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Rinnovabili

Quanto costa rispettare il Pnrr e lavorare alle rinnovabili

Per l’Ance servono risposte immediate. Qual è lo stato della transizione in Italia tra Pnrr e rinnovabili in mezzo alla crisi ucraina

Nell’ultimo mese sono cambiate tante cose. Si è stravolto l’ordine mondiale, per via di una guerra atroce che ancora continua. E con esso sono cambiati, stanno cambiando tanti equilibri, tante relazioni interstatali consolidate nell’ultimo decennio. L’Italia è in prima fila, sul fronte europeo, per ridefinire il quadro a causa della sua estrema dipendenza dall’estero. Una dipendenza politica (apparteniamo al blocco occidentale con una azione estera spesso debole) ma anche energetica.

A febbraio, Roberto Cingolani parlava di “cronoprogramma rispettato” in merito agli obiettivi del Pnrr, il piano nazionale per avviare e operare la transizione digitale e climatica verso i prossimi decenni, per le future generazioni. Ma, appunto, a marzo è cambiato molto.

IL PNRR COSTA DI PIÙ

“Per le sole opere infrastrutturali della Missione 3 (che in tutto vale 25,4 miliardi) gli aumenti dei costi maturati rispetto alle cifre indicate nel Piano ammontano già a 3 miliardi”, scrive Giorgio Santilli sul Sole 24 Ore di oggi. Rfi e le maggiori opere già in corso sono i fronti interessati. A fine mese, il ministro per le infrastrutture e la mobilità sostenibili Enrico Giovannini aveva parlato del Mezzogiorno come area preferenziale per gli investimenti, confermando anche il raggiungimento di altri due obiettivi per il primo trimestre 2022.

Ma, appunto, sono sopraggiunti costi sempre più ingenti. Ecco perché “per evitare di chiudere i cantieri già aperti (con buona pace del Pnrr) servono urgentemente fondi integrativi e soprattutto l’approvazione di un meccanismo di revisione prezzi/compensazione/neutralizzazione” dice ancora il quotidiano di Confindustria. E forse non basteranno i tre miliardi citati sopra. Intanto, in questi giorni arriverà il Decreto del Mims sui prezzi.

LE RINNOVABILI: TROPPI PROGETTI IN STAND-BY

Questi ostacoli non devono far pensare a passi indietro o a rinunce. Abbiamo raccontato, anche negli ultimi giorni, come sulle rinnovabili l’Italia puti forte sull’idrogeno. Ma nelle discussioni non manca mai la sottolineatura del problema dei problemi: la burocrazia. E, sempre dal Sole di oggi, si apprende come siano in continuo aggiornamento le domande per centrali ecologiche. Le liste di attesa ricordano quelle del servizio sanitario nazionale, insomma, e si spiegano sia con la questione delle autorizzazioni che faticano ad arrivare. Ma sia per l’accumulo di richieste fotocopia, “presentate uguali in tre, quattro o cinque luoghi diversi nella speranza che almeno uno riesca a essere realizzato”.

Oltre al Pnrr c’è il Pniec, di cui abbiamo scritto tante volte. Una delle ultime novità riguardava proprio la creazione di una Commissione che consentisse di integrare i due piani per attuare la transizione ecologica. Al 2030 il Belpaese godrà, se tutto verrà rispettato, di centrali da 95,210 megawatt totali. La questione delle tempistiche dovrà essere monitorata passo passo e, inoltre, con il Fit for 55 europeo sono cambiati obiettivi e si sono aggiunte polemiche.

Ieri il ministro Giorgetti ha fatto un buon punto anche su questo, rinfrescando la memoria sull’intesa italo-francese raggiunta lo scorso novembre. Insomma: la carne al fuoco non manca, men che meno gli ostacoli del percorso delle rinnovabili.

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