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Tutti i danni ambientali in Italia

Sono Sicilia, Puglia e Campania le regioni con il maggior numero di reati ambientali registrato.  Dove per danno ambientale si intende deterioramento, significativo e misurabile, provocato a specie e 
habitat protetti, a fiumi e laghi o al suolo.

A delineare la mappa di terre, fiumi e laghi feriti è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), durante il convegno “Il danno ambientale: prevenzione e riparazione in un Sistema a rete”, organizzato a Roma il 27 Novembre per fare il punto della situazione a 12 anni dall’entrata in vigore del cosiddetto Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006). La Parte VI del provvedimento in questione, infatti, recepiva la direttiva europea 2004 “sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale”, istituendo il primo quadro giuridico sul principio «chi inquina paga».

LA RETE OPERATIVA PER IL DANNO AMBIENTALE

Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente – SNPA (costituto da Ispra e dalle Agenzie regionali per conto del Ministero dell’ambiente), ha istituito nel 2017 la “Rete operativa per il danno ambientale”, per elaborare in maniera omogenea su tutto il territorio le fasi istruttorie dei casi di potenziale danno, valutando le azioni per la riparazione e la prevenzione. Ciò con l’obiettivo di permettere, un’ efficace individuazione ed attuazione delle misure di riparazione delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici danneggiati e delle misure di prevenzione del danno ambientale.

I NUMERI

Sono 217 in totale tra il 2017 e il 2018 i casi di danno ambientale distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Un numero totale in costante aumento negli anni per effetto delle crescenti indagini giudiziarie e di una più diffusa sensibilità pubblica verso le tematiche ambientali.

Si va dall’incidente della Costa Concordia alle discariche di Giugliano in Campania o quella di Bellolampo a Palermo, dalla Valle del Sacco nel Lazio allo sversamento di idrocarburi nel fiume Polcevera.

La maggior parte delle istruttorie per danno ambientale è oggi associata a illeciti compiuti nella gestione dei rifiuti (41%), violazioni in materia di edilizia e paesaggio (19%) e scarichi fuori norma (5%). Un 8% è legato ai cosiddetti ‘ecoreati’ individuati della recente legge n. 68/2015 (disastro ambientale, inquinamento, omessa bonifica), nonché a illeciti relativi alle emissioni in atmosfera, in materia di bonifiche o di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale).

Nel complesso i 217 casi si dividono in due categorie, a seconda del tipo di intervento: i più (184) si inseriscono in procedimenti giudiziari per reati ambientali finendo in tribunale, con la possibilità per il Ministero di richiedere la riparazione del danno; gli altri 33 sono, invece, casi extra-giudiziali che si avviano quando enti pubblici, cittadini, comitati o associazioni ambientaliste richiedono, attraverso le prefetture, l’intervento governativo denunciando potenziali danni all’ambiente.

L’IMPIANTO NORMATIVO

A fronte dei numeri elevati, la notizia positiva è che “finalmente è stata censita una buona parte di danno del Paese”, commenta il presidente dell’Ispra Stefano Laporta, secondo cui l’incremento è frutto anche del “miglioramento dell’impianto normativo: ora abbiamo fattispecie più specifiche grazie alla legge 68 sugli ecoreati”.

Ad oggi restano, tuttavia, da affrontare alcuni importanti temi, come per esempio stabilire i criteri per definire la procedura amministrativa, la copertura assicurativa del danno, i criteri di accertamento e quelli di riparazione.
Tra le regioni la maglia nera va alla Sicilia con 38 casi registrati. Seguono la Campania e la Puglia, entrambe con 25, e la Toscana con 18. In Lombardia se ne contano 16, nel Lazio e in Abruzzo 11 a testa, in Piemonte 10.

Ma dopo 10 anni di applicazione della norma – spiega Antonio Guariniello, responsabile dell’Area Accertamento, Valutazione e Riparazione del danno ambientale presso Ispra – “vi sono ancora una serie di questioni applicative e procedurali che rimangono aperte e che dobbiamo affrontare”. Sul fronte dell’intervento giudiziario infatti, vi è un inevitabile rallentamento delle tempistiche: la durata del procedimento è incompatibile con le azioni di prevenzione della minaccia imminente di danno ambientale o del danno già avvenuto. Per le azioni in sede amministrativa la difficoltà rimane quella di avviare una procedura interamente gestita dall’amministrazione in assenza di criteri definiti per l’accertamento del danno o della minaccia di danno e di quelli per determinare le misure di riparazione.

