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Raffinerie

Riuscirà la svolta del gas e dell’idrogeno ad Augusta?

L’idea di fondo è quella di passare dagli olii minerali al gas e, soprattutto, alla produzione di idrogeno mediante fonti rinnovabili

Nel dicembre dello scorso anno, l’Autorità di sistema portuale (Adsp) del mare della Sicilia orientale ha avviato una procedura di interesse per installazione di un impianto di stoccaggio Gnl da 15.000 metri cubi nel porto di Augusta, cittadina marittima in provincia di Siracusa, dotata di un’eccellente profilo rivierasco e – suo malgrado – di uno dei centri di raffinazione più importanti del paese da sempre alle prese con il problema inquinamento che ha creato più di un malumore tra i cittadini della zona.

LA SITUAZIONE AD AUGUSTA

È in questa situazione che si è deciso di installare l’impianto di stoccaggio Gnl all’interno della rada megarese presso il pontile di Punta Cugno, ritenuta particolarmente versatile per il carico e scarico del gas liquefatto. Provocando la reazione di associazioni ambientaliste e comitati locali, che hanno presentato nel maggio scorso un esposto alla Procura della Repubblica di Siracusa sottolineando che, pur se il Gnl ha ridotte capacità inquinanti, l’allocazione del deposito in un’area ad elevata sistematicità e piena di impianti industriali, peraltro vetusti di un cinquantennio, può costituire una seria minaccia di incidente nel caso si manifestasse una fuoriuscita di Gnl che potrebbe incendiarsi con le flaring fire sempre accese delle colonne di raffinazione, creando un effetto domino potenzialmente devastante vista anche la vicinanza con i centri abitati densamente popolati.

Più recentemente è stato presentato al Consiglio Comunale di Augusta una mozione per l’indizione di un referendum consultivo sul deposito di stoccaggio. L’intento è di farsi dare un’indicazione di rotta senza rischiare di prendere decisioni impopolari. Anche perché, di per sé, il referendum non avrebbe nessun effetto giuridico, ma costituendo comunque un potente strumento di pressione sull’Autorità qualora si manifestasse una netta volontà contraria.

LA VIA DELLA CONVERSIONE INDUSTRIALE

Quello che si può notare in questa vicenda e che anche se l’eventualità di eventi catastrofici può considerarsi modestissima, la soluzione proposta dai comitati del “no” sembra non solo conservativa, ma altamente riduttiva: manteniamo tutto così com’è senza accollarci ulteriori rischi dagli esiti imprevedibili. Si potrebbe invece utilizzare la richiesta dell’Autorità come spunto per cominciare sul serio, una volta per tutte, a cambiare la tipologia dell’area industriale di Augusta, portandola gradualmente al minimo impatto ambientale.

IL MONDO STA CAMBIANDO

È noto che l’Italia non sia più da diversi lustri la raffineria d’Europa, e sono sempre meno i centri di raffinazione, condannati alla chiusura degli impianti e al licenziamento degli operai. Il mondo sta andando in altra direzione: l’Ue pone norme sempre più severe sull’inquinamento e punta alla decarbonizzazione dell’economia; il riscaldamento delle abitazioni sono ormai a gas; per le vetture la soluzione gnl/metano è più conveniente e pratica del diesel, specie nelle grandi città. Infine l’elettrico che nel prossimo decennio si affermerà ineluttabilmente trasformando l’intero parco automobilistico. In sostanza, il polo petrolchimico di Priolo non potrà salvarsi da questo trend di fondo e gli operai rischiano seriamente di non avere una seconda opportunità occupazionale.

IL GAS, VETTORE DI TRANSIZIONE ENERGETICA

L’idea di fondo, allora, è quella di passare dagli olii minerali al gas e, soprattutto, alla produzione di idrogeno mediante fonti rinnovabili. Che il gas sia, specie in Italia, il vettore energetico di transizione per i prossimi 15 – 20 anni, non è un mistero. E gli investimenti, come la stessa richiesta dell’Adsp testimonia, vanno in quella direzione. Già ai primi del secolo nella adiacente area di Priolo si voleva realizzare un rigassificatore, da parte di Shell, ma qualche anno dopo nel 2007, prima della terribile crisi, i cittadini di Priolo votarono contro per paura di eventuali rischi di esplosioni o danneggiamenti.

L’HUB DEL GAS E DELL’IDROGENO

Insomma, oggi le cose potrebbero essere diverse: innanzitutto si potrebbe fare di tutta l’area industriale un hub del gas, per stoccarlo e commerciarlo nei momenti di scarsità o di crisi di fornitura, offrendo un’installazione addizionale ed elastica, al servizio, dell’intera regione jonica e non solo. Inoltre il rigassificatore rappresenterebbe un naturale approdo per i giacimenti di gas nel Mediterraneo Orientale, recentemente scoperti, oltre che costituire un eccellente scalo al centro del Mediterraneo per qualunque nave gasiera. Anche perché lavorando in controflusso, cioè da nord verso sud della nostra penisola, l’ipotetico hub di Augusta potrebbe cedere il gas in eccedenza a qualunque metaniera del mondo, inserendosi così nel mercato mondiale del Gnl. Trasformando di fatto l’Italia in un Hub euro-mediterraneo dell’energia, con l’opportunità di competere con la vicina Spagna.

