Fair Finance Asia (FFA) ha lanciato un rapporto, intitolato “Financing the Just Transition: Powering Asia’s Sustainable Energy Future”, basato sui dati sui finanziamenti del settore energetico e sui flussi di investimento provenienti da 13 Paesi asiatici
Fair Finance Asia (FFA), in collaborazione con Stockholm Environment Institute e i partner di ricerca Profundo e Strategia Development Research Institute, ha lanciato un nuovo rapporto intitolato “Financing the Just Transition: Powering Asia’s Sustainable Energy Future”, basato sui dati sui finanziamenti del settore energetico e sui flussi di investimento provenienti da 13 Paesi asiatici selezionati.
Sulla base dei dati sui finanziamenti del settore energetico e sui flussi di investimenti provenienti da 13 Paesi asiatici nel periodo compreso tra il 2016 e il settembre 2022, lo studio culmina con due macro conclusioni di carattere generale: la prima è che l’Asia sta vivendo una “aggiunta di energia”, piuttosto che una transizione energetica, a causa della lenta adozione delle politiche climatiche ed energetiche adottate dai politici asiatici, dalle autorità di regolamentazione finanziaria, dalle banche e dagli investitori in Asia e altrove.
Ciò significa che volumi crescenti di capacità di generazione di energia rinnovabile vengono aggiunti alle reti attualmente sporche e ad alta intensità di combustibili fossili, senza che ciò comporti alcun cambiamento netto nelle emissioni globali di gas serra.
L’IMPORTANZA DELL’ELEMENTO “AGGIUNTA DI ENERGIA”
L’elemento “giustizia” della futura transizione energetica dell’Asia – o, come già detto, “di aggiunta” – è in gran parte trascurato e messo da parte, soprattutto per quanto riguarda le sue implicazioni per le fasce più a rischio della società. Considerazioni sociali criticamente pertinenti riguardanti posti di lavoro dignitosi, inclusione di genere e diritti indigeni – solo per citarne alcune – sono grossolanamente omesse dalle politiche climatiche ed energetiche nazionali, il che indica che qualunque manifestazione di una “aggiunta” o “transizione” energetica in evoluzione potrebbe comportare delle minacce gravi e svantaggiose alle fasce minoritarie svantaggiate, prive di risorse e vulnerabili in tutta la regione.
Le nazioni cardine per la transizione energetica dell’Asia valutate nel rapporto – Cambogia, India, Indonesia, Giappone, Pakistan, Filippine, Thailandia, Vietnam, Bangladesh, Cina, Malesia, Singapore e Corea del Sud – restano fortemente dipendenti dai combustibili fossili per la produzione di energia. In media, i 13 Paesi asiatici considerati “dipendono da carbone, petrolio e gas naturale per soddisfare il 77% del loro fabbisogno di elettricità, con oltre la metà (7 su 10) che fa affidamento sui combustibili fossili per almeno l’80% della produzione di energia”.
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI FINANZIARIE
Il rapporto sottolinea inoltre che le istituzioni finanziarie sono responsabili del contributo alla dipendenza dell’Asia dai combustibili fossili. In media, “l’energia rinnovabile rappresenta solo il 14% dei finanziamenti energetici delle banche asiatiche negli ultimi 6 anni, senza una tendenza al rialzo visibile”. Nel frattempo, al settembre 2022 solo il 21% di tutti gli “eccezionali investimenti energetici” da parte degli investitori asiatici ha sostenuto progetti basati su energie rinnovabili.
“L’aggiunta di alternative di energia rinnovabile insieme a più centrali elettriche a carbone non limiterà l’aumento delle temperature globali oltre gli 1,5 gradi Celsius”, ha affermato Niall O’Connor, direttore del centro SEI Asia. “Senza politiche governative più forti che tracciano un percorso chiaro, inclusivo ed equo dai combustibili fossili alle rinnovabili, l’Asia continuerà a sperimentare una “aggiunta di energia”, anziché una “transizione energetica giusta”, e le comunità più vulnerabili e svantaggiate ne stanno già pagando il prezzo più alto”.