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Nessuna frenata per gli investimenti green in Italia. Il report Deloitte

Dal report Deloitte emerge che i 69% degli intervistati italiani prevede che il cambiamento climatico avrà un impatto elevato o molto elevato sulla propria azienda nei prossimi tre anni

Inflazione, tensioni geopolitiche e incertezza macroeconomica non hanno frenato gli investimenti green in Italia. Anzi, negli ultimi anni c’è stato un aumento degli investimenti in sostenibilità e si registrano positivi segnali su un punto dibattuto nell’opinione pubblica: l’azione climatica non è in contrasto con la creazione di valore, piuttosto la guida e anzi guadagna un ruolo centrale nella strategia di molte imprese. È quanto emerge dal CxO Sustainability Report 2024, lo studio di Deloitte condotto a livello globale su oltre 2.100 top manager provenienti da 27 Paesi in tutto il mondo.

“Non c’è alcun segnale di rallentamento nell’impegno delle aziende per la sostenibilità – spiega Stefano Pareglio, Presidente di Deloitte Climate & Sustainability -. I manager intervistati nell’edizione annuale del Sustainability Report non evidenziano conflitti tra il successo aziendale e il contrasto al cambiamento climatico: anzi, l’84% di essi in Italia e il 90% a livello globale ritiene che l’economia mondiale possa crescere senza rinunciare agli obiettivi climatici. E c’è anche ottimismo sul futuro della propria organizzazione: il 93% dei manager italiani e il 92% a livello globale è convinto che il successo aziendale possa andare di pari passo alla riduzione delle emissioni di gas serra”, sottolinea Pareglio.

CAMBIAMENTO CLIMATICO PRIORITÀ TRA LE SFIDE GLOBALI PER IL 44% DEI CXO ITALIANI

Il cambiamento climatico rimane la priorità in Italia secondo il 44% degli intervistati da Deloitte (37% a livello global): le organizzazioni italiane ritengono questo problema più urgente rispetto al tema dell’innovazione (40%), alle prospettive economiche (38%), all’incertezza geo-politica (36%), alle sfide legate alla supply chain (33%) e alla competizione tra aziende per i talenti (29%). L’80% dei CxO in Italia dichiara di aver aumentato gli investimenti green rispetto all’anno precedente: nel 15% dei casi l’aumento è significativo, mentre nel 65% dei casi l’incremento è di minore entità ma comunque significativo.

L’IMPATTO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO SARÀ ELEVATO O MOLTO ELEVATO NEI PROSSIMI TRE ANNI PER IL 69%

Il 69% dei CxO italiani prevede che il cambiamento climatico avrà un impatto elevato o molto elevato sulla propria azienda nei prossimi tre anni. Tra gli impatti del cambiamento climatico più rilevanti secondo gli intervistati vi sono il cambiamento dei modelli di consumo (64% Italia, 51% media globale), le politiche green adottate a livello nazionale e internazionale (58% Italia, 49% media globale), ma anche l’elevato costo delle risorse (55% Italia e 47% media globale). Inoltre, le aziende italiane segnalano il cambio di passo imposto dalle nuove metriche e dal reporting ambientale (53%), ma anche dall’aumento della pressione della società civile (53%).

L’87% DEI TOP MANAGER ITALIANI È OTTIMISTA SUL CONTRASTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Il 76% dei CxO in Italia si dichiara preoccupato per il cambiamento climatico “sempre o la maggior parte del tempo”: una percentuale molto significativa e in notevole aumento rispetto allo scorso anno (59%). L’aumento della preoccupazione tra i dirigenti d’azienda è dovuto all’esperienza diretta di eventi climatici estremi: il 45% degli intervistati nel nostro Paese, infatti, ha vissuto in prima persona alluvioni e/o allagamenti, il 42% siccità e il 31% caldo estremo. Allo stesso tempo, però, gli intervistati risultano anche più ottimisti dell’anno scorso: l’87% degli italiani – e il 92% della media globale – pensa che a livello mondiale verranno adottate misure sufficienti per evitare gli impatti più drammatici del cambiamento climatico, sottolinea il report Deloitte.

SECONDO IL 76% DEI MANAGER ITALIANI LA PRESSIONE DEGLI STAKEHOLDER PER UN’AZIONE CLIMATICA È IN AUMENTO

Le organizzazioni sono sempre più sotto osservazione per la loro azione climatica. A esercitare pressione su di loro sono soprattutto gli investitori e gli azionisti (71% Italia, 60% media globale), i clienti e consumatori (65% Italia, 58% media globale), i membri dei CdA (60% Italia, 59% media globale) e la società civile (60% Italia, 58% media globale). Nel nostro Paese, dunque, emerge una pressione da parte di azionisti e investitori più alta della media globale.

I BENEFICI DELL’AZIONE CLIMATICA: OLTRE ALLA REPUTAZIONE C’È DI PIÙ

Nonostante queste difficoltà, i benefici generati dall’azione climatica sono numerosi e vanno molto al di là dell’impatto positivo sulla reputazione. Le aziende italiane stanno riscontrando una vasta gamma di benefici, tra cui il risparmio sui costi (44% Italia, 35% media globale), la soddisfazione dei clienti (42% Italia, 38% media global), le entrate provenienti da nuovi business (42% Italia, 35% media globale), l’innovazione dell’offerta e delle operations (40% Italia, 36% media globale), una maggiore efficienza e resilienza della supply chain (40% Italia, 37% media globale). Inoltre, ci sono i benefici attesi per i prossimi cinque anni, tra cui migliori margini operativi (44% Italia, 36% media globale) e una migliore brand reputation e recognition (38% Italia, 36% media globale).

EFFICIENZA ENERGETICA, FONTI RINNOVABILI E SOSTENIBILITÀ DEI MATERIALI LE AZIONI PIÙ DIFFUSE

Le organizzazioni italiane e globali stanno adottando una serie di misure per centrare i loro obiettivi di sostenibilità: tra le più diffuse ci sono l’efficientamento energetico (62% Italia, 49% media globale), l’uso di fonti r (55% Italia, 49% media globale), l’impiego di materiali sostenibili (55% Italia, 51% media globale) e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi rispettosi del clima (49% Italia, 48% media globale). Vi sono, però, anche alcune barriere all’azione climatica: il 27% dei top manager in Italia (17% media globale) dichiara di riscontrare difficoltà nel misurare l’impatto ambientale, il 20% (18% media globale) dice che l’attenzione alle sfide aziendali a breve termine ha la priorità, mentre un altro 20% segnala una mancanza di requisiti per la rendicontazione.

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