L’IDROGENO E L’ESEMPIO SNAM

Ma c’è dell’altro. Da circa un semestre Snam ha testato con successo, per una fornitura industriale, una miscela di metano con l’aggiunta del 5% di idrogeno, al fine di abbattere le emissioni di CO2. Si pensa di salire al 10% e le prime indicazioni sono buone. L’idrogeno viene ricavato con elettrolisi di acqua marina, precedentemente desalinizzata, utilizzando energia prodotta dalle rinnovabili. La metodologia non è nuovissima, ma l’esplosione delle Fer nell’ultimo decennio la sta rendendo commercialmente sempre più vantaggiosa e praticabile. E l’area industriale fra Augusta e Priolo è eccezionalmente buona per una produzione massiccia di idrogeno: è già industriale e quindi l’installazione di stoccaggi dedicati non avrebbe impatti ambientali; ci sono sole e vento in abbondanza, con ampie zone per gli impianti fotovoltaici e “wind field” di potenza a poche miglia dalla costa.

L’introduzione dell’idrogeno nelle forniture di metano è rivoluzionaria, e potrebbe contribuire ad un alleviamento della dipendenza energetica del paese e ad una riduzione delle emissioni di CO2.Ci vorranno diversi anni, prima che diventi una realtà commerciale diffusa; tuttavia, se ci si vuole affermare su quel mercato occorre partire adesso. E gli impieghi sarebbero illimitati: residenziale, industriale, ma anche, un domani per trazione nei motori endotermici. A ciò si aggiungerebbero le applicazioni proprie dell’idrogeno nell’industria, sia attuali che future.

Disporre di un’elevata concentrazione di energia e di impiantistica in una singola area industriale, potrebbe richiamare altre lavorazioni e applicazioni, facendo sorgere un piccolo distretto industriale dove la prossimità aziendale è il suo valore aggiunto. Nel nostro caso avremmo altresì disponibilità di energia, l’accesso al mare, attraverso tutta l’area aeroportuale, e la presenza di nuove applicazioni.

LA CONCERTAZIONE COME METODOLOGIA PER SUPERARE LO STALLO

In effetti la costituzione di un distretto dell’energia, naturale evoluzione di un hub del gas e dell’idrogeno, sarebbe la migliore prospettiva di lavoro e di ricchezza per tutta la Sicilia Orientale. Il polo di raffinazione ha prospettive assai incerte e, con buona probabilità, verrà trasferito in altre zone del mondo dove sarà possibile inquinare e dove permane una domanda per tale tipo di lavorazione. A meno che non ci si attivi da subito per attuare un piano di riconversione, partendo – può sembrare un paradosso, ma non lo è – dagli interessi delle aziende: per profitto è stata intrapresa l’attività di raffinazione; per profitto si intraprenderà quella di riconversione e sviluppo. E bisogna attivarsi subito, quando le aziende del petrolchimico sono ancora in loco, prima che tutte, inesorabilmente, se ne vadano. Senza attività produttiva, un’area industriale è solo un desolante cimitero degli orrori ambientali del passato. Di certo se venisse abbandonata non si ritornerebbe alla condizione ambientale ex ante, con prati e vegetazione mediterranea. Si punta ad un risultato complesso, articolato nel tempo, il cui raggiungimento è possibile solo se si afferma il principio e il metodo della concertazione: Autorità locali, aziende, sindacati, tutti debbono mirare a tale obiettivo, facendo, se del caso, nelle fasi iniziali, delle singole rinunce pur che il progetto si avvii.

Peraltro se davvero si scegliesse l’area industriale di Augusta per la produzione nazionale di idrogeno, molte aziende di rinnovabili sarebbero stimolate a partecipare per la costruzione dei relativi impianti, accrescendo il numero di partecipanti e quindi le probabilità di successo

Con tutta probabilità il punto nodale sono i costi di riconversione, in ragione delle attese di vendita: inizialmente i primi saranno elevati, mentre le seconde basse, perché il mercato del gas è avviato da decenni, mentre quello dell’idrogeno per forniture è ancora inesistente. Si potrebbe allora pensare ad un’area porto franco, come incentivo per le aziende a restare, ovvero degli altri aiuti mirati per innestare il processo di conversione. Processo che sarà lungo ed impegnativo, ma ineludibile. Fondamentale sarà il ruolo della popolazione, perché se questa è pronta a mettersi in gioco, a rischiare per rinnovarsi ed evolvere, allora istituzioni e aziende la sceglieranno e la premieranno. Non si tratta di un assegno in bianco, dove chi rischia, e pesantemente, è una solo parte; al contrario si tratta di un’apertura di credito verso aziende ed istituzioni, in cambio di precise garanzie di investimento e di assunzioni.

A questa mutua responsabilità, sono mancati in molti: abbiamo ricordato il rigassificatore di Priolo, come anche quello di Brindisi, piuttosto che il deposito nucleare nazionale di Scanzano. Tutte occasioni di crescita industriale e di sviluppo tecnologico – le sole direttive economiche che creano valore aggiunto e ricchezza molto più di qualunque servizio del terziario o dell’agricoltura – che sono andate perdute, contribuendo al declino industriale del paese. Oggi, si potrebbe avere l’occasione di una nuova opportunità di sviluppo industriale, che non va né lasciata passare, né mal gestita, onde evitare di fare sempre più della Sicilia e del Meridione terra bruciata.

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