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energia

Ponte sullo Stretto, Corporate sustainability due diligence e idrogeno: cosa dicono i giornali di oggi

“Punto di non ritorno” per il Ponte sullo Stretto entro giugno, l’astensione della Germania sulla direttiva che vuole l’Italia dalla sua parte e il possibile boom dell’idrogeno bianco: Ecco cosa dicono i giornali

Si attende per giugno la decisione del Cipess sul Ponte che attraverserà lo Stretto di Messina e che secondo l’ad della società omonima Pietro Ciucci rappresenta il punto di “non ritorno” per il progetto. Sul fronte europeo la Germania si è astenuta sulla direttiva Corporate sustainability due diligence che obbliga le imprese di maggiori dimensioni a verificare che nella filiera dei loro fornitori, presumibilmente sparsi in tutto il mondo siano rispettati, ai fini della sostenibilità, gli standard a protezione dell’ambiente, dei diritti umani e non si faccia ricorso al lavoro minorile. Mentre dalla Francia all’Albania sono stati scoperti giacimenti allo stato “naturale” di idrogeno, riserve che vengono definite bianche perché non generano emissioni inquinanti.

PONTE STRETTO, PER CIUCCI A GIUGNO IL “PUNTO DI NON RITORNO”

“’Siamo già al punto di non ritorno — ha detto ieri l’ad della società Stretto di Messina Pietro Ciucci sul progetto del Ponte —, ma la decisione del Cipes a giugno sarà fondamentale. Inoltre, una volta avviati, i lavori non si possono e non si devono fermare’. Ciucci, invitato alla Scuola di formazione politica della Lega, sull’eventualità che il piano si possa inceppare, ha aggiunto: ‘Tutto è possibile, ma bisogna vedere quanto si è disposti a pagare per tornare indietro’, avendo il progetto ottenuto una copertura complessiva (…)”. È quanto riporta il Corriere della Sera di oggi.

SOSTENIBILITÀ, GERMANIA SI ASTIENE SULLA DIRETTIVA MA VUOLE L’ITALIA DALLA SUA PARTE

“La transizione energetica non è poi così urgente se ci sono di mezzo le elezioni del Parlamento europeo. Che cosa non si fa per qualche voto in più! Sono bastati un po’ di trattori sulle strade del continente per provocare un sostanziale rallentamento nei programmi europei. Ed è del tutto paradossale che il passo indietro nel Green Deal abbia un’origine orange. Nell’Olanda di Frans Timmermans, il più verde dei leader europei, ex vice di Ursula von der Leyen, la reazione degli elettori preoccupati per gli effetti (presunti) su bilanci e redditi dei programmi di riduzione delle emissioni di gas serra ha premiato il sovranista Geert Wilders”. È quanto riporta l’inserto di Economia del Corriere della Sera a firma di Ferruccio de Bortoli. “(…) Nei giorni scorsi ha destato poi una certa impressione la decisione tedesca di astenersi sulla direttiva Corporate sustainability due diligence. Di che cosa si tratta? Le imprese di maggiori dimensioni dovranno verificare che nella filiera dei loro fornitori, presumibilmente sparsi in tutto il mondo (la deglobalizzazione rimane ancora uno slogan) siano rispettati, ai fini della sostenibilità, gli standard a protezione dell’ambiente, dei diritti umani e non si faccia ricorso al lavoro minorile. (…) Astenendosi, la Germania si è di fatto schierata contro la direttiva. La preoccupazione è stata soprattutto di parte liberale, espressa dallo stesso ministro dell’Economia, Christian Lindner, che ovviamente è sensibile alle ragioni dell’industria tedesca, della quale teme le reazioni dopo aver sopportato direttamente sulla propria pelle, e in piazza, la rabbia degli agricoltori”.

