Dagli incentivi alle Cer ai fondi per il Green deal, fino alle fabbriche cinesi a cui fa gola stabilirsi in Europa e la direttiva case green che aspetta il via libera Ue a metà marzo: ecco cosa dicono i giornali si oggi
Per le Cer la data chiave è l’8 aprile, la data in cui il Gestore dei servizi energetici (Gse) dovrà mettere online i tre portali per la richiesta di qualifica delle Cer e per presentare le domande di accesso ai contributi. Sul Green deal si prevede una cifra enorme di investimenti pari a circa 500 miliardi di euro che tuttavia è alla portata delle finanze europee. Sul fronte auto, i marchi cinesi cercano di stabilirsi in Europa con l’Italia in prima fila nel cercare di attirare uno dei gruppi asiatici. Infine le case green: Il documento sarà votato dal Parlamento tra l’11 e il 14 marzo; poi, dopo un ultimo passaggio in Consiglio, andrà in Gazzetta Ufficiale. Nero su bianco l’impegno a ridurre del 16% i consumi energetici entro il 2030, e del 22% entro il 2035 per arrivare nel 2050 alle zero emissioni.
PER LE CER DATA CHIAVE L’8 APRILE: ARRIVERANNO I PORTALI PER CHIEDERE I CONTRIBUTI
“Dopo l’approvazione delle regole operative per accedere agli incentivi sulle Comunità energetiche rinnovabili (Cer) – lo scorso 23 febbraio –, la prossima tappa chiave nel percorso delle Cer in Italia è l’8 aprile: la data in cui il Gestore dei servizi energetici (Gse) dovrà mettere online i tre portali per la richiesta di qualifica delle Cer e per presentare le domande di accesso ai contributi in conto capitale e alle tariffe incentivanti, chiudendo l’iter normativo. Poco più di un mese, che è anche l’orizzonte temporale utile per chiarire una criticità mai risolta, che dopo la pubblicazione delle regole operative viene al pettine”. Lo scrive Il Sole 24 Ore di oggi. “Come anticipato nel decreto Cer del 23 gennaio 2024, anche le regole operative prevedono che la Comunità energetica sia regolarmente costituita come soggetto giuridico alla data di entrata in esercizio degli impianti che accedono al beneficio. (…)”, prosegue il quotidiano. Matteo Zulianello, capo progetto del Dipartimento Sviluppo Sistemi Energetici di Rse (Ricerca sistemi energetici) sottolinea che, in effetti, ‘la necessità di realizzare l’impianto dopo la costituzione della Cer non era inizialmente così esplicita, e oggi appare un elemento problematico soprattutto per gli impianti realizzati tra la fine del 2021 e il 28 novembre 2022, data di avvio della consultazione pubblica del Mase. In questa consultazione si faceva infatti un riferimento esplicito alla data di entrata in esercizio degli impianti. Chi ai tempi ha proseguito, in assenza di una Cer costituita, si è preso un rischio’, sottolinea Zulianello”, si legge ancora sul quotidiano.
