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Energia

Ministri dell’Energia oggi a Bruxelles: sul tavolo la riforma del mercato energetico

Paesi del Nord Europa propendono per ritocchi ‘leggeri’ all’attuale sistema, Francia, Spagna e Grecia pensano a interventi più profondi

Prende il via oggi a Bruxelles la riunione dei ministri dell’Energia dell’Unione europea: l’obiettivo dell’incontro è discutere delle prossime riforme del mercato energetico che la Commissione Ue dovrebbe presentare il 14 marzo. In particolare riformare il mercato dell’elettricità per proteggere le bollette energetiche dei consumatori dalle oscillazioni a breve termine dei prezzi dei combustibili fossili e garantire che la crescente quota europea di elettricità rinnovabile a basso costo si traduca in prezzi più bassi. Ma sul tema i paesi del Vecchio continente sono divisi.

PERCHÉ LA RIUNIONE DI OGGI

Attualmente, i prezzi dell’energia elettrica in Europa sono fissati dal costo di esercizio dell’impianto che fornisce l’ultima fetta di energia necessaria per soddisfare la domanda complessiva. Spesso si tratta di impianti a gas, quindi i picchi di prezzo del gas possono far salire i prezzi dell’elettricità.

I PAESI FAVOREVOLI A UNA PROFONDA REVISIONE: SPAGNA, FRANCIA E GRECIA

Ma mentre Spagna, Francia e Grecia sono tra coloro che cercano una profonda riforma i paesi del Nord Europa cercano solo lievi ritocchi. In un documento condiviso con i paesi dell’Ue, e visionato da Reuters, la Spagna ha affermato ad esempio che le riforme dovrebbero aiutare i regolatori nazionali a firmare più contratti a lungo termine con i produttori di elettricità per pagare un prezzo fisso per la loro energia.

I produttori di energia nucleare e rinnovabile, ad esempio, riceverebbero un “contratto per differenza” (CfD) dal governo per fornire energia durante la loro vita – potenzialmente decenni – a un prezzo stabile che riflette il loro costo medio di produzione.

Allo stesso modo, la Francia suggerisce di richiedere ai fornitori di energia di firmare contratti a lungo termine a prezzo fisso con i produttori di energia, tramite un CfD o un accordo privato di acquisto di energia (PPA) tra le parti. Ciò darebbe al proprietario della centrale elettrica entrate prevedibili, consentendo al contempo ai consumatori di avere parte della loro bolletta energetica composta da questo prezzo più stabile.

GERMANIA, DANIMARCA, LETTONIA SONO PER RITOCCHI ‘LEGGERI’

Germania, Danimarca, Lettonia e altri quattro paesi si oppongono invece a una profonda riforma e hanno messo in guardia l’Ue contro una revisione in “modalità di crisi” di un sistema complesso che ha impiegato decenni per svilupparsi. A loro giudizio, l’attuale mercato dell’energia in Europa funziona bene e ha favorito anni di prezzi dell’energia più bassi, ha sostenuto l’energia rinnovabile e ha contribuito a evitare carenze energetiche.

Questi paesi supportano solo modifiche limitate, come rendere più facile per i consumatori scegliere tra contratti di energia elettrica fluttuanti e a prezzo fisso.

L’OBIETTIVO INIZIALMENTE ERA DISACCOPPIARE I PREZZI DEL GAS DALL’ENERGIA ELETTRICA

La Commissione aveva inizialmente lanciato la riforma come un’opportunità per “disaccoppiare” i prezzi del gas e dell’energia elettrica in Europa, suggerendo una riprogettazione dell’attuale sistema di determinazione dei prezzi dell’energia elettrica. Ma ora pare che Bruxelles sembri propendere per cambiamenti più modesti.

SI VA VERSO UN’ESPANSIONE DELL’USO DA PARTE DELL’EUROPA DI CONTRATTI A LUNGO TERMINE

Una consultazione pubblica sulle riforme del mese scorso ha suggerito di espandere l’uso da parte dell’Europa di contratti a lungo termine che forniscono alle centrali elettriche un prezzo fisso per la loro elettricità, come CfD o PPA.

Bruxelles ha affermato che ciò potrebbe essere fatto stabilendo regole a livello di UE per i CfD e consentendo ai paesi di utilizzarle volontariamente, o richiedendo alle nuove centrali elettriche finanziate dallo stato di firmare CfD. La consultazione ha suggerito l’idea di costringere le centrali elettriche esistenti a firmare CfD, ma ha affermato che ciò potrebbe scoraggiare gli investimenti tanto necessari nelle energie rinnovabili.

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