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Idroelettrico

Draghi su nucleare mette d’accordo FI e PD, 26 Urso chiederà revisione stop auto, Orsini: confronto con sindacati. Che c’è sui giornali

FI e PD condividono il Rapporto Draghi sul ruolo del nucleare, il 26 settembre Urso chiederà anticipo revisione stop a auto endotermiche, Orsini chiede confronto con sindacati su lavoro, energia, automotive. La rassegna Energia

Il Rapporto Draghi mette d’accordo Forza Italia e Pd sul ruolo del nucleare per aumentare la competitività dell’Ue, Meloni non commenta ma approva. Critici invece M5S e Lega, che lo considera addirittura “un pericolo per l’Italia”. Nel corso del Consiglio Competitività del 26 settembre il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, chiederà di anticipare dal 2026 al 2025 la revisione dello stop alle auto endotermiche dal 2035. Il numero 1 di Confindustria, Emanuele Orsini, sottolinea l’importanza di un confronto con i sindacati per parlare di “lavoro, la tenuta delle filiere industriali, a partire dall’automotive, messa a rischio dallo stop al 2035 del motore endotermico, il salario, la sicurezza, l’energia”. La rassegna Energia

ENERGIA, FI E PD CONDIVIDONO RAPPORTO DRAGHI, LEGA E M5S CRITICI

“È un rapporto che fa discutere a Bruxelles, per il suo tratto radicale, da «ultimo appello» per l’Unione europea, ed è un piano dettagliato per il rilancio della competitività della Ue che fa discutere anche a Roma. A Palazzo Chigi scelgono ufficialmente di non commentare, ma basta ricordare le parole espresse da Giorgia Meloni a Cernobbio, pochi giorni fa, per sentirsi rispondere che la presidente del Consiglio non può che essere d’accordo sulla maggior parte dei suggerimenti di Mario Draghi, a cominciare dalle risorse necessarie per «finanziarie quelle strategie che la Ue individua di continuo ma poi dimentica di perseguire». (…) «Il rapporto ha il merito innegabile di richiamare l’Ue alla concretezza delle grandi sfide e di scrivere finalmente la parola fine su una stagione dominata troppo a lungo da una dannosa ideologia ultra ambientalista e anti industriale», scrive Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr al Parlamento europeo.” Anche da Forza Italia arriva una reazione positiva, sebbene parziale: «Dobbiamo intanto completare il mercato dei capitali e dell’energia. Il costo dell’energia a volte spezza le gambe alle nostre imprese», dice il vicepremier Antonio Tajani: «Ribadisco che siamo favorevoli all’avanzamento sulla realizzazione del nucleare che è l’unica vera strategia perché possa ridurre il costo dell’energia»”, si legge su Il Corriere della Sera.

“«Mentre noi ci battiamo per investimenti comuni europei, e Draghi ha detto che ci vogliono 800 miliardi l’anno, un doppio piano Marshall, questa è una cosa importantissima, rischiamo di non vedere nemmeno quei 700 miliardi spalmati di Next Generation EU» ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein. Un applauso convinto arriva da Carlo Calenda, leader di Azione: «Il rapporto contiene dieci politiche industriali (difesa compresa) settoriali e cinque politiche orizzontali, costi e coperture. Il contenuto è dirompente per accuratezza dell’analisi, magnitudo (800 mld) e impatto geopolitico. (…) Uguale consenso esprime Maurizio Lupi, di Noi moderati: «Draghi ha detto quello che abbiamo sostenuto in due anni di governo. L’Europa deve cambiare con urgenza e concretezza». Storce il naso la Lega. Claudio Borghi sostiene che «ogni riga del rapporto Draghi rappresenta un pericolo per l’Italia»”, continua il giornale.

