Ai Verdi spetta una scelta difficile: restare fedeli alla loro posizione intransigente sulle questioni ambientali e aprire la strada ad una coalizione di destra, oppure rinunciare ad alcuni principi e unirsi ad un’alleanza centrista
I Verdi europei, sconfitti alle ultime elezioni europee, si stanno preparando a barattare l’idealismo con l’influenza politica. Dopo aver subito una batosta nelle elezioni del Parlamento europeo del mese scorso e aver perso un quarto dei loro seggi, gli ambientalisti stanno lottando per restare un partito rilevante, mentre le crescenti forze di destra vanno al potere.
Ai Verdi spetta una scelta difficile: restare fedeli alla loro posizione intransigente sulle questioni ambientali e aprire la strada ad una coalizione di destra, oppure rinunciare ad alcuni principi e unirsi ad un’alleanza centrista, con tutti i rischi politici che ciò comporterebbe.
I VERDI PENSANO AD UN’ALLEANZA CENTRISTA
Tutti i segnali puntano a quest’ultima ipotesi. Nelle interviste con Politico, molti eurodeputati e funzionari del gruppo hanno riconosciuto che l’adattamento alla nuova realtà politica Ue richiede una tonalità di verde più pallida. “Siamo pronti a fare un passo indietro su alcune delle nostre questioni per il bene della democrazia, perché sicuramente non vogliamo che nessun partito democratico collabori con l’estrema destra o con persone che non rispettano lo stato di diritto”, ha affermato Jutta Paulus, un eurodeputato dei Verdi tedeschi che ha lavorato su importanti dossier ambientali per il gruppo.
L’approccio è stato nettamente chiaro questa settimana, quando la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha girato per il Parlamento per chiedere il sostegno per un secondo mandato. Dopo l’incontro dei Verdi con von der Leyen di mercoledì scorso, non ci sono state richieste particolari, né una retorica ambientalista inflessibile. C’era, invece, il desiderio di negoziare, di scendere a compromessi. Il co-leader dei Verdi, Bas Eickhout, non ha difeso con forza nemmeno lo storico divieto al 2035 imposto dall’Unione europea sulle vendite di automobili tradizionali, quando gli è stato chiesto di un piano conservatore per indebolirlo.
LE PRIORITÀ DEI VERDI EUROPEI
Lo stesso tenore si ritrova in tutta la lista delle priorità dei Verdi. Le politiche rispettose del clima avevano un indirizzo più favorevole alle imprese, come una proposta per “un piano di investimenti industriali verdi”. Non c’era alcuna richiesta urgente di incrementare in modo significativo le ambizioni climatiche, in precedenza un segno distintivo del partito, ma solo una richiesta di “tenere il passo”. “Siamo pronti a fare qualsiasi cosa per far parte di questa coalizione? La risposta è no”, ha dichiarato l’eurodeputata francese Marie Toussaint.
Questo, ovviamente, non significa che tutti i Verdi siano d’accordo su quali compromessi dovrebbero essere fatti. “Le linee rosse sono in discussione all’interno del gruppo e su di esse non tutti abbiamo la stessa visione”, ha aggiunto Toussaint.
Il primo importante punto di svolta arriverà giovedì, quando i deputati voteranno se sostenere von der Leyen come presidente della Commissione europea. Anche se non esistono coalizioni formali al Parlamento europeo, con i gruppi che mettono insieme alleanze ad hoc, il voto dell’assemblea stabilirà il clima politico dei prossimi 5 anni, e per il futuro dei Verdi.
I VERDI QUESTA VOLTA VOTERANNO PER VON DER LEYEN?
Nel 2019 von der Leyen poté contare sul sostegno del suo Partito Popolare Europeo (PPE), dei Socialisti e Democratici di centrosinistra (S&D) e del centrista liberale Renew Europe per ottenere la conferma. Questa volta, probabilmente, avrà bisogno del sostegno di un quarto gruppo: i Verdi, o i Conservatori e Riformisti europei di destra (ECR).