“(…) Si sta negoziando comunque un testo che possa ottenere il via libera degli ambasciatori presso l’Unione (Coreper). Secondo alcune indiscrezioni, il governo Meloni scambierebbe l’astensione sulla direttiva due diligence con un aiuto tedesco per ammorbidire le nuove regole, piuttosto severe e in qualche caso persino incomprensibili, per il packaging. In particolare l’eliminazione di alcuni divieti e l’attenuazione delle regole per il riuso della plastica, la spinosa questione delle monodosi. Se ne è discusso anche nelle ultime ore. L’Italia è peraltro all’avanguardia nel riciclo industriale di alcune materie prime”, prosegue l’inserto del quotidiano.

“(…) Tornando alla direttiva cosiddetta due diligence, che alcuni grandi gruppi italiani vorrebbero comunque approvare così com’è (la Ferrero per esempio), il suo destino pone due interrogativi strategici di non modesta portata. Il primo riguarda la posizione complessiva del governo Meloni sui temi della transizione energetica. Potremmo definirla gradualista (con qualche venatura negazionista). Un indirizzo che però si scontra con la spinta ad alcuni traguardi sui quali l’esecutivo si è già impegnato. Come, per esempio, la riduzione del 90% delle emissioni nei trasporti pesanti entro il 2040. Obiettivo che appare troppo ambizioso persino agli ambientalisti. Il secondo tocca l’immagine complessiva delle imprese lungo la via della sostenibilità, peraltro proclamata nei bilanci sociali ed esaltata in pubblicità in cui il futuro, grazie ai loro prodotti, è una sorta di Arcadia, linda e sognante. Come si concilia tutto questo con le azioni di lobbying in sede europea? Piccolo mistero”, conclude il quotidiano.

IDROGENO, IN EUROPA UN TESORO SOTTOTERRA

Dalla Francia all’Albania sono stati scoperti giacimenti allo stato “naturale” di idrogeno. Si tratta di riserve che vengono definite bianche perché non generano emissioni inquinanti. È quanto riporta Affari & Finanza di Repubblica. “I tecnici erano alla caccia di un grande giacimento di metano, in quella parte della Lorena ricca di miniere di carbone esaurite. Fino a 370 miliardi di metri cubi, che rappresentano il consumo di otto anni della Francia. Invece, sotto il primo stratto di gas naturale, hanno trovato una enorme riserva di idrogeno ‘bianco’. Se i dati verranno confermati, mano a mano che le sonde scendono in profondità, potrebbe trattarsi di un giacimento da 46 miliardi di metri cubi di materia prima, l’equivalente di più della metà di produzione di idrogeno ‘grigio’ di tutto il mondo”, prosegue il quotidiano.

“(…) Ma la scoperta avvenuta nella regione di Nancy, non è la sola che è avvenuta in Europa negli ultimi mesi. Un giacimento simile, per quanto di dimensioni inferiori, è stato scoperto di recente in Albania, a Bulkize, in un’area a soli quaranta chilometri di distanza da Tirana. Se in Francia, la scoperta è stata fatta in un ex giacimento di carbone, in questo angolo dei Balcani i tecnici erano al lavoro in una miniera esaurita di cromo. Ma il passaggio successivo è lo stesso: partiti alla ricerca di gas naturale, andando in profondità sono arrivati all’idrogeno bianco. In questo caso, siamo di fronte a una formazione geologica che dalla Turchia si estende alla Slovenia. Il che fa pensare che altre zone del sottosuolo in cui si sono sviluppate riserve di idrogeno potrebbe interessare un’area vastissima”, continua l’inserto del quotidiano romano. “(…) Secondo un’analisi che ha preso in esame oltre 1.400 grandi progetti sull’idrogeno pubblicata dall’Hydrogen Council, in collaborazione con Mc-Kinsey, al momento ci sono progetti fino a 570 miliardi di dollari, includendo la produzione di idrogeno pulito, l’uso finale e le infrastrutture – un aumento del 35% rispetto a 6 mesi fa. Come detto, la Ue è l’area del mondo che maggiormente crede nell’idrogeno, con oltre 190 miliardi di dollari di investimenti annunciati. I progetti a livello globale rappresentano 45 milioni di tonnellate all’anno di capacità produttiva di idrogeno pulito annunciata fino al 2030”.

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