“Una bocciatura netta invece è quella dei Cinque Stelle: con il senatore Mario Turco, «Mario Draghi si ravvede tardi. Con tutto il rispetto per l’ex presidente della Bce, ma che l’Europa sia oggi moribonda nella competizione globale era visibile ben prima che venisse celebrato il nuovo Patto di stabilità, che rappresenta il funerale di ogni esigenza di investimento». (…) Parole di apprezzamento arrivano invece sia da Enrico Letta, che a sua volta ha presentato un suo rapporto sul futuro economico della Ue («Credo anche che la dotazione economica si possa trovare, se si riescono a integrare i mercati dei capitali, se si riesce a far sì che i mercati dei capitali scatenino quella capacità di investimenti privati per i beni pubblici che, ad esempio, avviene negli Stati Uniti e che da noi invece non avviene»), sia da Paolo Gentiloni, che sottolinea «l’urgenza per l’Europa di svegliarsi, di guardare alle difficoltà che possiamo avere nei prossimi anni nel competere con Stati Uniti, Cina e altre parti del mondo»”, continua il giornale.

AUTO, URSO (MIMIT): “REVISIONE STOP ENDOTERMICHE A 2035”

“Il dossier automotive torna ufficialmente in primo piano in Europa, anche alla luce delle indicazioni sulla competitività che arrivano dal Report presentato da Mario Draghi. Sul tavolo c’è anche l’iniziativa annunciata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, due giorni fa a Cernobbio. Urso chiederà all’Europa di anticipare al 2025, dal 2026, l’attivazione della clausola che prevede di rivedere le modalità attraverso le quali si dovrebbe arrivare allo stop dei motori endotermici fissato dal Regolamento europeo al 2035. L’occasione sarà offerta dal Consiglio Competitività che si svolgerà il 26 settembre e che sarà anticipata da un vertice sul tema. L’Italia, dunque, resta in prima fila tra i paesi europei fortemente critici rispetto a tempi e modalità per la transizione all’elettrico nel settore auto, imposti dalla precedente Commissione europea. (…) «L’Europa cambi davvero, subito» dice il ministro Urso. «Servono ingenti risorse comuni, con un Industrial Act che ponga al centro le imprese e il lavoro» chiede Urso. Due dunque i temi d’attualità: da un lato la necessità di politiche industriali di respiro europeo a sostegno della transizione, dall’altro la necessità di adottare il principio di neutralità tecnologica, così da poter rimettere in pista tanto gli e-fuel sui motori endotermici, cari ai tedeschi, quanto i biocarburanti, cari all’industria italiana”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“La difficile ripresa dei volumi del mercato automobilistico, sotto di circa il 20%, tanto in Italia quanto in Europa, rispetto alla soglia di immatricolazioni raggiunta nella fase pre-Covid, sta stressando l’industria dell’auto a cominciare dai principali car maker, come insegna il caso Volkswagen. Ma a complicare ulteriormente la questione è lo stallo del mercato delle auto elettriche, con un market share che si è ridotto nell’ultimo anno nei principali mercati europei, Italia compresa, nonostante gli incentivi. (…) «Questo obiettivo – evidenziano gli esperti di Anfia, Associazione delle imprese della filiera automotive – è garantito con un market share di auto full electric compreso tra il 20 e il 25% per i singoli costruttori, risultato lontano dalle attuali performance». Il rischio dunque è che i gruppi automobilistici debbano pagare multe salate, innescando una spirale negativa sugli investimenti. Ha parlato di questo il ceo di Renault, Luca De Meo, in qualità di presidente dell’Acea, Associazione che raggruppa i principali carmaker europei. «Se i veicoli elettrici rimarranno al livello attuale, l’industria europea potrebbe dover pagare 15 miliardi di euro di multe o rinunciare alla produzione di oltre 2,5 milioni di veicoli» sottolinea De Meo. Il tetto massimo di emissioni medie per le vendite di nuovi veicoli scenderà a 94 grammi/km dagli attuali 116 g/km, «la velocità della crescita dell’elettrico è la metà di quella necessaria per raggiungere gli obiettivi che ci consentirebbero di non pagare multe» ha spiegato De Meo. (…) Thierry Breton. «È essenziale conciliare gli obiettivi climatici con la competitività» ammette il commissario, che ha messo in guardia l’industria su due aspetti, la produzione europea di veicoli elettrici è in calo nel 2024 rispetto al 2023, inoltre il deficit commerciale con Pechino sulle auto elettriche ammonta a 8,8 miliardi di euro”, continua il giornale.

