La causa scatenante del grande blackout che ha colpito la Penisola Iberica è ancora sconosciuta, ma non è colpa di rinnovabili e nucleare, secondo Carlo Stagnaro. “È un fallimento del gestore della rete elettrica”, scrive il direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, su Il Foglio
Mancano ancora diversi elementi per svelare il mistero del blackout della rete elettrica spagnola, ma rinnovabili e nucleare non hanno colpe. Il grande apagòn è un fallimento del gestore elettrico spagnolo, Red Eléctrica. “Gli impianti eolici e fotovoltaici che alle 12.33 del 28 aprile immettevano una enorme quantità di energia in rete (e quelli che soddisfacevano un altrettanto importante fabbisogno di autoconsumo) non hanno colpe”, scrive Carlo Stagnaro, direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, su Il Foglio. “Le responsabilità però ci sono e, almeno in parte, possono essere tracciate. Riguardano, da un lato, la gestione del sistema e, dall’altro, il suo sviluppo nel lungo termine”, sottolinea Stagnaro. Cosa è andato storto?
3 VERITA’ SUL BLACKOUT
Attualmente le cause del blackout sono oscure, ma per comprendere appieno le ragioni del più grave e diffuso blackout della storia europea bisogna ricostruire tre verità, secondo Stagnaro: tecnica, economica e politica.
“Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha detto: “Non escludiamo alcuna ipotesi”, ma intanto ha chiarito che la colpa non può essere addossata alle fonti rinnovabili e ha attaccato chi suggeriva che una maggiore quota di energia nucleare avrebbe potuto prevenire l’incidente. Inoltre, ha puntato il dito contro “los operadores privados” – i principali produttori di energia – immediatamente convocati alla Moncloa assieme a Ree per una riunione di emergenza. Questi hanno declinato ogni responsabilità”, scrive il direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni.
COME LA RETE SPAGNOLA E’ RIPARTITA
Le operazioni per il riavvio della rete hanno funzionato splendidamente. “Si è dovuto partire dalle fonti di energia più prontamente disponibili, cioè l’import dalla Francia e dal Marocco, per poi aggiungere gradualmente gli impianti idroelettrici e quelli a gas”, spiega il direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni. Anche gli impianti nucleari hanno funzionato perfettamente, spegnendosi in sicurezza e riaccendendosi poi gradualmente.
Gli impianti rinnovabili e nucleari hanno fatto la loro parte, secondo Stagnaro. “Gli impianti eolici e fotovoltaici che alle 12.33 del 28 aprile immettevano una enorme quantità di energia in rete (e quelli che soddisfacevano un altrettanto importante fabbisogno di autoconsumo) non hanno “colpe”. Facevano l’unica cosa che possono, cioè produrre energia decarbonizzata quando il sole splende e il vento soffia”, si legge su Il Foglio.
Tuttavia, l’aumento della generazione da rinnovabili non programmabili rende i sistemi più complessi e più vulnerabili agli eventi. Di conseguenza, servono investimenti per integrarle mantenendo la stabilità della rete elettrica.
“Chi dice che gli impianti nucleari hanno contribuito al problema (Greenpeace) non ha capito nulla di ciò che è accaduto; e chi li accusa di non aver contribuito alla soluzione (Sánchez) non ha compreso a cosa servono le centrali atomiche, cioè a erogare potenza continuativa nel tempo, non a fare da “fisarmonica” per compensare le oscillazioni del sistema”, spiega Stagnaro, spezzando una lancia a favore del gestore elettrico spagnolo Red Eléctrica, che nel rapporto annuale aveva avvertito del rischio di “disconnessioni della generazione” con possibili conseguenze “gravi”. Nonostante l’allarme, non sono state però prese contromisure serie. “È probabile che le politiche di Ree siano determinate tanto dagli input politici, quanto dalla volontà di contenere i costi dell’energia: infatti, incrementare la sicurezza del sistema comporta inevitabilmente dei costi”, scrive il direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni.