GREEN DEAL, PER L’EUROPA LA TRANSIZIONE ‘VALE’ ALMENO IL 15% DEGLI INVESTIMENTI PRIVATI
“Abbiamo da poco ricordato i due anni dall’invasione russa dell’Ucraina, un evento che ha sicuramente causato un ‘cambio di paradigma’ nell’evoluzione geopolitica mondiale. Per l’Europa è ormai ampiamente chiaro come il nuovo scenario metta in discussione almeno due pilastri su cui si è fondato, durante l’era della globalizzazione, il modello di crescita europeo: la possibilità di approvvigionarsi a basso costo di energia dalla Russia, e la garanzia di mercati di sbocco per le proprie produzioni nei Paesi emergenti, a partire dalla Cina”. È quanto si legge su Affari & Finanza de La Repubblica di oggi. “(…) E sempre oggi l’invasione russa dell’Ucraina obbliga l’Europa ad accelerare sul fronte della transizione ambientale, con tutto quello che ne consegue in termini di “comunitarizzazione” delle politiche economiche, a partire da quelle fiscali. Accelerare la transizione energetica, raggiungendo il nuovo target del 42.5% di rinnovabili per il 2030 (dall’attuale 23%) consente infatti di aumentare in maniera considerevole l’autonomia strategica europea da Paesi terzi per quanto riguarda la sua capacità energetica, risolvendo dunque il problema posto dall’abbandono del gas russo. Nei prossimi anni occorrerà poi definire i target per arrivare alla neutralità carbonica al 2050, arrivando realisticamente alla quasi totale indipendenza energetica del continente, a costi competitivi con il resto del mondo. Ma approfondire il Green deal europeo ha implicazioni anche per quanto riguarda il mercato di sbocco della produzione europea. Incentivare la sostituzione delle auto a motore termico con quelle elettriche, o comunque senza l’uso di combustibili fossili (idrogeno, carburanti sintetici), e promuovere la ristrutturazione in ottica di sostenibilità di edifici e impianti produttivi, altri due pilastri delle politiche europee in corso di attuazione, vuol dire alimentare consumi e investimenti che saranno nei prossimi anni più centrati sul mercato interno. “(…) Come è noto, le stime della Commissione riportano che le transizioni “gemelle” ambientale e digitale, ad essa associata, implicano investimenti complessivi per circa 500 miliardi di euro l’anno almeno da qui al 2030. Sembra una cifra enorme, ma non è al di fuori della portata dell’economia europea. Infatti, l’area euro dalla ripresa post-pandemica sta generando una accumulazione di capitale fisso lordo pari a circa 625 miliardi per trimestre complessivamente. (…) A ciò aggiungiamo che probabilmente è necessario un ulteriore livello di spesa, federale, per quadrare i conti, perché al tradizionale fallimento di mercato che giustifica la spesa pubblica nazionale a integrazione di quella privata, in Europa si aggiunge il mancato coordinamento della spesa pubblica nazionale finalizzata alla creazione di beni pubblici europei, ossia l’argomentazione economica alla base degli interventi strutturali del bilancio comunitario in ricerca e sviluppo e nelle grandi infrastrutture continentali di trasporto”, si legge nell’inserto.
AUTO: LE FABBRICHE DI AUTO CINESI (E TESLA) CERCANO SITI IN EUROPA
“I primi a mettere una bandierina sono stati i cinesi di Byd: a dicembre hanno scelto l’Ungheria per costruire il loro stabilimento in Europa per la produzione di auto. Paese che il gruppo di Shenzhen già conosce: ha già una fabbrica per l’assemblaggio di autobus elettrici per rifornire gli Stati della Ue. Mossa che ha costretto anche le altre case del Dragone, e non solo, a decidere cosa fare. Anche perché Byd sta già pensando a un secondo impianto e una decina di giorni fa è arrivato dalla Cina il primo cargo marchiato “Build Your Dream” per scaricare un carico di 7 mila veicoli nei porti del Nord Europa. Primo di una flotta che il gruppo sta formando per rifornire velocemente e in autonomia l’Europa. D’altronde l’obiettivo dichiarato dai vertici del gruppo è arrivare a una quota del 10% del mercato Ue entro il 2030”. È quanto riporta Affari & Finanza de La Repubblica di oggi. “La mossa di Byd ha dato il via al grande risiko delle nuove fabbriche di auto targate