AUTO, ORSINI: “CONFRONTO CON SINDACATI PER SFIDE INDUSTRIA”

“Un confronto con il sindacato con l’obiettivo di cercare punti di incontro e individuare proposte comuni su alcuni temi prioritari per la competitività e la crescita delle imprese e del paese. In primo piano il lavoro, la tenuta delle filiere industriali, a partire dall’automotive, messa a rischio dallo stop al 2035 del motore endotermico, il salario, la sicurezza, l’energia. (…) «Sindacati e Confindustria hanno una grande responsabilità per le sfide che ci aspettano e non possiamo esimerci da questo. Salari, sicurezza, produttività, preservare le nostre filiere. Credo che con Landini, come con tutti i sindacati, ci sarà dialogo e il confronto sarà costruttivo, occorre mettere al centro le necessità di imprese e lavoratori che non possono essere disgiunte», sono state le parole di Emanuele Orsini”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Landini ha rilanciato la necessità del dialogo «per cercare accordi, dare risposte e fare i contratti. Il rapporto con Confindustria è importante – ha detto – per affrontare anche i temi del futuro dell’Italia e dell’Europa e presentarsi davanti al governo con nostre proposte, mettendo al centro il lavoro»”, continua il giornale.

“C’è un terreno comune da cui partire per lavorare insieme, a parte alcuni distinguo, come per esempio sul Jobs Act. Se la Cgil ha promosso un referendum per abrogarlo, per Orsini «superare il Jobs Act sarebbe un tuffo nel passato, abbiamo un gap tra domanda e offerta di lavoro che vale 43 miliardi all’anno. Per noi oggi il tema è attrarre persone, non superare una misura che sta funzionando», ha sottolineato il presidente di Confindustria, rilanciando il piano casa, un progetto per offrire appartamenti a costo contenuto a lavoratori italiani e stranieri ed essere attrattivi, per affrontare il problema delle competenze e del calo demografico: «Mi auguro che entri nella legge di bilancio». (…) Pesa, in negativo, quella «produttività di sistema», punto cruciale sia per Orsini che per Landini: cioè quei gap strutturali che penalizzano la competitività dell’Italia e delle sue imprese. (…) Sull’automotive rischiamo la debacle, lo stop al motore endotermico nel 2035 mette a rischio il lavoro di 70mila persone in Italia, nella Ue lavorano in questo settore l’11% degli occupati. Si deve cambiare la normativa subito, entro novembre. Ma sono a rischio altri settori d’eccellenza, la ceramica, la carta, l’industria navale, l’acciaio. Va rispettata la neutralità tecnologica». Anche l’energia è un fattore chiave: «paghiamo una bolletta del 30-40% maggiore rispetto agli altri paesi», ha detto Orsini, rilanciando la necessità del nucleare. (…) «Non si può pensare di non salvaguardare i Lep. Porteremo all’attenzione alcuni argomenti, per evitare che le imprese perdano competitività. Noi chiediamo un costo unico dell’energia in Europa, non possiamo pensare di dividerla in 20 capitoli. In un paese diviso politicamente abbiamo scelto la strada del confronto per una sintesi tra imprese e territori», ha detto Orsini. Sono molte, quindi, ha concluso il presidente di Confindustria, le proposte che si stanno costruendo. E su queste si vorrà portare avanti il confronto con il sindacato”, continua il giornale.

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