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Pnrr, mercato unico Ue, Confindustria e nomine: cosa c’è sui giornali oggi

Se dall’attuazione del Pnrr dipende il 90% della crescita 2024-25, Letta chiede più integrazione nei mercati finanziari, energia e telecomunicazioni. Intanto Gozzi chiede di rilanciare Confindustria mentre sul fronte nomine Scannapieco va verso la conferma in Cdp: la rassegna dei giornali di oggi

Nelle stime governative il Pnrr è tornato a valere una crescita aggiuntiva al 2026 del 3,4%, risalendo di tre decimali rispetto al +3,1% indicato in autunno nello scorso programma di bilancio proprio grazie alla revisione concordata con la Ue. Intervista all’ex premier Enrico Letta sul Corsera “(…) sul report riguardate il mercato unico europeo nel quale si certifica che l’Europa è rimasta “drammaticamente indietro su innovazione e ricerca”. Altra intervista su La Repubblica, questa volta ad Antonio Gozzi che chiede a Confindustria “di mettere al centro dell’attenzione l’industria manifatturiera italiana”. Infine sul fronte nomine Dario Scannapieco, attuale ad di Cdp, potrebbe veder confermato l’incarico mentre a Fs il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è intenzionato a sostituire l’attuale ad Luigi Ferraris con Stefano Donnarumma.

PNRR, DALL’ATTUAZIONE DIPENDE IL 90% DELLA CRESCITA 2024-25

“Il voto di ieri alla Camera di fatto conclude l’esame parlamentare del quarto decreto Pnrr, che attende ora solo la ratifica al Senato perché come al solito non ci sono i tempi per altre modifiche nel secondo passaggio. E con le sue novità apre quindi ufficialmente la corsa all’attuazione del Piano rimodulato: corsa cruciale per le sorti della crescita italiana, e per i saldi di finanza pubblica che le sono appesi, almeno stando a quanto dicono i calcoli ufficiali nelle tabelle del Def”. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. “Nelle stime governative il Pnrr è tornato a valere una crescita aggiuntiva al 2026 del 3,4%, risalendo di tre decimali rispetto al +3,1% indicato in autunno nello scorso programma di bilancio proprio grazie alla revisione concordata con la Ue. (…) L’ultima relazione del Governo indica in 42,9 miliardi le uscite totali Pnrr cumulate a fine 2023, valore decisamente più basso dei 61,4 miliardi ipotizzati per lo stesso periodo dalla NaDef 2022. A pesare sul dato è anche il fatto che molti soggetti attuatori non hanno popolato puntualmente il ReGis, la piattaforma telematica del Mef chiamata a censire ogni passo del piano, al punto che lo stesso decreto Pnrr-4 prova a stringere i bulloni del meccanismo. (…) Anche senza appendersi ai decimali a parte, la morale è chiara e indica con nettezza che una volta esaurito il rimbalzo del Covid e mentre i venti internazionali soffiano in senso contrario il collegamento fra attuazione del Pnrr e crescita dell’economia è sempre più stretto: a patto, ovviamente, di riuscire ad avvicinare quell’impennata della spesa che dovrebbe far salire gli investimenti fissi lordi della Pa dai 53,2 miliardi del 2023 (dato comunque migliore delle attese) su su fino ai 70,6 messi in calendario per il 2026; prima della ricaduta a 56,8 miliardi nel 2027, alla fine del Pnrr. Ma quella è un’altra storia”, conclude il quotidiano.

UE, LETTA: PIÙ INTEGRAZIONE NEI MERCATI FINANZIARI, ENERGIA E TELECOMUNICAZIONI

“’L’urgenza di questo rapporto nasce dal fatto che tutti i dati dimostrano che cinesi e indiani da una parte e americani dall’altra stanno andando più forte di noi europei, soprattutto innovando di più’. L’ex premier Enrico Letta, presidente dell’Istituto Jacques Delors, ieri ha presentato ai leader Ue il suo rapporto sul futuro del Mercato unico, che gli è stato affidato nel giugno scorso dal Consiglio europeo”. È quanto si legge sul Corriere della Sera di oggi. “(…) ‘Il mercato unico è rimasto indietro e il mio rapporto preconizza la possibilità di recuperare l’integrazione in tre macro settori in cui il sistema è frammentato in mercati nazionali, ovvero le telecomunicazioni, l’energia e i mercati finanziari, e immette nuove idee. In particolare propone la quinta libertà, cioè la libertà della conoscenza, dei dati e della ricerca. L’Europa è drammaticamente indietro su innovazione e ricerca’. (…) ‘La frammentazione del mercato finanziario europeo lo rende poco attrattivo: si calcola in 300 miliardi di euro l’anno la cifra di risparmi di noi europei che se ne va negli Stati Uniti invece di finanziare l’economia europea e la transizione verde e la difesa’. (…) ‘Il mercato unico è la nostra vita di ogni giorno: la possibilità di studiare in un Paese europeo o di trovare un lavoro in un altro Paese Ue’ E per l’energia? ‘Continuiamo ad avere mercati nazionali e scarse interconnessioni e il risultato sono i costi alti. Il problema è che continuano a esistere le frontiere dentro l’Europa e ci limitano. Nel mio viaggio ho constatato che esiste ancora un’Europa dei fondatori e un’Europa centro-orientale, dove sono stati rimessi i controlli temporaneamente alle frontiere interne. Ma il mercato unico è eliminare le frontiere’. (…)”, si legge sul quotidiano.