Cina nel Vecchio Continente. Un altro gruppo, Great Wall, che nel 2023 ha venduto quasi 1,3 milioni di vetture, oltre a stringere accordi commerciali per realizzare una solida distribuzione, vuole aprire un impianto. Voleva mettere le mani sulla fabbrica Nissan a Barcellona, ma poi l’operazione è saltata. A metà dello scorso anno i vertici del gruppo a livello europeo stavano sondando Germania, Repubblica Ceca e Ungheria. (…) Chi si è rivolto alla Slovacchia, dove realizzerà un nuovo impianto, è la Volvo: il marchio svedese è controllato dal gruppo Geely, che ha tra i suoi brand Polestar e Zeekr, così come Lotus e Smart. Non solo. Geely e Renault svilupperanno e costruiranno insieme nuovi motori ibridi. Tra i costruttori che si sono messi alla ricerca di spazi ed ex siti nei Paesi Ue c’è Chery, che in Italia ha già rapporti con il marchio DR, cui fornisce le vetture che vengono poi riviste e corrette a Macchia D’Isernia: (…) Tra i primi dieci produttori cinesi c’è anche il gruppo Saic, noto per aver riportato all’onor del mondo il marchio britannico MG. (…)
La spinta dei cinesi non viene solo dalla voglia di conquistare l’Europa, dove nel 2035 non si potranno più acquistare veicoli termici ma solo a batteria, ma dal rischio di ritrovarsi, causa l’inchiesta aperta a Bruxelles sui sussidi pubblici alle case, dazi più alti per le importazioni. Meglio attrezzarsi per produrre in loco. Ci sono altri due gruppi che hanno già mezzo piede in Italia con centri di ricerca e e design alle porte di Torino, Jac Motor e Dongfeng Motor. (…) Il governo Meloni ci crede, ha messo insieme un pacchetto di stabilimenti, tra cui anche Termini Imerese inSicilia, da mostrare ai possibili candidati. (…) Elon Musk va e viene dall’Italia, ma la fabbrica l’ha costruita in Germania, vicino a Berlino. E si tratta di uno dei pezzi importanti del risiko. Peccato che pochi giorni fa gli abitanti della zona abbiano bocciato l’ampliamento dell’impianto. Cosa che secondo Urso fa riprendere corpo alla trattativa con Roma.
Tra i cinesi, da non dimenticare Leapmotor: start-up che ha un’intesa con Stellantis, gruppo partecipato da Exor che controlla Repubblica. È prevista la nascita di una joint venture per assemblare auto fuori dalla Cina. (…)”, conclude il quotidiano.
CASE GREEN, SI FA SUL SERIO STOP ALLE CALDAIE A GAS E OBBLIGO DI PANNELLI
“La direttiva europea “Case Green” sta finalmente per vedere la luce. Un accordo al ribasso rispetto al progetto iniziale, che aveva obbiettivi più ambiziosi e tempi più ristretti. Ma impegna comunque i Paesi membri a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, per raggiungere la neutralità climatica dell’intero stock abitativo entro il 2050. Il documento sarà votato dal Parlamento tra l’11 e il 14 marzo; poi, dopo un ultimo passaggio in Consiglio, andrà in Gazzetta Ufficiale. Nero su bianco l’impegno a ridurre del 16% i consumi energetici entro il 2030, e del 22% entro il 2035 per arrivare nel 2050 alle zero emissioni. Obbiettivi da raggiungere, però, nel rispetto dei piani messi a punto dai singoli Stati che avranno la possibilità di stabilire un proprio crono- programma intermedio e piani nazionali di ristrutturazione edilizia, con indicatori di progresso misurabili”. È quanto riporta Affari & Finanza di Repubblica. “(…) Per tutti gli edifici nuovi varrà l’obbligo di avere impianti fotovoltaici. Dal 2030 anche i nuovi edifici a destinazione residenziale dovranno essere ad emissioni zero. Quando al riscaldamento, il divieto di installare nuove caldaie a gas scatterà dal 2040. Già dal 2025, però. non saranno più ammesse agevolazioni fiscali per gli impianti di base, ma solo per gli ibridi, ossia quelli che associano alla caldaia a condensazione a gas una pompa di calore che garantisce l’abbattimento dei consumi. (…) I costi della riqualificazione variano molto a seconda della tipologia di intervento, ma la spinta all’installazione dei pannelli solari, grazie anche alla creazione delle comunità energetiche rinnovabili, potrebbe portare a uno sconto rispetto alla quantificazione attuale di un esborso medio a famiglia di almeno 50mila euro (…)”, conclude l’inserto.