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Trivelle, i probabili scenari sull’estrazione di gas in Italia

Grazie al decreto annunciato dal ministro Pichetto e in arrivo a settembre, potrebbero ripartire le estrazioni, con l’attività delle trivelle concentrata soprattutto nel Canale di Sicilia e nel Medio Adriatico

Il mare davanti al Delta del Po resta aperto alle trivelle. Il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, pochi giorni fa alla Camera aveva chiesto se per le trivelle in mare ci fosse stato un dietrofront, ma la risposta è stata che, ad oggi, trivellare si può. Le attuali norme infatti consentono le estrazioni: come ha spiegato il sottosegretario, Claudio Barbaro, “l’articolo 4 del decreto-legge 176 del 2022, Aiuti-quater, “consente la coltivazione di idrocarburi in aree dell’Alto Adriatico nel tratto di mare tra il 45esimo parallelo e quello passante per la foce del Po di Goro, ad una distanza dalla costa superiore alle 9 miglia e con un potenziale minerario di gas superiore a 500 milioni di metri cubi, a valle della presentazione di analisi tecnico-scientifiche e programmi dettagliati di monitoraggio, che escludano “effetti significativi di subsidenza sulle linee di costa”.

IL DECRETO AIUTI QUATER SULLA COLTIVAZIONE DI IDROCARBURI

L’articolo 4 del decreto Aiuti quater permette anche il rilascio di nuove concessioni per la produzione di gas tra le 3 e le 12 miglia, anche in questo caso solo nei siti caratterizzati da elevato potenziale minerario, con una riserva certa superiore a 500 milioni di metri cubi. “Tra le 9 e le 12 miglia, però – ha aggiunto Barbaro parlando alla Camera – ad oggi non è in istruttoria presso il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica alcuna istanza di concessione, mentre vi sono 5 permessi di ricerca”.

PICHETTO: IN ARRIVO DECRETO PER ESTRAZIONE GAS

L’estrazione del gas nel Mar Adriatico potrebbe riprendere slancio grazie al decreto previsto a settembre. Dopo l’opposizione da parte del Veneto del governatore Luca Zaia, lo scorso dicembre, ora il tema è stato rilanciato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Durante il primo Forum delle energie rinnovabili Renewable Thinking, a Saint-Vincent, Pichetto ha dichiarato che “i primi giorni di settembre presenterò un decreto energia che conterrà una serie di interventi assolutamente da fare per riordinare il quadro energia. Significa correggere una serie di cose e adeguarle ai tempi”.

Tra gli interventi, ha spiegato il ministro, vi sarà anche “l’opportunità di utilizzare anche i giacimenti di gas dei nostri territori, altrimenti in alcune realtà, come nell’Adriatico, corriamo il rischio che peschino solo altri Paesi”.

IL PARERE DEI GOVERNATORI ZAIA, EMILIANO E BONACCINI SULLE TRIVELLE

Lo scorso dicembre, però, lo stop di Zaia – che aveva denunciato i gravi danni ambientali arrecati negli anni dalle trivelle al largo delle coste del Polesine, aveva portato all’istituzione di un tavolo tecnico fra ministero e Regione, mettendo il tema in stand-by. Da Zaia ora non sono giunti commenti alle dichiarazioni di Pichetto. Nei mesi scorsi aveva ribadito la sua contrarietà il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il governatore emiliano, Stefano Bonaccini, aveva chiesto di estrarre di più dalle trivelle esistenti, senza aprire nuovi pozzi. Contrarissime, da sempre, sono le associazioni degli ambientalisti, come Legambiente a Greenpeace.

LE TRIVELLE ATTIVE IN ITALIA

Secondo i dati di Assorisorse, in Italia vi sono circa 90 trivelle attive attualmente, in 15 regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto. Il 70% dei pozzi sono gestiti da Eni e il 16% da Shell, ma in campo ci sono anche Edison e società minori. Le trivelle a terra sono concentrare in Lombardia, Emilia-Romagna e sulla costa adriatica fino a Puglia, Basilicata, Calabria e in varie zone della Sicilia. In mare, il gas si trova soprattutto a Venezia fino al Molise e al largo di Brindisi. C’è infine un giacimento di fronte a Crotone e diversi campi nel Canale di Sicilia, di fronte a Gela.