IL FOCUS DEL PROF. GUARINIELLO

QUESTIONI APERTE IN MATERIA DI DANNI AMBIENTALI

Il danno ambientale previsto dalla parte sesta del Dlgs 152/2006 rappresenta un danno fonte di responsabilità civile e di obblighi di riparazione verso lo Stato. Esistono alcune fattispecie che presentato punti di collegamento con il danno ambientale.  È necessario:

-evitare le sovrapposizioni con tali fattispecie,

– utilizzare le interazioni con tali fattispecie. In particolare:

– la bonifica dei siti contaminati (parte quarta del Dlgs 152/2006),

– gli ecoreati di inquinamento e disastro ambientale (art. 452 bis e 452 quater c.p.),

– la procedura estintiva dei reati ambientali (parte sesta-bis del Dlgs 152/2006).

La bonifica dei siti contaminati (parte quarta del Dlgs 152/2006): – prevede interventi finalizzati a rispettare concentrazioni soglia di sostanze inquinanti in suoli e acque sotterranee o finalizzati alla messa in sicurezza (di emergenza, permanente o operativa) del sito, – si sviluppa attraverso una procedura amministrativa gestita da enti territoriali e, in caso di SIN (Siti di Interesse Nazionale), dallo Stato. Sovrapposizioni e interazioni: – il danno al terreno corrisponde in massima parte alla contaminazione oggetto di bonifica, – il danno alle acque non corrisponde alla contaminazione oggetto di bonifica, – il danno a specie, habitat e aree protette non é considerato in sede di bonifica. La procedura di bonifica può consentire di raggiungere le stesse finalità delle misure di riparazione del danno al terreno e, attraverso la fase della caratterizzazione, può fornire elementi utili per la valutazione e la riparazione del danno alle acque sotterranee.

La procedura di messa in sicurezza di emergenza può consentire di raggiungere le stesse finalità delle misure di prevenzione del danno al terreno e alle acque sotterranee e, più in generale, di confinare le fonti di inquinamento che possono avere effetti su tutte le risorse naturali rilevanti ai sensi della parte sesta del Dlgs 152/2006.

Il reato di inquinamento (articolo 452 bis c.p.) punisce chi “abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna”. Il reato di disastro ambientale (articolo 452 quater c.p.) punisce fattispecie più gravi come “l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, …”. Sovrapposizioni e interazioni: – Si prevede, come per il danno ambientale, una soglia minima costituita dai requisiti di significatività e misurabilità,
– Sono considerate anche risorse non associate al danno ambientale (aria, flora e fauna non aventi speciale tutela, acque non soggette alla dir. 2000/60, assetto territoriale, ecc.). La presenza di un ecoreato non corrisponde automaticamente alla presenza di un danno ambientale e viceversa. Le indagini giudiziarie in materia di ecorati possono tuttavia consentire di disporre di elementi utili per valutare se sussistano anche danni ambientali.

La procedura estintiva dei reati ambientali (parte sesta-bis del Dlgs 152/2006) prevede la possibilità di estinguere la contravvenzioni del Dlgs 152/2006 che non hanno cagionato un danno o un pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. Sovrapposizioni e interazioni: – la norma utilizza locuzioni che richiamano tipiche categorie di classificazione dei reati (“reati di danno”, “reati di pericolo concreto”, classificazione fondata sull’idoneità del fatto a ledere o mettere in pericolo il bene tutelato dalla norma penale), – tali locuzioni prevedono, per definizione, una soglia lesiva inferiore a quella degli eco-reati ed a quella del danno ambientale, ove si devono provare la significatività e requisiti come la perdita dello stato di qualità delle acque, la contaminazione dei suoli, ecc., – la procedura estintiva si applica anche a risorse non associate al danno ambientale ed a beni diversi dalle risorse ambientali (urbanistica, paesaggio, ecc.). La presenza di un danno ambientale esclude la procedura estintiva ma rappresenta solo una delle ipotesi in cui vi é un danno o un pericolo concreto e attuale di danno a risorse ambientali (fattispecie avente una soglia lesiva inferiore).

L’azione in sede giudiziaria. Fino ad oggi, in Italia, l’azione di riparazione statale ha avuto luogo, nella maggior parte dei casi, in sede giudiziaria (costituzione di parte civile nel giudizio penale, attivazione di cause civili, ammissione al passivo, ecc.). Aspetti positivi dell’opzione: possibilità di disporre di un titolo esecutivo costituito dalla sentenza favorevole e, in caso di costituzione nel giudizio penale, possibilità di fruire del materiale probatorio dell’indagine penale. Aspetti negativi dell’opzione: durata del procedimento (che non è compatibile con l’azione di prevenzione e che differisce di anni l’epoca della riparazione) e, in caso di costituzione nel giudizio penale, difficoltà di ottenere una statuizione civile diversa dalla condanna generica alla riparazione del danno. L’esperienza relativa all’azione di danno ambientale in sede giudiziaria indica che solo in limitati casi è stato possibile ottenere una condanna all’esecuzione di specifiche misure di riparazione.

