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Venezuela

Gli Stati Uniti si preparano ad una nuova stretta sul Venezuela

Gli Stati Uniti potrebbero mettere fine alle esenzioni sulle importazioni di petrolio dal Venezuela: per quali motivi e con quali conseguenze

L’agenzia Reuters scrive che gli Stati Uniti stanno pensando di mettere fine alle esenzioni dalle sanzioni sul petrolio venezuelano concesse ad alcune aziende, in modo da aumentare la pressione verso il governo di Nicolás Maduro.

A partire dal prossimo ottobre, dunque, le compagnie che fino ad ora si sono rifornite di greggio da Caracas – nella lista figura anche l’italiana Eni – potrebbero non essere più in grado di farlo senza venire colpite dalle misure punitive americane.

IL CONTESTO

L’amministrazione Trump aveva imposto delle sanzioni sulla PDVSA (la compagnia petrolifera statale del Venezuela) verso la fine del gennaio 2019. L’obiettivo era quello di privare il governo di Caracas di una fonte di entrate fondamentale e accelerare in questo modo la caduta del regime di Maduro: Washington lo considera infatti un presidente “illegittimo” dopo la contestata rielezione nel maggio 2018 e si è schierata dalla parte del leader dell’opposizione Juan Guaidó.

L’approccio degli Stati Uniti – che con il passare dei mesi hanno messo sanzioni anche su altri settori dell’economia venezuelana, per isolarla il più possibile – non ha tuttavia portato risultati e il regime di Maduro, anziché collassare rapidamente, è riuscito a resistere.

Per il Venezuela però vendere il petrolio – che vale il 95 per cento delle esportazioni – si è fatto sempre più difficile, sia per le sanzioni americane che per la crisi economico-strutturale in cui il paese si trova da anni. Oggi l’export di greggio non arriva nemmeno a 400mila barili al giorno, il livello minimo da ottant’anni. Ai suoi massimi, l’output venezuelano ammontava a circa 3,5 milioni di barili al giorno.

LE MOTIVAZIONI POLITICHE

In questi anni il presidente Donald Trump ha mostrato un sostanziale disinteresse verso l’America latina, sebbene la questione migratoria sia centrale nella sua agenda politica. A Trump interessa però ottenere la rielezione il prossimo novembre: per riuscirci, vincere nello stato della Florida può rivelarsi estremamente utile, se non addirittura determinante.

In Florida risiede una nutrita comunità di ispanici, molti dei quali figli di immigrati cubani e generalmente ostili al socialismo latinoamericano. Dalla Florida proviene il senatore repubblicano Marco Rubio, che il giornale POLITICO ha descritto come una sorta di “segretario di stato di fatto per l’America latina”: è Rubio, in altre parole, a dare forma alla politica estera dell’amministrazione Trump al di là del Rio Grande. Che però si focalizza su pochissime nazioni: Cuba, Nicaragua e appunto Venezuela, tutte rette da regimi socialisti.

Per ottenere un boost elettorale in Florida prima del voto, quindi, Trump potrebbe voler inasprire la stretta sul governo di Maduro. Di qui il proposito di mettere fine alle esenzioni per l’importazione di petrolio.

QUALI CONSEGUENZE

Nella lista delle aziende che beneficiano delle esenzioni figurano, oltre alla già menzionata Eni, anche le compagnie petrolifere Repsol (spagnola) e Reliance (indiana). Ma da ottobre – qualora l’intenzione di Washington dovesse tradursi in realtà – ogni transazione tra queste aziende e la PDVSA dovrà essere interrotta, pena l’applicazione di sanzioni.

Il Venezuela potrebbe perdere altri clienti importanti e potrebbe vedere aggravare la penuria di benzina, che PDVSA non riesce a produrre e che riceve dall’estero in cambio di greggio: la maggior parte dei contratti stipulati dalla compagnia venezuelana prevede proprio questo tipo di baratto.

Eni e Repsol hanno utilizzato lo schema “benzina per greggio”, finora consentito dagli americani, come forma di ripagamento dei debiti che PDVSA possiede nei loro confronti. Le due compagnie partecipano con una quota del 50 per cento ciascuna alla produzione nel giacimento di gas offshore di Perla, nel golfo del Venezuela.

L’AVVICINAMENTO ALL’IRAN

L’isolamento internazionale promosso dagli Stati Uniti ha favorito l’avvicinamento del Venezuela all’Iran, altro grande avversario dell’amministrazione Trump nei confronti del quale è stata applicata una simile strategia di “massima pressione”.

Domenica scorsa Maduro ha ringraziato Teheran per l’aiuto offerto a Caracas nell’aggirare le sanzioni americane e nel rimettere in sesto l’industria petrolifera nazionale, praticamente al collasso. L’Iran ha infatti inviato al Venezuela sia delle navi cariche di benzina, sia pezzi di ricambio per riparare le malmesse raffinerie della PDVSA.

Maduro ha anche detto che il Venezuela potrebbe acquistare missili dall’Iran. Non è chiaro se si tratti di un avvertimento verbale a Washington destinato a non concretizzarsi, oppure se Caracas abbia davvero intenzione di far progredire sul piano militare il rinato “asse” con Teheran.

Il Venezuela e l’Iran sono entrambe in crisi economica, aggravata dalle sanzioni americane, e non sono in grado di minacciare gli Stati Uniti. Washington però mantiene alta l’attenzione: il Sudamerica non sarà una priorità, ma vuole evitare qualsiasi minaccia alla propria egemonia sulla regione.

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