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Nord Stream 2

L’Opec Usa-Russia non si farà. E Washington prepara nuove sanzioni

Il Nord Stream 2 (che piace ai tedeschi) rimane terreno di scontro. Risolto il nodo del transito ucraino

Passano lungo l’asse Washington-Mosca gran parte dei destini energetici del Vecchio Continente e del resto del mondo “stretti” nella morsa delle due superpotenze produttrici di gas. Ma forse è passata un po’ troppo sotto traccia la proposta formulata dal leader russo Vladimir Putin al “collega” Donald Trump durante il recente vertice di Helsinki durante il quale il presidente russo ha proposto al Tycoon di “lavorare insieme” per rendere più equilibrati i mercati petroliferi e del gas a livello globale.

UN OPEC USA-RUSSIA NELLA PROPOSTA DI PUTIN

Putin all'inaugurazione di un gasdotto a Vladivostok

“Penso che noi, come maggiori produttori di petrolio e gas e gli Stati Uniti che lo sono altrettanto, possiamo lavorare insieme su una regolazione dei mercati internazionali. Perché oltre una certa fascia di prezzo non è più redditizio produrre gas, e non siamo interessati a far salire il prezzo perché altrimenti si drenano risorse da altri settori economici”, ha detto il presidente Putin rivolgendosi a Trump che pur non sostenendo l’idea ha ripetuto l’affermazione secondo cui i due paesi sono in effetti concorrenti.

PERCHÉ AGLI USA NON PIACE L’IDEA DI UN OPEC TRA USA E RUSSIA

Ma perché agli Usa non piace l’idea di un Opec tra Usa e Russia? Una spiegazione la fornisce Anna Mikulska, Nonresident Fellow in Energy Studies al Baker Institute for Public Policy della Rice University: “Due sono le ragioni principali per cui la proposta di Putin non è stata accolta. In primo luogo – sottolinea su naturalgasworld –, non esiste una compagnia petrolifera nazionale o un monopolio sull’industria negli Stati Uniti e il governo federale non esercita alcun controllo diretto sulla produzione di greggio, come avviene in Russia. In secondo luogo, la costituzione di un cartello con la Russia per colludere sui livelli di produzione o sui prezzi violerebbe le leggi antitrust americane che impediscono la fissazione dei prezzi. L’idea di Putin è quindi impossibile da realizzare per quanto riguarda l’industria petrolifera, in assenza di un mandato governativo, che richiederebbe un atto del Congresso e una serie di nuovi regolamenti. Per quanto riguarda il gas naturale, credo che questo concetto sia ancora più lungimirante. Il gas naturale non viene commercializzato come il petrolio sui mercati mondiali, rendendo estremamente improbabili accordi simili a quelli dell’Opec tra i vari paesi. Inoltre, gli Stati Uniti e la Russia stanno cominciando a competere in questo settore”.

UN MERCATO STABILE È INTERESSE DI TUTTI. LO DIMOSTRANO GLI INTERVENTI SUI PREZZI DEL GREGGIO carbone

Questa spiegazione fa tuttavia luce sulla complessa interazione tra i prezzi del petrolio, l’economia globale e le politiche energetiche nazionali. “I governi dei paesi membri dell’Opec come Nigeria e Qatar e la Russia, che dipendono fortemente dal denaro proveniente dalle esportazioni di petrolio – sottolinea Mikulska –, hanno cercato di mantenere i prezzi stabili e a livelli tali da mantenere la domanda sostenuta, generando al tempo stesso entrate sufficienti per coprire i loro bilanci. Quando il prezzo del petrolio aumenta, gli latri beni costano di più. In generale, quando i prezzi aumentano troppo, la domanda diminuisce. Ciò rallenta l’economia, riducendo alla fine la domanda e i prezzi del greggio. Quando i prezzi calano, i paesi importatori possono accogliere petrolio più economico. Ma riduzioni drastiche hanno danneggiato in passato i paesi esportatrici di petrolio, a volte scatenando problemi economici globali. In breve, tutti i governi beneficiano di prezzi del petrolio relativamente stabili, indipendentemente dal fatto che le loro politiche per il raggiungimento di tale obiettivo siano determinate dalle forze di mercato o guidate dallo Stato”.