BLACKOUT TUTTE LE POSSIBILI CAUSE
La causa scatenante dell’apagòn è ancora ignota, ma ci sono diversi fattori che hanno contribuito ad aumentarne la portata. In primo luogo, “la gestione dell’incidente è stata resa complessa dalla bassa inerzia del sistema, cioè della sua ridotta capacità di assorbire (mitigandole) repentine variazioni nella frequenza della rete”, spiega Stagnaro.
“L’inerzia di un sistema elettrico è l’energia cinetica immagazzinata nelle masse rotanti di generatori sincroni e motori. Essa resiste ai cambiamenti rapidi della frequenza di rete, per esempio in caso di guasto o perdita improvvisa di generazione. Più elevata è l’inerzia, più lentamente varia la frequenza, dando tempo ai sistemi di controllo per intervenire (…) Con l’aumento delle fonti rinnovabili non sincrone (come solare ed eolico), l’inerzia diminuisce, rendendo il sistema più vulnerabile a instabilità e blackout”, continua il direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, aggiungendo che un secondo elemento di debolezza del sistema spagnolo è l’isolamento elettrico della penisola iberica.
BLACKOUT, IL FALLIMENTO DI RED ELECTRICA
Il gestore della rete di trasmissione nazionale svolge il delicato compito di mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta. In altre parole, è responsabile della gestione e dello sviluppo dell’infrastruttura nel lungo termine. Le sue attività sono regolate dall’Autorità per l’energia spagnola (la Comisión Nacional de la Energía) e il principale azionista è proprio lo stato, attraverso la Sociedad Estatal de Participaciones Industriales (equivalente alla nostra Cdp) che ne possiede il 20 per cento. Ree è riuscita a svolgere al meglio il suo compito di mantenere l’equilibrio del sistema in occasione del primo evento che ha provocato la perdita di una parte della generazione nel sudovest della Spagna, stabilizzando la rete nel giro di pochi millisecondi ed evitando così la completa disconnessione degli asset. Tuttavia, non è riuscita a reagire in tempo al secondo evento, che si è verificato dopo 1,5 secondi dal primo, provocato da un’indefinita perdita di generazione.
“I sistemi di Red Eléctrica non reagiscono in tempo, quindi la frequenza della rete comincia a “ballare”: la perturbazione si estende e, per ragioni di sicurezza, la Terna francese (Rte, Réseau de Transport d’Électricité) chiude il collegamento elettrico tra i due paesi. La rete si destabilizza ulteriormente e accade un ulteriore “evento”, cioè il massiccio distacco di generazione rinnovabile. A quel punto la frequenza è fuori controllo e i sistemi di sicurezza scollegano progressivamente impianti e porzioni di rete. La corrente smette di fluire nel sistema e le luci non si accendono più”, spiega Stagnaro, sottolineando che fallimento non vuol dire necessariamente che il gestore abbia compiuto un errore, ma, “probabilmente, avrebbe potuto mettere in atto azioni finalizzate a prevenirli. Per esempio, rientra nella discrezionalità del gestore della rete stabilire – entro certi limiti – se e quanta produzione rinnovabile “tagliare” (cioè non accettare in rete). Spesso lo si fa per mantenere in esercizio un sufficiente numero di impianti a gas da garantire capacità di reazione e sufficiente inerzia al sistema”, scrive Stagnaro.
L’ITALIA E’ PRONTA A RISPONDERE A UN SIMILE EVENTO?
Stagnaro sottolinea le somiglianze con il blackout che colpì l’Italia alle 3.27 del mattino del 28 settembre 2003. Un evento che ha permesso al nostro Paese di dotarsi di un sistema di emergenza per gli impianti fotovoltaici con più di 6 kW di potenza. Dispositivi che non sono però obbligatori per i piccoli impianti domestici, che in Spagna hanno una quota rilevante della produzione. “Un intervento che si è rivelato giusto, anche se non c’è la garanzia assoluta che ci protegga da eventi di questo tipo”, ha spiegato alla Staffetta Quotidiana Maurizio Delfanti.