Che cosa ha ribadito il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin sulle prossime mosse
Il tema del nucleare è sempre più in primo piano nel dibattito sulle strategie energetiche dei Paesi nell’ambito della transizione a un mondo senza emissioni. Se ne è discusso anche alla Cop28, che tra oggi e domani (e forse dilungandosi anche oltre) cercherà di arrivare alle conclusioni nel documento finale dopo quasi due settimane di incontri, promesse e patti (i fondi per le perdite e i danni, il Global Stocktake) ma anche tante contraddizioni. Anche l’Italia sta provando a dire la sua nella partita del nuovo nucleare, come ha ribadito oggi a Repubblica il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.
IL NUCLEARE A COP28
Partiamo dalle decisioni prese a Dubai, alla conferenza mondiale delle parti sul clima. Ne abbiamo ampiamente scritto nei giorni scorsi anche su Energia Oltre. Sabato 2 dicembre, infatti, ventidue Paesi hanno sostenuto l’approvazione della Declaration to Triple Energy by 2050 (triplicare la produzione energetica da nucleare), che riconosce il ruolo chiave dell’energia nucleare nel raggiungimento dell’obiettivo net zero. Ci sono anche gli Stati Uniti, dove questa fonte fornisce il 18% dell’elettricità. Mancava l’Italia, anche se non certo le aziende italiane protagoniste sul nucleare.
Riguardo a quanto deciso negli Eau, il premier belga Alexander De Croo ha annunciato che organizzerà a marzo prossimo, insieme all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), il primo vertice mondiale sul nucleare. Obiettivo: raggiungere a metà del secolo gli obiettivi di zero emissioni nette.
“Un ostacolo significativo è il finanziamento”, ha scritto il New York Times smorzando l’entusiasmo dei sostenitori del nucleare d’oltreoceano. Il quotidiano della Grande Mela ha ricordato il recente fallimento di un progetto di piccoli reattori nell’Idaho, frenato proprio dall’aumento dei costi da 5,3 a 9,3 miliardi di dollari per via di inflazione e tassi d’interesse. Anche per questo, l’impegno preso a Dubai coinvolge a pieno titolo non solo i suddetti Paesi ma anche le istituzioni finanziarie come la Banca Mondiale proprio per sostenere questi investimenti.
L’accordo preso dai 22, poi, prevede anche sforzi per estendere la vita degli impianti esistenti – circa 200 dei 420 reattori nel mondo che dovrebbero essere dismessi prima del 2050, ricordava Reuters – e il sostegno a nuove tecnologie come i piccoli reattori modulari (Small Modular Reactors).
LA STRATEGIA ITALIANA
Quanto alle mosse del nostro Paese, a settembre è stata lanciata la piattaforma nazionale sul nucleare. Un ente sul quale ha spinto parecchio lo stesso ministro Pichetto Fratin e che prevede la partecipazione di enti pubblici di ricerca, di esponenti del mondo delle università, di associazioni scientifiche, di soggetti pubblici operanti nel settore della sicurezza nucleare e del decommissioning, nonché di imprese che hanno già in essere programmi di investimento nel settore nucleare, nella produzione di componenti e impianti e nelle applicazioni mediche nel settore nucleare.
Nel calendario di questo percorso c’è la scadenza della prossima primavera: tra marzo e aprile, infatti verranno finalizzate le proposte e stilato un documento strategico che illustri le fasi successive: cosa fare, entro quando, con quali risorse, quali investimenti. Un percorso questo, ambizioso ma del quale sono poco chiari ancora oggi i contorni. Le riunioni, dopo settembre, non sembrano essere andare avanti e gli unici punti fermi ad oggi restano le aziende quali Eni, Ansaldo Nucleare, il centro di ricerca Enea, Enel.
“Non sono certa che oggi, cominciando da capo, ricominciando da capo sul tema del nucleare, l’Italia non si troverebbe indietro ma, se ci sono evidenze del fatto che noi si possa invece avere un risultato positivo, sono sempre disposto a parlarne”. A parlare così è stata la premier Meloni da Dubai, nel corso del punto stampa a chiusura della sua due giorni emiratina conclusa sabato 2 dicembre. “Credo piuttosto che la grande sfida italiana, anche se è un po’ più in là da venire, però senza visione non si va da nessuna parte, sia il tema della fusione nucleare. La fusione nucleare, che potrebbe essere la soluzione domani di tutti i problemi energetici, delle crisi che nascono dalle questioni energetiche, è una di quelle tecnologie sulla quale l’Italia è più avanti di altri”.
