude la Commissione -. Siamo vivamente preoccupati dei possibili rilasci radioattivi associati agli incidenti delle due classi sopra definite perché ben 16 reattori nucleari si trovano vicino al territorio italiano, tra essi i più vecchi, entrati in esercizio a Bugey nei primi anni ’70, e un reattore sperimentale veloce al Plutonio, Phenix (1973), realizzato nell’ambito della cosiddetta ‘Force de frappe’ per l’atomica francese”. La Commissione scientifica sul Decommissioning, ha concluso la nota, “vedrà di veicolare le sue osservazioni sugli altri rilevanti aspetti, affinché si pervenga a una completa ridefinizione del Piano francese”.

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