LE AREE ESTRATTIVE PIU’ PROMETTENTI

Le aree in cui potrebbero ripartire le estrazioni sono quella del Canale di Sicilia e del Medio Adriatico, mentre l’area dell’Adriatico Settentrionale al momento è vincolata. In mare, su 45.345 miliardi di metri cubi, ce ne sono 13.474 davanti a Veneto e Romagna, 12.492 davanti a Marche, Abruzzo e Molise e 19.379 davanti a Puglia, Calabria e Sicilia. In Sicilia i giacimenti Argo e Cassiopea di Eni hanno già ottenuto l’autorizzazione, ma non raggiungeranno piena operatività prima del 2024.

Secondo le stime di Nomisma Energia, dai lidi ferraresi alle Marche si potrebbero rimettere in funzione circa 50 piattaforme, in grado di fornire circa 3 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

La riserva più consistente è quella di Goro, a nord del Po, dove le perforazioni sono vietate per il rischio che il fondo marino si abbassi. Secondo gli esperti, però, le nuove tecnologie potrebbero minimizzare i rischi, con la produzione annua che potrebbe arrivare ad oltre 1 miliardo di metri cubi.

Un’azione che si potrebbe fare in tempi relativamente brevi è rimettere in sesto gli impianti e ridare vita ai giacimenti spompati, molti dei quali sono rimasti fermi per paura degli effetti del Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee). In attesa della nuova normativa, i produttori hanno preferito non investire per timore che i loro fondi andassero sprecati. Una scelta che sta avendo delle ricadute sulla produzione del gas, poiché i giacimenti fermi perdono il 15% di capacità produttiva ogni anno. Quindi, onde evitare che nel giro di pochi anni si dimezzi, è necessario far ripartire le manutenzioni.

TRIVELLE, I PIANI SUL GAS DEL GOVERNO MELONI

Della necessità di far ripartire la produzione italiana di gas aveva parlato già diversi mesi fa il premier Giorgia Meloni: lo scorso ottobre disse infatti che “dalla crisi energetica può nascere un’occasione, abbiamo il dovere di sfruttare a pieno i giacimenti di gas nei nostri mari”. Un’azione che passa anche dalla revisione del cosiddetto Pitesai, il “piano trivelle”, uno degli obiettivi dell’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e che ora è in mano al suo successore, Pichetto Fratin.

Riaggiornare la mappa delle zone idonee all’estrazione di idrocarburi consentirebbe di portare la produzione italiana di gas da 3,3 a circa 6 miliardi di metri cubi l’anno entro il 2025 e oltre 7 negli anni successivi. L’Italia ha riserve di metano per circa 112 miliardi di metri cubi, fra mare e terra: 45,775 miliardi certi, 45,901 probabili, 19,912 possibili.

I DATI SULLE ESTRAZIONI DI GAS E SUGLI STOCCAGGI

Nel 2020 l’Italia ha estratto 4,4 miliardi di metri cubi di gas, con un decremento dell’11% rispetto alla produzione 2019, contribuendo al fabbisogno nazionale per circa il 6%. Nel 2021 si è fatto anche meno, con la produzione nazionale che è stata di 3,5 mld di mc. Per fare un paragone, nel 2000 la produzione di gas rappresentava il 20% dei consumi italiani.

Per quanto riguarda la situazione complessiva del gas nel nostro Paese, Pichetto ha sottolineato che “gli stoccaggi sono a buon punto”, aggiungendo però che, nel medio periodo, una quota dovrà essere assicurata dai rigassificatori per evitare che l’Algeria – importante fornitore del nostro Paese – sia troppo decisiva e per poter contare su altre fonti di approvvigionamento.

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