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Compagnie Petrolifere

Perché la distruzione della domanda sui mercati petroliferi è più preoccupante di una crisi dell’offerta

Oggi la domanda principale, sia per i mercati finanziari che per i mercati petroliferi, è se il mondo dovrà affrontare o meno una recessione prolungata e profonda

Sembra che quest’anno l’economia globale sia stata caratterizzata da un continuo stato di cambiamento, scrive su Oilprice.com l’analista energetico Osama Rizvi. I titoli sono ripetitivi al punto da essere assurdi, e questa incertezza si è tradotta in un’elevata volatilità, che il mese scorso ha portato l’indicatore della paura – VIX – ad un massimo di 150 giorni.

Rimane ancora elevato – anche se al di sotto del recente picco -, con la maggior parte degli analisti che sembra rientrare in uno dei seguenti due gruppi: il primo è preoccupato per la distruzione della domanda indotta dalla recessione, il secondo è preoccupato per la perdita di offerta. Sebbene entrambe le narrazioni abbiano valore, a breve termine è la distruzione della domanda, piuttosto che una crisi dell’offerta, che i mercati dovranno affrontare.

Oggi la domanda principale, sia per i mercati finanziari che per i mercati petroliferi, è se il mondo dovrà affrontare o meno una recessione prolungata e profonda. Nell’ultimo World Economic Outlook 2022 del FMI, l’attuale rallentamento è descritto come ampio e più netto del previsto. Lascia pochissimi dubbi sulle difficoltà economiche future e suggerisce che il peggio deve ancora venire. Il World Energy Outlook dell’AIE è stato altrettanto pessimista sulla situazione attuale, descrivendo la crisi energetica come “uno shock di ampiezza e complessità senza precedenti”.

Il rapporto lo definisce non uno shock transitorio, ma un cambiamento fondamentale che continuerà a turbare i mercati energetici globali negli anni a venire. Senza entrare nei dettagli, stiamo assistendo alla nascita di un nuovo ordine energetico, mentre i flussi di energia si spostano da paesi e regioni.

LE PREVISIONI SULL’INFLAZIONE

Tornando alla crescita globale, l’inflazione dovrebbe essere “vischiosa”, il che comporta prezzi in aumento uniti ad un’economia stagnante. Secondo il rapporto l’inflazione raggiungerà il picco del 9,5%, per poi scendere al 4,1% nel 2024. Molti Paesi del mondo stanno già affrontando livelli di inflazione alle stelle, con cifre ai livelli massimi da molti decenni. Per il prossimo anno il FMI prevede un indebolimento della crescita economica.

In Europa, l’economia del Regno Unito ha già iniziato a contrarsi quando la Banca d’Inghilterra ha alzato i tassi di interesse al livello più alto degli ultimi 60 anni, cercando di evitare quella che potrebbe essere “la recessione più lunga di sempre”. L’economia si è ridotta dello 0,2% negli ultimi tre mesi. La Germania sta lottando per assorbire gli shock derivanti da aumento dei prezzi e crisi energetica, ma gli indicatori economici del Paese non sembrano promettenti. Una tendenza che si può vedere in tutta Europa.

Steve Hanke della Johns Hopkin University si è unito al coro di famosi economisti che avvertono di una recessione imminente, poiché vede una probabilità superiore al 90% di una grave recessione. Un altro parametro utilizzato per sostenere la tesi di una recessione è la riduzione dell’offerta degli aggregati monetari M2, che recentemente ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 37 mesi.

Un altro indicatore, il True Money Supply (TMS), sviluppato da Murray Rothbard e Joseph Salerno, è una misura efficace per monitorare l’offerta di moneta. Storicamente, ogni volta che la differenza tra M2 e TMS si sposta in territorio negativo segue una recessione. Negli ultimi 5-6 mesi il divario è stato negativo.

I DATI E LE STIME SUL PETROLIO

Spostando la nostra attenzione sul lato dell’offerta, i recenti dati di Vortexa mostrano che c’è stato un aumento delle esportazioni di petrolio dal bacino atlantico. Stati Uniti, Algeria, Guyana, Brasile e Libia hanno esportato complessivamente 7,6 milioni di barili al giorno ad ottobre rispetto ai 7,1 mbpd di settembre. Anche se questo aumento della produzione non compenserà in alcun modo l’imminente calo della produzione dell’OPEC+, non è insignificante.

Nel frattempo, nel rapporto mensile sul petrolio dell’OPEC uscito di recente il gruppo si è aggiunto al coro di voci che avvertivano della distruzione della domanda. Il cartello ha perso 400.000 barili al giorno rispetto alle stime sulla domanda di petrolio del quarto trimestre, visto che la vedono crescere di soli 2,5 mbp al giorno. L’OPEC+ ha ridotto le sue previsioni sulla domanda di petrolio per il 2023 di 100.000 barili al giorno, per un totale di 2,2 mbp al giorno.

È stato interessante vedere, ma non sorprende, che i mercati petroliferi hanno registrato un surplus di offerta negli ultimi trimestri. In termini di rischi economici, la relazione conferma la discussione precedente, in quanto concorda sul fatto che i rischi al ribasso permangono nell’economia globale.

Nel breve e medio termine, la stretta monetaria globale, il calo della produzione e l’aumento del rischio che i Paesi entrino in recessione continueranno ad influenzare la domanda di petrolio. Questo prima di tenere conto dei continui problemi legati al Covid in Cina. La questione di una crisi dell’offerta sarà tenuta a bada a breve termine a causa di questi sviluppi, mentre nel lungo periodo ci sono molti fattori che potrebbero portare ad una grave crisi dell’offerta.

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