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Piano Mattei

La norma su extra-profitti? No aumento prezzi al consumo, sì a poteri sanzione AGCM. I rilievi del Parlamento

Sono i rilievi mossi dal Servizio studi di Camera e Senato sull’articolo 37 del Dl Ucraina che istituisce, per l’anno 2022, un contributo straordinario a carico di soggetti operanti nel settore energetico

Valutare l’opportunità di definire con maggior dettaglio i meccanismi di accertamento previsti per garantire che gli oneri derivanti dall’incremento di imposta non si traducano in aumenti del prezzo al consumo, e precisare la tipologia di provvedimenti adottabili a questo scopo dall’AGCM, con particolare riguardo agli eventuali poteri sanzionatori. Sono i rilievi mossi dal Servizio studi di Camera e Senato sull’articolo 37 del Dl Ucraina che istituisce, per l’anno 2022, un contributo straordinario a carico di soggetti operanti nel settore energetico, nella misura del 10 per cento dell’incremento del saldo tra operazioni attive e passive realizzato dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022, rispetto al medesimo periodo tra il 2020 e il 2021, il cosiddetto “extraprofitto” (esclusi i soggetti che conseguono un incremento del saldo fino a 5 milioni di euro o, comunque, inferiore al 10 per cento).

LA ROBIN TAX

Il dossier ricorda che nel 2008, in un contesto analogo di aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, il legislatore introdusse un’addizionale IRES del 5,5 per cento da applicarsi ai soggetti operanti nei settori della ricerca e coltivazione di idrocarburi, della raffinazione di petrolio, della produzione e commercializzazione di prodotti petroliferi ed energia elettrica, che avessero conseguito nel periodo di imposta precedente un volume di ricavi superiore a 25 milioni di euro. La norma (che allora venne definita ‘Robin tax’, ndr) istitutiva prevedeva anche un divieto di traslazione dell’onere sui prezzi al consumo, affidando all’Autorità per l’energia elettrica e il gas (oggi ARERA) i compiti di vigilanza. “L’addizionale era giustificata, nel testo della norma istitutiva, dai rincari energetici verificatisi nel 2008 ‘in dipendenza dell’andamento dell’economia e dell’impatto sociale dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico’”.

LA SENTENZA DELLA CORTE DEL 2015

Ciò nonostante, si legge nel dossier parlamentare “la misura aveva carattere strutturale e non temporaneo. Inoltre, negli anni a seguire, l’aliquota dell’addizionale fu più volte modificata e l’ambito soggettivo di applicazione esteso ad attività quali la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (originariamente esclusa), la distribuzione, trasmissione e il dispacciamento di energia elettrica e il trasporto e la distribuzione di gas naturale”. Poi a seguito del sollevamento della questione di legittimità costituzionale da parte della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità delle disposizioni istitutive dell’addizionale IRES. Questo perché la congiuntura economica caratterizzata da un eccezionale rialzo dei prezzi di prodotti energetici al contempo insostenibile per gli utenti e idoneo ad incrementare sensibilmente i margini di profitto degli operatori dei settori interessati “può costituire ‘un elemento idoneo a giustificare un prelievo differenziato che colpisca gli eventuali sovra-profitti congiunturali’. Tuttavia, ‘affinché il sacrificio recato ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva non sia sproporzionato e la differenziazione dell’imposta non degradi in arbitraria discriminazione, la sua struttura deve coerentemente raccordarsi con la relativa ratio giustificatrice’. Ciò non avviene quando, come nel caso della maggiorazione dell’aliquota IRES prevista dal D.L. n. 112 del 2008: il tributo ‘si applica all’intero reddito di impresa, anziché ai soli sovra-profitti’; manchi una ‘delimitazione del suo ambito di applicazione in prospettiva temporale o di meccanismi atti a verificare il perdurare della congiuntura economica che ne giustifica l’applicazione’”.

In merito al divieto di traslazione, la Corte ha ritenuto che la finalità perseguita “è coerente con l’obiettivo dichiarato dalle disposizioni impugnate, ossia l’attenuazione dell’impatto sociale dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico; tuttavia, ha giudicato le relative disposizioni irrazionali per inidoneità a conseguire lo scopo, stante la ‘impossibilità di prevedere meccanismi di accertamento idonei a garantire che gli oneri derivanti dall’incremento di imposta non si traducano in aumenti del prezzo al consumo’”.

COSA CHIEDE IL PARLAMENTO

Rispetto alle considerazioni della Consulta sull’addizionale IRES introdotta nel 2008, contenute nella sentenza n. 10 del 2015, le norme in esame prevedono la temporaneità dell’imposizione, limitata al periodo dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022; e l’applicazione dell’aliquota del 10% al solo incremento del saldo tra operazioni attive e passive conseguite nel medesimo periodo.

Per evitare indebite ripercussioni sui prezzi al consumo le norme “prevedono la possibilità per l’AGCM di intervenire con propri provvedimenti e, per la Guardia di finanza, di esercitare gli stessi poteri che le sono attribuiti per l’accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi”. Da qui la richiesta di valutare “l’opportunità di definire con maggior dettaglio, anche alla luce dei sopra ricordati principi fissati dalla Corte Costituzionale, i meccanismi di accertamento previsti per garantire che gli oneri derivanti dall’incremento di imposta non si traducano in aumenti del prezzo al consumo, nonché di precisare la tipologia di provvedimenti adottabili a questo scopo dall’AGCM, con particolare riguardo agli eventuali poteri sanzionatori”.

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