Parlando al Messaggero, recentemente, il ministro delle Infrastrutture e del Made in Italy Adolfo Urso ha detto che siamo indietro come Paese ma che le aziende nostrane hanno lavorato all’estero investendo molto. Enel e Ansaldo Nucleare, in questo senso, sono attori protagonisti, ha ricordato il ministro citando i loro progetti in Spagna, Romania. Così come è da tener presente il lavoro di ricerca di Eni e delle “numerose imprese impegnate sul nucleare di terza avanzata e di quarta generazione”. Obiettivo dell’Italia? “Accelerare sulla fusione nucleare per centrare l’obiettivo nel 2050”. Per fare questo è allo studio un piano interministeriale con il Mase di Pichetto Fratin, che superi la logica governativa. “La terza generazione avanzata, con i piccoli reattori modulari, dovrebbe essere pronta nel 2030, mentre la quarta forse nel 2040”, ha annunciato Urso.
GILBERTO PICHETTO FRATIN ESCLUDE NUOVE CENTRALI
Il ministro Pichetto Fratin, invece, rimane saldamente ottimista sul ruolo dell’Italia nel nucleare. Già la scorsa settimana, intervenendo a un evento dell’Ain, l’associazione italiana nucleare, aveva detto che “dopo oltre un decennio di blocco, nel 2011 ultima volta che se ne era parlato, c’era quasi un divieto a occuparsene. E anche alla stesura del Pniec c’era il dubbio se inserire o meno il nucleare. Come noto io ero e sono favorevole. Dopo decenni di narrazione ci troviamo di fronte a un fatto, cioè che anche in seno all’opinione pubblica c’è presa di coscienza che aumenta di giorno in giorno”. Ricordando che “come governo, valuteremo la nostra partecipazione alla decisione di triplicare la produzione nucleare al 2050, accogliamo la decisione del Belgio di ospitare a marzo 2024 il summit sul nucleare. Siamo aperti a tutti gli obiettivi tecnologici per condizioni per diventare produttori di energia rinnovabile da fonte nucleare. Stiamo andando avanti come governo: con mission innovation, abbiamo stanziato 135 milioni per nucleare per ricerca sugli smr e tutto questo è una valutazione che viene fatta con Enea, coinvolge la piattaforma sul nucleare, suddivisa in gruppi e che inizia a lavorare. Collaboriamo anche con Edf, con Ansaldo nucleare, con l’Ain, con Eni che lavora negli Usa. Impegno a tutto tondo del nostro Paese sia sulla ricerca che sul fronte aziendale, produttivo. Il percorso da intraprendere è accompagnare e dare i giusti indirizzi, al governo, al Parlamento, sull’evoluzione che nel nostro Paese si sta seguendo sul sistema nucleare”. Escludendo la realizzazione di nuove centrali. “Anche Greta Thunberg adesso è per il nucleare. Si crea occupazione alta e per gli oneri di salute dei vari settori energetici la fonte che stiamo studiando è quella che ha il minor impatto”, aveva aggiunto il ministro.
Intervistato oggi da Repubblica, prima del bilaterale con il ministro dell’Energia saudita Abdulaziz bin Salman, Pichetto Fratin ha ribadito sostanzialmente le stesse idee. “Noi non costruiremo mai nuove centrali nucleari in Italia. Lo Stato non realizzerà reattori, saranno eventualmente i distretti industriali o le singole aziende energivore a dotarsi di piccoli reattori modulari di quarta generazione. Lo Stato si limiterà a essere un soggetto regolatore. La Piattaforma che abbiamo lanciato continua a lavorare e non si occupa solo di fissione ma anche di fusione”, ha chiarito ancora una volta.
IL PIANO MATTEI: GILBERTO PICHETTO FRATIN PUNTA SUL SUD
Pichetto Fratin ha quindi rilanciato anche il ruolo dell’Italia come hub del gas dal sud Europa, progetto perno del cosiddetto Piano Mattei. “L’Italia diverrà centrale, perché il gas arriverà da Sud invece che da Nord: saremo probabilmente noi che lo dovremo fornire a Paesi come l’Austria, la Germania o l’Ungheria. Questo significa incrementare, con il piano RePower Eu, i nostri gasdotti”.
Anche nella sua intervista sulle pagine dell’inserto economico del lunedì del Corriere: “il Piano Mattei è quanto di più diverso da uno slogan possa esistere. È un’affermazione del ruolo politico dell’Italia al centro del Mediterraneo, ponte verso la Sponda Sud. È la costruzione del futuro del nostro Paese, snodo energetico tra gli Stati del Nordafrica e l’Europa. Oggi nelle tubature transita metano, e avere fornitori diversi dalla Russia ci ha salvato. Domani potranno trasportare l’idrogeno verde prodotto dalle rinnovabili nel Mezzogiorno o nei Paesi nostri dirimpettai mediterranei. Tutto ciò, però, ed è questa la cifra del Piano Mattei, in modo non predatorio ma equo, creando sviluppo e benessere per le popolazioni dei Paesi fornitori”.