I prezzi del petrolio scendono mentre l’eccesso di scorte globali viaggia verso un nuovo record. Tutti gli occhi sono puntati sul vertice in Alaska tra Trump e Putin. I dazi Usa mettono l’India sotto pressione. I Big dell’energia speculano sulla volatilità dei prezzi con le batterie. I fatti della settimana di Marco Orioles
Secondo la Bloomberg Energy Daily Newsletter di ieri, i prezzi del petrolio sono scesi a causa di un aumento maggiore del previsto delle scorte di greggio negli Stati Uniti e di un rapporto ribassista dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). Il West Texas Intermediate (WTI) è calato dello 0,8%, chiudendo sotto i 63 dollari al barile in una sessione di trading estiva caratterizzata da volumi ridotti. Le scorte di greggio Usa sono aumentate di circa 3 milioni di barili la settimana scorsa, raggiungendo il livello più alto in due mesi, secondo i dati governativi. Inoltre, l’IEA ha previsto un eccesso record di scorte globali di petrolio per il 2026, previsione rafforzata anche dal governo statunitense. In questo contesto, l’attenzione dei trader è rivolta al vertice di venerdì in Alaska tra il presidente Usa Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin, incentrato sulla possibile fine della guerra in Ucraina. Trump ha minacciato “conseguenze molto severe” se Putin non accetterà un cessate il fuoco, mentre il presidente ucraino Zelensky ha escluso la cessione della regione del Donbass, una delle condizioni poste da Putin, e ha chiesto che Kyiv sia inclusa nei negoziati. L’Ucraina ha rivendicato un attacco a una stazione di pompaggio petrolifera russa, ma l’impatto non è chiaro e non verificabile indipendentemente. I prezzi del petrolio sono calati del 13% quest’anno, con l’OPEC+ che ha accelerato gli aumenti di produzione, anche se i movimenti recenti sono stati più contenuti a causa del basso volume di scambi estivi. I trader monitorano il vertice, poiché un esito positivo potrebbe portare a un allentamento delle sanzioni di Washington sulla Russia, membro dell’OPEC+. “I mercati adottano un approccio attendista in vista dell’incontro Trump-Putin in Alaska,” ha dichiarato a Bloomberg Keshav Lohiya di Oilytics.
INDIA SOTTO PRESSIONE PER ACQUISTI GREGGIO RUSSO, CINA DIETRO ANGOLO
Come riferisce l’Economist, dopo il boicottaggio occidentale del petrolio russo nel 2022, l’India ha colto l’opportunità di acquistare 2,6 milioni di barili al giorno (b/d) di greggio russo a prezzi scontati, passando da importazioni quasi nulle a 2 milioni b/d, pari al 35-40% delle sue importazioni totali di greggio. Questo ha ridotto i costi per la terza economia mondiale e permesso ai raffinatori indiani di esportare carburanti a prezzi pieni, generando profitti significativi. Tuttavia, prosegue l’Economist, il 6 agosto scorso Trump ha imposto un ulteriore 25% di dazi sull’India, accusandola di finanziare la “macchina da guerra” russa con i suoi acquisti di petrolio. Inoltre un disegno di legge al Congresso Usa minaccia tariffe fino al 500% per i paesi che comprano petrolio russo, mentre l’Ue prevede di vietare i prodotti raffinati da greggio russo da gennaio. Le sanzioni americane, rileva il settimanale britannico, mirano a ridurre le entrate petrolifere russe per costringere Putin a fermare l’offensiva in Ucraina, ma un blocco totale potrebbe far salire i prezzi globali del petrolio, creando problemi politici per Trump. I mercati restano calmi, ma l’India, a differenza della Cina, è più vulnerabile alle pressioni Usa, avendo già interrotto gli acquisti di petrolio iraniano in passato. I raffinatori indiani hanno ridotto gli ordini russi del 40-50%, cercando alternative in Medio Oriente, ma la disponibilità di greggio simile al russo “Urals” è limitata. Se le sanzioni fossero immediate, i prezzi globali potrebbero superare gli 80 dollari al barile, danneggiando i margini dei raffinatori indiani. La Cina, meno esposta alle sanzioni, potrebbe trarre vantaggio, acquistando più greggio russo a prezzi ancora più bassi. L’India, rileva l’Economist. potrebbe adattarsi con deroghe graduali, ma a costi più alti, riducendo la sua competitività.
BATTERIE E VOLATILITA’: COME I TRADER DI COMMODITIES SFRUTTANO I PREZZI NEGATIVI
Tre anni fa, racconta Bloomberg, gli analisti di Castleton Commodities International (CCI) hanno iniziato a esplorare come trarre profitto dai prezzi negativi dell’energia in Europa, un fenomeno in crescita dovuto all’eccesso di produzione rinnovabile rispetto alla domanda. L’aumento della produzione di energia solare ed eolica ha causato forti oscillazioni dei prezzi, con valori che scendono sotto zero quando l’offerta supera la domanda e risalgono rapidamente quando vento o sole calano. Questo scenario, ideale per i trader di commodities, ha spinto CCI e altre grandi aziende come Vitol e Trafigura a investire in batterie su larga scala per immagazzinare energia a basso costo e rivenderla a prezzi più alti. CCI, uno dei pionieri tra i trader, ha acquisito partecipazioni in sviluppatori di batterie come S4 Energy BV e Lower 48 Energy BESS, pianificando investimenti tra 600 milioni e un miliardo di dollari entro il 2027 per 10 gigawatt di siti di stoccaggio in regioni ricche di rinnovabili come Regno Unito, Paesi Bassi e Germania. Vitol, attraverso VPI Holding, investirà 450 milioni di euro in 500 megawatt di stoccaggio in Germania, mentre Trafigura, tramite Nala Renewables, punta a 1 gigawatt in Belgio e Finlandia. Come spiega Bloomberg, le batterie, simili a container e spesso posizionate vicino a parchi eolici o solari, permettono di sfruttare le oscillazioni dei prezzi e garantire stabilità alla rete, riducendo sprechi e l’uso di combustibili fossili.
Il calo dei costi delle batterie, scesi del 50% negli ultimi due anni, e il miglioramento tecnologico hanno reso questi investimenti più attraenti, nonostante ostacoli come l’accesso ai siti e le connessioni alla rete. Oltre a CCI, Vitol e Trafigura, anche sviluppatori come Zenobe Energy e grandi utilities come SSE Plc stanno entrando nel mercato, attratte dalla possibilità di profitti nei mercati ancillari e dalla vendita di energia immagazzinata. Con la capacità di stoccaggio in Europa destinata a crescere di sette volte entro il 2030, i trader di commodities vedono nelle batterie un’opportunità per capitalizzare sulla volatilità dei prezzi energetici.