CONFINDUSTRIA, GOZZI: BATTUTI I VECCHI SCHEMI ORA RILANCIAMO L’ORGANIZZAZIONE

“’Il mio obiettivo era mettere al centro la manifattura italiana e dare un segnale di discontinuità all’interno di Confindustria. La convergenza su Emanuele Orsini ha questi significati e il mio incarico sull’Europa è coerente con temi di cui mi sto occupando da anni in Italia e a Bruxelles e che sono al centro dell’attenzione di Mario Draghi nel suo incarico europeo’. Antonio Gozzi spiega così la sua scelta di appoggiare Orsini”. È quanto si legge su La Repubblica di oggi in un’intervista allo stesso Antonio Gozzi. “Gozzi, che senso ha avuto la sua corsa alla presidenza di Confindustria? ‘Innanzitutto l’obiettivo era di mettere al centro dell’attenzione l’industria manifatturiera italiana che è un gigante economico ma fino ad oggi, anche in Confindustria, ha avuto scarso peso politico. Io ho raccolto intorno a me il consenso dei settori principali dell’industria nazionale che vogliono contare di più nella definizione delle politiche industriali. Il secondo obiettivo era dare un contributo al cambiamento di Confindustria sempre più necessario perché il peso specifico della nostra organizzazione negli ultimi 15 anni è drammaticamente diminuito. Il grande merito di Orsini è stato quello di battere la vecchia impostazione che ha causato il declino della nostra organizzazione e che anche questa volta puntava a governare Confindustria da “dietro”’. (…) Perché non ritirarsi a favore di Garrone? ‘E perché mai? In base a quale principio gerarchico? Io sono concentrato sui contenuti di politica industriale e sulle fabbriche e rappresento quel mondo che mi sostiene. (…) Draghi proprio ieri nel primo speech sull’incarico europeo affidatogli sul tema della competitività ha detto che all’Europa serve “un cambiamento radicale”. Sono esattamente le cose che sostengo da anni, altro che divisivo’”, conclude il quotidiano.

NOMINE, SCANNAPIECO VERSO LA CONFERMA IN CDP

“Dopo vari tira e molla sembra che la nuova tornata di nomine nelle partecipate pubbliche, quella che riguarda i cda di Cassa Depositi e Prestiti e di Ferrovie dello Stato, possa trovare una sua soluzione già entro maggio. L’assemblea di Cdp è fissata in prima convocazione il 13 maggio e in seconda il 24 maggio, ma la prima data potrebbe essere quella utile”. È quanto si legge su La Repubblica di oggi. “La casella da cui muove tutto è quella dell’ad, attualmente ricoperta da Dario Scannapieco, scelto tre anni fa da Mario Draghi. Ma poi è arrivato il governo Meloni e dopo un primo periodo di contrapposizione Scannapieco si è rimesso alle volontà di Palazzo Chigi anche grazie ai buoni uffici del suo capo dello staff Fabio Barchiesi che è riuscito a conquistare la fiducia del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari e del capo di gabinetto Gaetano Caputi. Molto più dubbiosi sul nome di Scannapieco sarebbero il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, e il numero uno del Mimit, Adolfo Urso. (…)”, si legge sul quotidiano.

“Ci sarebbero pochi dubbi, invece, per la presidenza della Cdp, la cui designazione spetta alle fondazioni ex bancarie azioniste al 13%. C’è il consenso degli enti più rappresentativi a consegnare un altro mandato a Giovanni Gorno Tempini, che era subentrato alla presidenza a Massino Tononi nell’ottobre 2019 e poi confermato alla scadenza del giugno 2021 quando al governo c’era Draghi. (…) Una volta fatto il rinnovo del cda Cdp, a stretto giro dovrebbe toccare alle Fs, dove il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è intenzionato a sostituire l’attuale ad Luigi Ferraris con Stefano Donnarumma, (…)”, conclude il quotidiano.

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