LA QUERELLE SUL TRANSITO IN UCRAINA RISOLTA?

In mezzo alle due superpotenze si colloca l’Europa e i suoi problemi di approvvigionamento energetico sfociati, di recente, nella querelle tra Usa e Germania sul Nord Stream 2 nel cui calderone sono finiti per cadere anche paesi di transito come l’Ucraina. Il passaggio del gas attraverso Kiev è stato sul tavolo della discussione anche durante i recenti colloqui di Helsinki, durante i quali il presidente russo ha assicurato la sua controparte che Mosca avrebbe mantenuto la rotta ucraina anche dopo il 2019, data di scadenza dell’attuale contratto decennale. Gli analisti sostengono da tempo che un tale risultato è molto utile e i recenti sviluppi indotti da Bruxelles indicano già una potenziale soluzione basata sul consenso. La Russia, l’Ucraina e la direzione Energia della Commissione europea hanno tenuto infatti una serie di colloqui a tre il ​​17 giugno sui modi per risolvere la questione del transito del gas in Ucraina: la Russia ha dovuto fare marcia indietro sul suo precedente impegno di annullare completamente le forniture attraverso il territorio ucraino entro il 2020 e ora riconosce in 10-15 miliardi di metri cubi / anno il volume di transito ottimale (anche se alcuni analisti ammettono che probabilmente avrà bisogno di 20-30 miliardi di metri cubi / anno malgrado l’avvio di Nord Stream 2 e Turkish Stream).

USA PREPARANO NUOVE SANZIONI CONTRO IL NORD STREAM 2 (CHE PIACE AI TEDESCHI)

Intanto, malgrado il vertice di Helsinki e gli abbracci Trump-Putin, i legislatori del Congresso americano stanno di nuovo mettendo l’enorme e controverso progetto energetico europeo del Nord Stream 2 nel mirino, tirando fuori una nuova lista di sanzioni che potrebbero uccidere il gasdotto e aumentare le esportazioni degli Stati Uniti di energia verso l’Europa. Secondo quanto scrive foreignpolicy “le più severe sanzioni statunitensi sul gasdotto da 11 miliardi di dollari di gas naturale dalla Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico, sono l’unica cosa che potrebbe uccidere il progetto. Ciò che è meno chiaro è se il gas naturale statunitense sarà in grado di fare la differenza e se l’Europa vuole o ha bisogno dell’aiuto di Washington nella gestione della propria sicurezza energetica”. Foreignpolicy scrive che mercoledì scorso, i senatori repubblicani John Barrasso e Cory Gardner hanno presentato una proposta di legge “che renderebbe obbligatorie le sanzioni economiche statunitensi alle società che costruiscono il gasdotto Nord Stream” semplificando al contempo “l’esportazione di gas naturale statunitense verso alleati come il Giappone e membri della Nato”. Separatamente, il senatore democratico Bob Menendez ha annunciato giovedì che introdurrà un nuovo disegno di legge per rafforzare le sanzioni esistenti ma ancora inutilizzate sull’energia russa. Ciò malgrado i risultati di un sondaggio Forsa per N-TV e RTL pubblicato lunedì che mostrano come la maggioranza dei tedeschi sia favorevole alla costruzione di Nord Stream 2. Secondo il sondaggio il 66% degli intervistati ha dichiarato di volere il gasdotto “per garantire una fornitura senza restrizioni di gas naturale alla Germania”. Solo il 23% ha parlato contro il progetto, temendo di rendere il paese più dipendente dalle forniture di combustibile dalla Russia.

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