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PONTE STRETTO

Ponte Stretto, altolà USA: “Non può rientrare nelle spese NATO”. Il MIT replica: “Opera già finanziata, si farà”

La linea ufficiale del MIT, affidata a una nota, ribadisce che il finanziamento è interamente statale e che “l’opera non è in discussione”. Fonti governative contattate da Repubblica escludono a questo punto che il collegamento possa essere conteggiato tra le spese militari.

Gli Stati Uniti bocciano senza appello l’ipotesi di includere il Ponte sullo Stretto di Messina nel calcolo delle spese per la Difesa, definendola una forma di “contabilità creativa” e mettendo in guardia l’Italia dal tentare “operazioni di maquillage ragionieristico”. La replica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) è stata immediata e netta: l’opera è “già interamente finanziata con risorse statali”, l’utilizzo di fondi NATO “non è all’ordine del giorno” e, soprattutto, il progetto “non è in discussione”.

La “doccia gelata”, come la definisce La Repubblica, è arrivata da un’intervista dell’ambasciatore statunitense presso la NATO, Matthew Whitaker, all’agenzia Bloomberg, ripresa poi dai principali quotidiani italiani come il Corriere della Sera. Le sue parole mettono un freno all’idea, ventilata da esponenti del governo, di sfruttare la natura “dual use” (civile e militare) del Ponte per contribuire a raggiungere il nuovo e stringente obiettivo del 5% del PIL in spese per la Difesa richiesto dall’Alleanza.

L’AFFONDO AMERICANO CONTRO LA “CONTABILITÀ CREATIVA”

Le dichiarazioni di Matthew Whitaker, repubblicano ed ex ministro della Giustizia durante il primo mandato di Trump, sono state inequivocabili. L’ambasciatore ha affermato di essere contrario a qualsiasi forma di “contabilità creativa” da parte degli alleati europei. “Ho avuto conversazioni anche oggi con alcuni Paesi che stanno adottando una visione molto ampia della spesa per la difesa”, ha dichiarato, sottolineando che è “molto importante” che l’obiettivo del 5% si riferisca “specificamente alla difesa e alle spese correlate”.

Whitaker ha escluso esplicitamente che nel computo possano rientrare “ponti che non hanno un’importanza militare” o altre infrastrutture come le scuole. A una domanda diretta sul Ponte sullo Stretto, ha risposto in modo ammonitorio che seguirà la situazione “molto attentamente”, ricordando che la NATO ha istituito un meccanismo di sorveglianza ad hoc sugli investimenti.

LA GENESI DELL’IPOTESI “DUAL USE”

La questione nasce dalla decisione presa al vertice NATO dell’Aja di giugno, che ha innalzato l’obiettivo di spesa per la Difesa al 5% del PIL, suddividendolo tra un 3,5% per spese militari tradizionali e un 1,5% per spese “defense-related”, categoria che include infrastrutture critiche e resilienza.

È in questa seconda categoria che si era inserita l’ipotesi di far rientrare il Ponte. Il ministro Matteo Salvini aveva parlato più volte di un “evidente dual use per motivi di sicurezza”, rimandando però la decisione finale ai colleghi Giorgetti (Economia) e Crosetto (Difesa). L’idea era stata sostenuta anche da altri esponenti di governo, come il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco (Fratelli d’Italia), che aveva evidenziato come il Ponte “indurrebbe una contrazione dei tempi per la proiettabilità delle forze”.

LA REAZIONE DEL GOVERNO: “IL PONTE CAMMINA CON LE SUE GAMBE”

Nonostante la dura presa di posizione americana, dal governo e in particolare dalla Lega trapela sicurezza. “Amen. Ammesso sia così, il Ponte cammina con le sue gambe. E certissimamente, il Ponte si farà”, è il commento di un leghista di alto rango riportato dal Corriere della Sera. La linea ufficiale del MIT, affidata a una nota, ribadisce che il finanziamento è interamente statale e che “l’opera non è in discussione”. Fonti governative contattate da Repubblica escludono a questo punto che il collegamento possa essere conteggiato tra le spese militari.
La vicenda si inserisce in un contesto diplomatico più ampio, con la premier Giorgia Meloni impegnata in contatti internazionali, tra cui una call con il presidente francese Emmanuel Macron e colloqui con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il premier olandese Dick Schoof, in vista di importanti decisioni sul supporto all’Ucraina. Nel frattempo, le opposizioni in Italia chiedono che la premier riferisca in Parlamento sui conflitti in corso e sulla politica estera del governo.

CGIL: AVEVAMO RAGIONE, NESSUNA RILEVANZA STRATEGICA MILITARE, ORA UE RESPINGA RICHIESTA DEROGA

“La strategia del Governo Meloni e della maggioranza di tentare di giustificare l’opera attraverso artifici contabili e dichiarazioni propagandistiche si scontra con la dura presa di posizione degli Stati Uniti. Avevamo ragione noi. Se il Ministro Salvini, anziché attaccare a testa bassa la Cgil, ci avesse dato ascolto, il Paese si sarebbe risparmiato uno sberleffo internazionale”. Così il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo a commento della recente dichiarazione dell’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’alleanza atlantica, Matthew Whitaker, per il quale i costi per ‘ponti che non hanno un’importanza militare’ non possono essere computati tra le spese necessarie a raggiungere l’obiettivo del 5% del Pil previsto dagli impegni assunti con la NATO.

“Continuiamo a ritenere che l’iniziativa del Governo di chiedere una deroga alla direttiva europea Habitat sia non solo sbagliata nel merito, ma anche segno di un’evidente mancanza di analisi approfondite su alternative meno impattanti sui siti di tutela ambientale Natura 2000”, prosegue Gesmundo. “La decisione, come chiarito ieri dall’ambasciatore USA, si basa su motivazioni infondate – spiega – poiché il Ponte non può essere considerato un’infrastruttura di rilevanza militare, né di interesse strategico per l’UE, per la NATO e per lo stesso Sud Italia, dove i necessari investimenti in infrastrutture di base, come acqua, ferrovie, strade e servizi sanitari, vengono distratti e dirottati verso un’opera che sempre più si rivela pura propaganda politica”.

Il dirigente sindacale annuncia che “il prossimo 11 settembre saremo ascoltati a Bruxelles dalla Commissione Ambiente per esporre formalmente la posizione della Cgil e fare chiarezza sulle ragioni per cui questa infrastruttura, a nostro giudizio, oltre ad essere inutile è anche insostenibile economicamente, dannosa sotto il profilo ambientale e sotto il profilo strategico. Ci auguriamo che, alla luce dello schiaffo ricevuto dagli Stati Uniti, il Governo ritiri immediatamente la richiesta di deroga alla direttiva europea e che la Commissione Europea la respinga definitivamente, poiché mette a rischio la tutela ambientale e la credibilità delle istituzioni europee”.

“La Cgil – conclude il segretario confederale – continuerà a presidiare affinché vengano rispettati i principi di sostenibilità, trasparenza e rispetto delle normative europee e internazionali”.

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