Pichetto conferma lo stop a fine anno ma apre a interventi per la sicurezza del sistema elettrico. Per il sito laziale 28 manifestazioni d’interesse. A Brindisi ipotesi nazionalizzazione?
La scadenza è fissata: il 31 dicembre 2025 terminerà l’autorizzazione ambientale per la produzione di energia elettrica da carbone nelle centrali di Civitavecchia e Brindisi. Una data che segna un passaggio cruciale nella politica energetica nazionale, confermata dalle parole del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto. “È un obiettivo chiaro e consolidato della strategia energetica italiana”, ha dichiarato il ministro, sottolineando la coerenza con il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e con gli impegni europei di decarbonizzazione.
Tuttavia, dietro la conferma ufficiale dello spegnimento, si muove una partita strategica più complessa. Il governo, infatti, sta valutando “con attenzione” la possibilità di evitare una dismissione anticipata che potrebbe mettere a rischio la sicurezza del sistema elettrico nazionale. L’obiettivo è trovare un equilibrio sottile tra sostenibilità ambientale e continuità degli approvvigionamenti, mantenendo, se necessario, gli impianti in una condizione di riserva strategica.
IL FUTURO DI CIVITAVECCHIA: 28 PROPOSTE SUL TAVOLO
Mentre si discute del destino energetico degli impianti, si lavora già al loro futuro industriale. Per l’area dell’ex centrale Enel di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) ha reso noto l’esito della consultazione pubblica conclusasi a giugno. Sono ben 28 le manifestazioni di interesse pervenute per la riconversione e il rilancio del sito. L’iniziativa, coordinata dal sottosegretario Fausta Bergamotto, punta a definire un piano organico di investimenti che verrà formalizzato in un accordo di programma. Il percorso prevede la valutazione tecnica delle proposte, la nomina di un Commissario straordinario per accelerare le procedure e il coinvolgimento di Invitalia per verificare la fattibilità industriale dei progetti.
BRINDISI: L’IPOTESI NAZIONALIZZAZIONE E IL NODO OCCUPAZIONE
Più complessa appare la situazione per la centrale “Federico II” di Cerano, a Brindisi. Con l’avvicinarsi della scadenza del 31 dicembre, che comporterebbe non solo lo stop alla produzione ma anche la fine della concessione portuale per il carbone, si fa strada l’ipotesi di un intervento diretto dello Stato, che potrebbe arrivare addirittura all’acquisto degli impianti per mantenerli in “riserva fredda”, secondo quanto riferito qualche settimana fa dal Quotidiano di Puglia. Un decreto in tal senso potrebbe approdare nell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno. La questione occupazionale resta centrale: il deputato di Forza Italia Mauro D’Attis ha rassicurato sulla tutela dei lavoratori diretti e dell’indotto, ricordando gli impegni assunti da Enel durante i tavoli istituzionali. Anche Confindustria è attiva nella mediazione, con il presidente locale Giuseppe Danese che conferma il lavoro in corso per garantire la continuità lavorativa, in attesa dell’avvio dei cantieri per il nuovo impianto di accumulo (BESS) previsto per aprile 2026.



