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La riforma portuale alla Ragioneria dello Stato. Rixi: “Non possiamo più restare fermi”

La riforma del sistema portuale italiano è alla Ragioneria dello Stato. Saranno innovati i testi precedenti, quelli del 2015 e del 1994. Nelle prossime settimane il disegno dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri e poi si aprirà un confronto con il Parlamento per arrivare alla legge entro la fine del 2026. Cosa prevede?

Al centro della riforma portuale c’è Porti d’Italia Spa, una nuova società pubblica, partecipata da Mef e Mit, con una dotazione di 500 milioni. La super Authority avrà il compito di integrare meglio i porti italiani nei corridoi transeuropei (TEN-T) e di accelerare gli investimenti nelle opere strategiche. Il nuovo assetto ridisegnerà i rapporti tra il centro e i territori. È “necessario avere una piattaforma logistica unica, che coordini la realizzazione delle infrastrutture con un piano di investimenti pluriennali”, ribadisce Edoardo Rixi, viceministro delle infrastrutture e dei trasporti.

IN COSA CONSISTE LA RIFORMA

La nuova riforma, secondo quanto riporta Repubblica, prevederà che le 16 Adsp continueranno a gestire demanio, manutenzioni e pianificazione locale, mentre la programmazione strategica passerà sotto una regia nazionale. Nei comitati di gestione delle Autorità di sistema inoltre,  siederanno rappresentanti di Mit e Porti d’Italia, per garantire un raccordo tra decisioni del territorio e strategia nazionale. La Conferenza nazionale delle Adsp che già esiste, verrà rafforzata come sede di coordinamento permanente. Ogni Autorità dovrà inoltre sottoscrivere con Porti d’Italia una convenzione che definisca compiti e procedure: se entro 90 giorni non sarà raggiunta l’intesa, potrà intervenire la Direzione porti del Mit in via sostitutiva.

CONCESSIONI E INVESTIMENTI

Le concessioni di oltre vent’anni passeranno attraverso il Mit, mentre quelle legate a opere di Porti d’Italia saranno co-gestite. Un punto centrale su cui c’è da chiarire è il legame con il Codice degli Appalti e i criteri di calcolo dei canoni “orientati al costo”, determinati in base alle spese sostenute da Porti d’Italia per la realizzazione e la manutenzione delle infrastrutture. Gli investimenti confluiranno nel nuovo Fondo per le infrastrutture strategiche di trasporto marittimo, istituito presso il Mit e alimentato dall’85% dei canoni demaniali delle concessioni rilasciate prima del 2022, dalla quota fissa dei canoni successivi e da una percentuale delle tasse di ancoraggio e di sbarco/imbarco. Le somme confluiranno nel fondo, che poi le trasferirà a Porti d’Italia, mentre una quota minore resterà alle singole Autorità.

LE PROCEDURE OPERATIVE

La Conferenza di servizi sarà l’unico passaggio autorizzativo, affiancata da uno Sportello unico amministrativo presso le Adsp. E’ previsto inoltre un accordo di programma quinquennale, stipulato tra Mit e Porti d’Italia, approvato dal Cipess, il comitato di governo che coordina i fondi per le grandi opere e registrato dalla Corte dei conti che avrà lo scopo di definire gli obiettivi, i cronoprogrammi, le risorse e i criteri di verifica. «La Porti d’Italia Spa può svolgere un ruolo chiave anche oltre i confini nazionali, purché operi in un quadro normativo chiaro e coerente con la disciplina europea» ribadisce Francesco Munari, ordinario di diritto dell’Ue all’Università di Genova ed esperto di diritto marittimo, a La Repubblica Affari & Finanza.

PORTI D’ITALIA SPA

Porti d’Italia è parte di una più ampia riforma delle infrastrutture portuali. Pubblica al 100%, e controllata dal Mit e dal Mef fornirà la dotazione patrimoniale e depotenzierà le singole Autorità in materia di opere strategiche, concessioni e gare d’appalto. Ci sarà una presenza di Palazzo Chigi nel board. Sulla dotazione iniziale Rixi chiarisce: «Con la Ragioneria è in corso un confronto ma ci stiamo muovendo in modo condiviso. Se la volontà è quella di fare sul mercato grandi operazioni infrastrutturali saranno necessari miliardi di euro. Non ci sono più gli armatori di un tempo con flotte piccole, oggi ci sono gruppi che gestiscono una potenza di fuoco incredibile».

LE LENTEZZE DEL SISTEMA ITALIANO

Secondo l’indice internazionale Unctad la portualità italiana oggi sconta tempi medi di movimentazione dei container più lunghi della media globale (5,3 minuti contro 4,4, dati S&P Global e Banca Mondiale) e livelli di efficienza logistica intermedi. Il viceministro dei Trasporti Edoardo Rixi, nell’intervista rilasciata a La Repubblica Affari & Finanza, ribadisce quanto sia necessaria una riforma in Italia: «Per la prima volta con questa riforma definiamo chiaramente che cosa fa lo Stato e che cosa le autorità di sistema portuale. Porti d’Italia è un soggetto che può andare sui mercati internazionali. Oggi le autorità devono confrontarsi con dieci ministeri che si occupano a vario titolo di mare e devono destreggiarsi con altrettante procedure burocratiche diverse. L’obiettivo è dare una unica autorizzazione, ad esempio su un tema delicato e importante come quello dei dragaggi».

RIXI: RIPRISTINARE REGOLE SEMPLICI E CHIARE

Nell’intervista su Repubblica, Edoardo Rixi, viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, ribadisce la necessità per i porti italiani di avere una regia comune per pianificare lo sviluppo e dare una proiezione internazionale al sistema italiano per proporsi e concorrere alla realizzazione di grandi infrastrutture in altri Paesi. «Vogliamo ripristinare regole semplici e chiare per attirare investimenti. E con Porti d’Italia potremo anche andare alla ricerca di capitali privati, fare joint venture con fondi, fare cioè in modo di aumentare la capacità di investimento. In ballo c’è il futuro del Paese. Oggi tanta merce che dai porti italiani potrebbe servire l’Europa sbarca a Rotterdam e fa il percorso inverso» conclude il viceministro.

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