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Gnl, il settore sperimenta carichi a emissioni zero

I produttori sperano di distogliere l’attenzione dall’impatto ambientale del GNL, permettendo agli acquirenti di intraprendere degli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra

Royal Dutch Shell e Total stanno vendendo carichi “a zero emissioni” di gas naturale liquefatto (GNL). Oltre al gas, cioè, gli acquirenti pagano degli offset, delle compensazioni per le emissioni prodotte dal carburante che andranno a finanziare le rinnovabili, il riforestamento o altre iniziative “verdi”.

LE MOTIVAZIONI

In questo modo, spiega Bloomberg, i produttori sperano di distogliere l’attenzione dall’impatto ambientale del GNL, permettendo nel contempo agli acquirenti di mostrare al pubblico di aver intrapreso delle misure per ridurre le emissioni di gas serra.

Il processo per l’ottenimento del GNL è piuttosto inquinante: prevede che il gas naturale venga prima raffreddato fino a -160 gradi, dopodiché condensato in un liquido che può essere infine spedito sulle navi cisterna.

LE PRESSIONI SULLE COMPAGNIE ENERGETICHE

Bloomberg scrive che le grandi compagnie energetiche sono state le prime a lanciarsi in questa iniziativa di “inverdimento” (greening) del GNL. Sebbene sia considerato un’alternativa più pulita al carbone e una fonte importante durante la transizione verso le rinnovabili, il gas – in quanto combustibile fossile – è comunque un osservato speciale. I governi stanno peraltro discutendo obiettivi di riduzione delle emissioni ancora più ambiziosi, e le società energetiche devono adeguarsi al contesto.

La settimana scorsa, ad esempio, l’azienda francese Engie ha cancellato un accordo da 7 miliardi di dollari per l’importazione di gas dagli Stati Uniti su pressione del governo di Parigi, che chiedeva forniture più pulite. Anche il governo cinese vuole che la China National Offshore Oil Corporation (CNOOC), una delle più grandi compagnie petrolifere cinesi, acquisti combustibile pulito: nel 2020 la CNOOC ha acquistato tre carichi a zero emissioni. L’utility giapponese JERA – la più grande importatrice di GNL al mondo – vuole che le sue centrali siano alimentate con una miscela di idrogeno e gas “compensato”.

I NUMERI

Finora sono stati venduti tra i sei e gli otto carichi di GNL “a zero emissioni”; pochi, se paragonati agli oltre 5500 ordini “normali” spediti in tutto il mondo nel 2019. Pavilion ha detto però di aver ricevuto 25 offerte per dei carichi di GNL carbon-neutral.

I PROBLEMI

La crescita di questi numeri dipenderà dalla volontà degli acquirenti di pagare un “sovrapprezzo verde” per il GNL, scrive Bloomberg. Ma potrebbero anche non essere troppo inclini a farlo, vista la tradizionale cautela del settore, dove i margini di profitto sono piuttosto ridotti, e la situazione generale di crisi.

I prezzi medi del gas sono sotto i 7 dollari per un milione di British thermal unit (BTU) in Asia e intorno ai 6 dollari in Europa. Il costo del GNL più le compensazioni per le emissioni dovrebbe comportare un aumento compreso tra gli 80 centesimi e gli 1,7 dollari, ovvero circa 10-20 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica.

Un altro problema del GNL carbon-neutral è la mancanza di uno standard condiviso per la misurazione di quelle emissioni che andranno poi compensate. Alcuni analisti stimano che le emissioni medie per un carico standard di GNL ammontino a circa 304mila tonnellate di CO2. Ma la cifra cambia se si conteggiano, ad esempio, anche le emissioni prodotte dalla combustione del GNL, oppure soltanto quelle causate dal processo di raffreddamento e liquefazione. O, ancora, se si includono le perdite di metano che avvengono durante la produzione.

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