La maggior parte dei Verdi – che nel 2019 votarono contro von der Leyen – ora dicono di volersi unire alla sua coalizione. Mercoledì scorso il co-leader Terry Reintke ha affermato che il gruppo ritiene di avere la responsabilità di far parte della maggioranza per impedire la formazione di un’alleanza parlamentare di destra. La domanda è a quale costo: in termini di credibilità, fortuna politica e futuro del Green Deal europeo.
LA POLITICA DEL PARTITO NELLE VARIE LEGISLATURE EUROPEE
Nei primi anni della precedente legislatura, i Verdi hanno agito come una forza di opposizione inflessibile e vocale. Sostenuti dalla crescente preoccupazione per il riscaldamento globale in vista delle elezioni europee del 2019, hanno costantemente sostenuto un’azione climatica più coraggiosa.
“Il Green Deal europeo? Non è abbastanza ambizioso”, dicevano. Quando l’Ue ha adottato il suo obiettivo di neutralità climatica, nel 2021, il gruppo ha votato contro, dichiarando insufficiente la scadenza di metà secolo.
Lo spostamento verso il pragmatismo, però, non viene dal nulla. Alla fine del 2021, sia i Verdi austriaci che quelli tedeschi si sono uniti alle coalizioni interne, costringendole a fare dolorose concessioni. A Bruxelles il ciclo legislativo è passato dai dibattiti alle votazioni vere e proprie, e il gruppo di solito ha finito per sostenere il compromesso finale, anche se era molto più debole della loro posizione iniziale.
TRA COVID E GUERRA IN UCRAINA, IL CLIMA PASSA IN SECONDO PIANO
Poi, nel mezzo della pandemia Covid e della guerra in Ucraina, l’ansia climatica è passata in secondo piano rispetto ai timori per la sicurezza e alle preoccupazioni sul costo della vita. L’estrema destra si è sollevata, gli agricoltori sono scesi in piazza per protestare contro il Green Deal e i salari ingiusti, e i eurodeputati conservatori si sono opposti agli sforzi di protezione della natura, mentre le elezioni europee si avvicinavano.
Anziché lottare per un risultato finale più ambizioso, i Verdi spesso si sono ritrovati a cercare di salvare ciò che potevano. Lo scorso anno hanno votato un disegno di legge sul ripristino della natura, anche se era stato indebolito fino a diventare irriconoscibile. Secondo l’ex deputato irlandese Ciarán Cuffe – che alle ultime elezioni europee ha perso il seggio – “è qualcosa a cui i Verdi potrebbero doversi abituare, se decideranno di unirsi alla coalizione informale che sostiene Ursula von der Leyen”.
“Potrebbe essere necessario ridurre il livello di ambizione per far parte di quella maggioranza”, ha spiegato Cuffe, che ha aggiunto: “abbiamo già visto un po’ di tutto questo, con la Legge sul Ripristino della Natura, che è iniziata come un atto legislativo piuttosto ambizioso, ma alla fine è stata ridotta nella portata e nell’ambizione”. Le circostanze esterne, tuttavia, non sono l’unica forza che rimodella i Verdi.
UN PARTITO PIÙ DIVERSIFICATO
Dopo le europee del mese scorso, il partito non solo è più piccolo, ma è diventato anche più diversificato. Per aumentare la loro presenza, i Verdi hanno accolto 5 eurodeputati di Volt, un partito paneuropeo che finora non ha fatto delle questioni ambientali una priorità. Inoltre, mentre la quota di eurodeputati tedeschi e francesi durante le elezioni si è ridotta, il gruppo ha aggiunto dei parlamentari provenienti dall’Europa centrale e orientale, mentre il suo contingente nordico è rimasto forte.
Dato che i politici di queste regioni spesso adottano un approccio meno ideologico, “forse questo significa in questo mandato che saremo più pragmatici”, ha detto Cuffe. “Penso che, se fossimo tornati con gli stessi numeri, avremmo detto ‘dobbiamo davvero aumentare gli sforzi sul clima nel 2020, questo è il decennio del cambiamento, dobbiamo aumentare le nostre ambizioni’. Ma non siamo tornati con gli stessi numeri”.
