Molti Paesi occidentali – gli Stati Uniti in primis – stanno pensando di rilanciare l’energia nucleare, ma le banche sembrano restie a finanziare quello che considerano “un settore ad alto rischio”
Dopo essere stata “maltrattata” per decenni nel settore, l’energia nucleare sta vivendo una rinascita negli Stati Uniti e in molti Paesi occidentali, grazie alla crisi energetica globale. Già nel dicembre 2023, al vertice COP28, 22 Paesi – tra cui Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Francia – si sono impegnati a triplicare la capacità nucleare entro il 2050 rispetto ai livelli del 2020.
Il mese scorso 34 Paesi – tra cui Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna e Arabia Saudita – si sono impegnate “a lavorare per sbloccare completamente il potenziale del nucleare, adottando misure come quelle abilitanti per sostenere e finanziare in modo competitivo l’estensione della durata dei reattori nucleari esistenti, la costruzione di nuove centrali e il rapido dispiegamento di reattori avanzati”.
Il mondo sta cominciando ad accettare, seppur a malincuore, che i colli di bottiglia tecnologici limitano l’energia solare ed eolica come sostituti su larga scala dell’energia dei combustibili fossili. Inoltre – scrive Alex Kimani su Oilprice – non siamo in grado di sviluppare delle risorse energetiche pulite abbastanza velocemente da raggiungere gli obiettivi climatici mondiali, mentre la guerra in Ucraina ha evdienziato la dipendenza dell’Europa dall’energia russa.
LA POSIZIONE DELLE BANCHE SULL’ENERGIA NUCLEARE
Il rilancio del nucleare, però, potrebbe avere grosse difficoltà a diffondersi, dal momento che le banche sembrano restie a finanziare quello che considerano un settore ad alto rischio. Il mese scorso l’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica ha convocato a Bruxelles il primo vertice sul nucleare. I banchieri, però, non sono apparsi disposti a finanziare i 5.000 miliardi di dollari di cui, secondo le stime dell’AIEA, l’industria nucleare globale avrà bisogno per svilupparsi fino al 2050. “Se le banche sono uniformemente pessimiste, è una profezia che si autoavvera”, ha commentato l’ex ministro dell’Energia americano, Ernest Moniz, dopo aver ascoltato un gruppo di finanziatori internazionali.
“I rischi del progetto sembrano essere molto alti”, ha affermato il vicepresidente della Banca Europea per gli Investimenti, Thomas Ostros, aggiungendo che i Paesi devono concentrarsi maggiormente sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica.
Ines Rocha, direttrice della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, e Fernando Cubillos, banchiere della Banca per lo Sviluppo dell’America Latina, sono d’accordo, e hanno affermato che le loro priorità di prestito si orientano verso le energie rinnovabili e le reti di trasmissione. Secondo Cubillos “il nucleare arriva per ultimo”, mentre per Ostros “serve il coinvolgimento dello Stato. Probabilmente abbiamo bisogno di un coinvolgimento statale piuttosto forte per rendere i progetti bancabili”.
IL COINVOLGIMENTO DEL GOVERNO USA NELL’ENERGIA NUCLEARE
Come ha osservato Ostros, in questo frangente il settore nucleare, se vuole davvero decollare, probabilmente avrà bisogno di un notevole sostegno da parte del governo. In passato il governo statunitense è stato coinvolto nel nucleare principalmente attraverso normative ambientali e di sicurezza, oltre che tramite finanziamenti di ricerca e sviluppo in progetti di arricchimento dell’uranio, come HALEU.
Tuttavia, ultimamente il governo è sempre più coinvolto nel settore. Negli ultimi anni, miliardi di dollari federali sono stati spesi per lo sviluppo e la dimostrazione di piccoli reattori modulari (SMR) di prossima generazione e di reattori avanzati a ciclo del combustibile. L’EXIM statunitense (Export–Import Bank of the United States) fornisce finanziamenti per progetti nucleari all’estero da oltre mezzo secolo, ed ha emesso lettere di interesse per un massimo di 3 miliardi di dollari per le esportazioni nucleari verso Polonia e Romania.
Allo stesso modo, la USTDA (United States Trade and Development Agency) si è impegnata a finanziare il esportazione di tecnologie nucleari in Polonia e Romania, Ucraina e Indonesia. Gran parte dei finanziamenti sono destinati ad attività tecniche e includono un focus significativo sulla potenziale esportazione di piccoli reattori modulari.
LA CENTRALE NUCLEARE IN MICHIGAN
Il mese scorso il governo americano ha accettato di fornire un prestito di 1,5 miliardi di dollari per riavviare una centrale nucleare nel Michigan sudoccidentale, abbandonando i precedenti piani di smantellamento. L’impianto del Michigan diventerà la prima centrale nucleare negli Stati Uniti ad essere ripristinata dopo l’abbandono. Holtec International, di proprietà privata, ha acquisito l’impianto di Palisades da 800 MW nel 2022 con l’intenzione di smantellarlo, ma ora l’impianto potrà contribuire alla rete elettrica del Michigan, se supererà le ispezioni e i test da parte della Commissione di regolamentazione nucleare (NRC).
Nel frattempo, i regolatori della California hanno dato il via libera affinché l’impianto di Diablo Canyon funzioni fino al 2030 anziché al 2025, mentre lo Stato passa alle fonti di energia rinnovabile. Pacific Gas & Electric, proprietaria dell’impianto, ha affermato di aver ricevuto assistenza dal governo federale per ripagare un prestito statale.
LA POSIZIONE DELL’ITALIA
E in Italia? Oggi, rispondendo ad una domanda sulla sua posizione rispetto ad un nuovo referendum sull’uso dell’energia nucleare in Italia, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha risposto che “io lo farei anche domani mattina”.
Pochi giorni fa, invece, in un’audizione in Commissione Ambiente al Senato sull’indagine conoscitiva sull’energia prodotta tramite fusione nucleare, Francesca Ferrazza di Eni e Lorenzo Mottura, vicepresidente di Edison, hanno chiesto delle regole chiare ed efficaci per avviare un percorso con la supply chain italiana di ritorno al nucleare, anche attraverso l’istituzione di un’Autorità specifica, che guardi, per il momento, alle nuove tecnologie di fissione, in attesa di arrivare alla fusione nei prossimi decenni.
Inoltre, la scorsa settimana, nel corso di un’intervista per Sky Tg24 Economia, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha spiegato che “per il nostro Paese al 2050 avremo una domanda di oltre 700 TWh, che non riusciremo a soddisfare con le rinnovabili, che per loro natura sono discontinue. Il nuovo nucleare può dare continuità, ma non prima della prima metà del prossimo decennio. Prima, però, dobbiamo andare avanti nella ricerca e nella sperimentazione e, contemporaneamente, preparare le professionalità. Già oggi molte industrie italiane lavorano nella componentistica nucleare per l’esportazione verso altri Paesi: abbiamo commesse ben oltre i 2 miliardi di euro, e questo può essere un percorso che ci porterà verso gli Small nuclear reactors”.