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Energia

Se l’Italia piange sul caro-energia anche la Germania non ride

Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha promesso un rapido sostegno agli sforzi dell’azienda per investire per diventare climaticamente neutrali. In Italia Confindustria ha chiesto interventi strutturali contro il caro-energia

Se Atene piange anche Sparta non ride. Ed è così che se da un lato l’industria italiana soffre per l’aumento dei prezzi energetici, anche in Germania le cose non procedono come dovrebbero.

L’INDUSTRIA TEDESCA HA CHIESTO AIUTO AL GOVERNO

L’industria tedesca ha infatti invitato l’amministrazione del cancelliere Olaf Scholz ad agire per affrontare l’aumento dei costi energetici, avvertendo che alcune aziende stanno valutando la possibilità di trasferirsi. “L’aumento dei prezzi dell’elettricità e del gas minaccia di schiacciare l’economia”, ha affermato Siegfried Russwurm, presidente della lobby dell’industria BDI, in un’intervista al quotidiano Rheinische Post. “Serve una rapida azione politica”.

SITUAZIONE PEGGIORATA DOPO LA CHIUSURA DI CENTRALI NUCLEARI E A CARBONE

La Germania ha da tempo prezzi dell’energia tra i più alti nel novero dei paesi sviluppati ma la situazione è peggiorata nel momento in cui Berlino ha deciso di chiudere le ultime centrali nucleari del paese e di ridurre l’apporto di carbone per produrre elettricità. Con l’espansione della produzione di energia rinnovabile, il paese è diventato più dipendente dalle importazioni di gas dalla Russia e i prezzi sono aumentati a causa delle tensioni al confine con l’Ucraina.

Un’indagine BDI ha rilevato che il 23% delle aziende vede la propria esistenza minacciata dall’aumento dei prezzi dell’energia, mentre il 65% lo considera una sfida significativa. Circa un terzo delle aziende sta ritardando gli investimenti legati al clima a causa dei costi energetici, ha riferito Rheinische Post.

IL MINISTRO HABECK HA PROMESSO SOSTEGNI

Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha promesso un rapido sostegno agli sforzi dell’azienda per investire per diventare climaticamente neutrali. In un’intervista con Handelsblatt pubblicata domenica, rammenta Bloomberg, Habeck ha promesso di richiedere alle compagnie elettriche di trasferire completamente i risparmi direttamente ai clienti delle rinnovabili.

Russwurm ha affermato che il prezzo dei certificati di emissione sta facendo aumentare i costi energetici e che il governo deve reagire tagliando tasse: “L’aumento dei costi energetici è più alto che mai dalla crisi petrolifera degli anni ’70”, ha affermato.

IN ITALIA AURELIO REGINA HA PRONOSTICATO NUOVI INTERVENTI DI SOSTEGNO ANCHE PER LA SECONDA PARTE DELL’ANNO

In Italia, proprio in un’intervista di ieri a Repubblica, Aurelio Regina, delegato di Confindustria per l’energia ha pronosticato per l’Italia un nuovo intervento per famiglie e imprese nella seconda parte del’anno. “Nelle prossime settimane presenteremo al governo uno studio declinato sulle filiere in cui calcoliamo che serviranno 1.100 miliardi di qui al 2030, quindi 120 miliardi all’anno. Se non interveniamo rischiamo di non realizzare la transizione e sacrificare la produzione, con impatti gravi sull’occupazione e rischi sulla tenuta sociale”, ha detto Regina.

PER CONFINDUSTRIA NECESSARI INTERVENTI STRUTTURALI

Per quanto riguarda invece il settore elettrico, Regina ha sottolineato che manca un intervento strutturale: “Avevamo registrato un consenso trasversale alla nostra proposta di cessione da parte del Gse di 25 terawattora a 50 euro al megawatt per due anni alle aziende a rischio chiusura e delocalizzazione, contro un impegno delle stesse a investire 13 miliardi nella decarbonizzazione. Un meccanismo virtuoso che coniuga un impegno del governo a preservare la competitività e incentiva le imprese a investire. Non è stata recepita, ma contiamo che il Parlamento la recuperi”.

“Il mercato energetico, dopo la tempesta, si assesterà su livelli doppi rispetto al 2019”, ha continuato Regina confrontando la situazione dell’Italia con quanto fatto finora dai principali partner europei: “La Germania ha compresso gli oneri di sistema da 22 a un miliardo. La Francia conta sul nucleare e ha abbassato il prezzo medio di approvvigionamento a 42 euro a megawattora, contro i 200 pagati da noi che, a differenza dei francesi, abbiamo chiesto aiuti ma abbiamo assicurato investimenti”.

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