PARTITO DIVISO SULL’IPOTESI VON DER LEYEN BIS
I Verdi tendono a votare in blocco a Bruxelles, e le crepe nel fronte unito che presentano all’opinione pubblica sono rare. Alcuni eurodeputati, però, temono che rinunciare alle richieste di adesione ad una coalizione più ampia offuscherà la loro credibilità, soprattutto tra la loro base di attivisti. L’eurodeputata francese Toussaint è tra chi pensa che i Verdi dovrebbero mantenere il loro ruolo di opposizione. “Finché i principali partiti politici non cambiano rotta, non penso che abbiamo interesse ad entrare in questa coalizione. È nel nostro interesse restare dove siamo, cioè non prender parte a questa coalizione, che sarebbe sostenere politiche che non sono nostre”, ha affermato. La preferenza di Toussaint è “continuare a lottare per ogni testo, come abbiamo fatto negli ultimi anni”.
I Verdi che vogliono unirsi alla coalizione centrista dicono che non lo faranno ad ogni costo, ma Toussaint ha detto che il partito sta ancora discutendo internamente le sue linee rosse, qualcosa che Eickhout mercoledì scorso ha minimizzato, indicando le priorità concordate dal gruppo.
Il neoeletto eurodeputato verde sloveno Vladimir Prebilič ha dichiarato che non sosterrà la rielezione di von der Leyen. Se ritirare alcune parti del Green Deal “è la strategia futura della futura Commissione, sono fermamente convinto che non possiamo stare al gioco”. Altri, però, sostengono che all’interno di una coalizione il gruppo può fungere da guardiano del Green Deal. Il commissario europeo per l’Ambiente uscente, Virginijus Sinkevičius – che la prossima settimana assumerà il seggio come eurodeputato dei Verdi – ha affermato che il gruppo “può sicuramente far parte di una forte coalizione pro-europea, che garantirebbe alla Commissione un mandato forte e condizioni confortevoli per essere ambiziosa nelle politiche climatiche e ambientali”.
UN APPROCCIO DIFENSIVO
La questione, per i Verdi, è quanta influenza il partito può esercitare in una simile alleanza. Alcuni si chiedono se il gruppo – che ha effettivamente chiesto a von der Leyen di sceglierli, la prossima settimana, al posto della destra populista – possa ancora porre delle condizioni al loro sostegno. “Evidentemente fanno affidamento sulla nostra rettitudine e sulla nostra posizione europeista. Bussano alla nostra porta, avendo già spartito le posizioni chiave”, ha detto Thomas Waitz, eurodeputato austriaco e co-presidente del Partito Verde Europeo, un insieme di partiti verdi a livello continentale.
Waitz dubita che von der Leyen possa fare ai Verdi delle promesse significative e si sta concentrando sul garantire una maggiore influenza al gruppo. “Forse un commissario dei Verdi, o un’apertura ad includere personale verde nei gabinetti dei commissari”, ha detto, riferendosi ai 26 commissari che supervisionerebbero i vari portafogli politici per von der Leyen.
“Il partito sosterrà sempre un’azione climatica più ambiziosa”, ha detto Waitz, ma il risultato elettorale mostra che i Verdi devono ancora convincere gli elettori dei benefici. L’attenzione del gruppo sul clima “dovrebbe essere quella di garantire l’attuazione delle leggi approvate negli ultimi 5 anni. Non mi piace dirlo, ma si tratta di mantenere vivo il Green Deal”.
Eickhout è più ottimista, e ritiene che i Verdi possano imporre alcuni cambiamenti politici a von der Leyen. Il gruppo, ad esempio, vuole una migliore protezione degli ambienti marini e maggiori sforzi per preparare il blocco ai disastri climatici. Molti Verdi, però, hanno sostenuto il punto di vista di Waitz, secondo cui il ruolo del gruppo oggi è di difesa, piuttosto che di attacco. “C’è stato uno spostamento a destra, e i Verdi sono stati i perdenti. Immagino che la domanda ora sia ‘cosa succede al Green Deal europeo?’ Spero solo che i nostri impegni ecologici restino sulla buona strada e non tornino indietro. E questa, penso, sarà una questione chiave per le istituzioni europee negli anni a venire. In particolare, nei prossimi giorni, per Ursula von der Leyen”, ha affermato l’ex eurodeputato irlandese Cuffe.