L’AZIONE IN SEDE AMMINISTRATIVA

Il Dlgs 152/2006 ha previsto una nuova procedura amministrativa di danno ambientale che può essere attivata dall’operatore o dal Ministero dell’ambiente con ordinanze ministeriali che prescrivono accertamenti o misure di prevenzione o riparazione. Aspetti positivi dell’opzione: possibilità di un’interlocuzione con l’operatore e con gli enti territoriali per organizzare in contraddittorio l’accertamento del danno o della minaccia di danno e l’individuazione di misure di riparazione/prevenzione attuabili in concreto sul territorio.
Aspetti negativi dell’opzione: difficoltà ad attivare e sviluppare una procedura gestita direttamente dalla pubblica amministrazione in assenza di criteri certi di accertamento del danno e della minaccia di danno e di criteri certi per la determinazione delle misure di riparazione ed in assenza di una regolamentazione di dettaglio delle fasi procedurali e di interlocuzione con l’operatore e gli enti territoriali.

QUESTIONI APERTE NELL’ACCERTAMENTO DEL DANNO E DELLA MINACCIA DI DANNO

La parte sesta del Dlgs 152/2006 non fornisce criteri certi per accertare se, nelle specifiche situazioni notiziate al Ministero dell’ambiente per l’avvio della procedura amministrativa, sussista un danno o una minaccia di danno. In particolare, nella fase seguente alla notizia, é molto difficile provare la sussistenza di un danno significativo a specie ed habitat (danno da individuare alla luce di complessi criteri di vitalità, diffusione, propagazione, ecc.), allo stato di qualità dei corpi idrici (stato che si definisce solo attraverso una complessa procedura di monitoraggio e classificazione su base pluriennale), ecc.

PROSPETTIVE FUTURE

Il sistema SNPA ha avviato un’attività tecnico/scientifica di ricostruzione dei criteri per la determinazione delle misure di riparazione complementare e compensativa , criteri per attribuire un valore alla “portata” delle misure. Tale ricostruzione può risultare utile anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 311, comma 3, del Dlgs 152/2006 che prevede l’adozione di un decreto sui criteri delle misure di riparazione complementare e compensativa dell’articolo 299 del Dlgs 152/2006 che prevede l’adozione di un decreto sui criteri delle attività istruttorie per l’accertamento del danno ambientale.

QUESTIONI APERTE NELLA SCELTA DELLE MISURE DI RIPARAZIONE DEL DANNO

La parte sesta del Dlgs 152/2006 non fornisce criteri certi per individuare (in particolare, in sede amministrativa) le misure di riparazione “complementare” e “compensativa”, misure da determinare sulla base di una equivalenza tra le risorse ed i servizi perduti e le risorse ed i servizi da fornire con la riparazione (“portata delle misure di riparazione”).

Riparazione complementare: riparazione dei danni attuali da realizzare in siti alternativi nei casi e nella misura in cui la riparazione primaria (ripristino) non sia possibile.

Riparazione compensativa: riparazione dei danni temporanei con ulteriori miglioramenti delle risorse naturali in aggiunta alle misure di riparazione primaria o complementare.
Prospettive future.

Il sistema SNPA ha avviato un’attività tecnico/scientifica di ricostruzione dei criteri per la determinazione delle misure di riparazione complementare e compensativa , criteri per attribuire un valore alla “portata” delle misure. Tale ricostruzione può risultare utile anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 311, comma 3, del Dlgs 152/2006 che prevede l’adozione di un decreto sui criteri delle misure di riparazione complementare e compensativa.

QUESTIONI APERTE SUL PIANO PROCEDURALE E ISTITUZIONALE

La parte sesta del Dlgs 152/2006 non prevede una regolamentazione di dettaglio delle fasi procedurali e di interlocuzione con l’operatore e con gli enti territoriali nell’ambito della procedura amministrativa di danno ambientale (attivabile dall’operatore o dal Ministero dell’ambiente). Tale assenza si traduce in una assenza di garanzie e certezze procedimentali che pregiudica l’efficace utilizzo dell’opzione amministrativa.

LE COSE DA FARE

È importante avviare un percorso legislativo diretto ad introdurre una regolamentazione di dettaglio della procedura amministrativa di danno ambientale, nell’ambito della quale:

– assicurare all’operatore e al Ministero la certezza del percorso che seguirà all’attivazione e la conoscibilità dei possibili esiti,

– assicurare ad operatori, Ministero ed enti territoriali un preciso meccanismo istituzionale di interlocuzione per accertare in contraddittorio l’entità del danno o della minaccia di danno e realizzare misure di riparazione/prevenzione autorizzabili e controllabili sul territorio,

– promuovere l’assicurabilità del danno ambientale affinché l’esistenza di tale garanzia e della conseguenti coperture possa aumentare l’efficacia della procedura amministrativa.

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