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Gare Gas

Chi guadagna dalla crisi del gas?

La crisi energetica accelerata e aggravata dall’invasione russa dell’Ucraina è complessa, è un puzzle composto da tanti elementi. Tanti quanti quelli necessari per cercare di risolverla. Un’operazione lunga che sta impegnando tutta l’Europa, Gran Bretagna compresa 

Sabato, Gazprom ha comunicato lo stop al gasdotto Nord Stream aggiungendo carne al fuoco alle ritorsioni e allo scontro a distanza tra il Cremlino e Bruxelles. Si parla, nel Vecchio Continente, della necessaria (ormai quasi obbligatoria) ipotesi di fissare un tetto al prezzo delle forniture moscovite. Perché se sulle sanzioni alla Federazione di Putin funzionano ma non quanto sperato, occorre spezzare del tutto il monopolio russo sull’export anche a livello economico. Anche se è vero che tra ricatti e nuovi partner energetici per gli Stati membri, l’apporto di gas dalla Russia è andato progressivamente diminuendo. Meno, paradossalmente (per l’Italia), quello del petrolio.

CHI GODE IN QUESTA CRISI ENERGETICA: USA E QATAR

E allora, se non guadagna più neanche Mosca, chi sorride in mezzo alla bufera?

Ci sono gli Stati Uniti, anzitutto. Perché Washington è un attore di primo piano nell’export di gas naturale liquefatto, Bruxelles ne importa il 60% in più rispetto a prima e la maggior parte arriva dal Paese a stelle e strisce. Anche se fino a novembre si soffrirà dello stop all’impianto di Freeport. C’è anche Pechino. Perché da un lato la Russia sta spostando i suoi orizzonti di vendita dell’energia verso est, dall’altro la Cina sta pian piano affermandosi come esportatore. Con un 7% di export di gas via nave da gennaio a giugno verso l’Europa. Poi c’è il Qatar, attivo per progetti a lungo termine anche con Eni: obiettivo aumentare la capacità di export di GNL da 77 milioni di tonnellate per anno (Mtpa) nel 2017 a 126 Mtpa nel 2027.

I CASI DI OLANDA E NORVEGIA

Guardando ai confini continentali, invece, il mirino è puntato su Olanda e Norvegia. Nel primo caso la questione principale è quella del mercato del Ttf dove “si fa” il prezzo del gas. Sono giorni che impazzano le accuse di speculazioni e guadagni maggiorati. D’altra parte, però, è uno snodo centrale per il mercato europeo che consente il trasferimento del gas tramite metanodotti tra Paesi come Francia, Germania, Norvegia, Italia e Gran Bretagna. Le scommesse degli hedge fund sulla borsa Ttf hanno creato una scarsità artificiale di gas e portato i prezzi a un livello insostenibile, ben prima della guerra in Ucraina. Che però ha messo in primo piano anche questo lato della partita energetica. Dove pesano i contratti a lungo termine e dove sarebbe necessario raggiungere l’intesa al price cap. La data cruciale sarà il 9 settembre, forse.

Sul fronte delle esportazioni, invece, sorride la Norvegia. “Quest’estate abbiamo consegnato ciò che di solito avremmo consegnato nei mesi invernali”, ha detto il CEO di Gassco Frode Leversund in un’intervista. Le consegne quest’anno sono già aumentate dell’equivalente di 60 terawatt ore, o 4,97 miliardi di metri cubi (bcm) di gas, secondo le cifre di Gassco citate da Reuters. “La Norvegia è ancora destinata a consegnare un nuovo record annuale di oltre 117 bcm di gas attraverso i suoi gasdotti nel 2022, rispetto ai 113.2 bcm dell’anno scorso”, ha aggiunto Leversund.

IL CASO BASILICATA

Infine, non si può non toccare il caso Basilicata. Unica regione ad essere esentata dai rincari in bolletta. Oggetto del caso è la legge regionale intitolata Misure di compensazione ambientale per la transizione energetica ed il ripopolamento del territorio lucano, firmata dal presidente di regione Vito Bardi. Che al primo articolo dice: “La Regione dispone la valorizzazione del gas naturale, acquisito in sede di negoziati in materia di compensazione ambientale con le concessionarie degli impianti estrattivi di idrocarburi, consentendo l’erogazione gratuita mediante rimborso della componente energia del prezzo del gas fornito per le utenze domestiche dei residenti in regione”. Ma chi pagherà quanto evitato ai cittadini?

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