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Eni

I campioni di Eni per la transizione: gas, CCS e rinnovabili

La centralità sempre maggiore di gas naturale e CCS, le incognite del mercato del gas, l’investimento crescente sulle rinnovabili attraverso Plenitude e l’idrogeno. Parla Claudio Descalzi, amministratore delegato Eni

La centralità sempre maggiore di gas naturale e CCS, le incognite del mercato del gas, l’investimento crescente sulle rinnovabili attraverso Plenitude e l’idrogeno. Sono tanti i temi trattati da Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, nel corso della presentazione del Piano Strategico 2023-2026 della società. Il focus maggiore è sul gas, fonte che rappresenterà la maggior parte dei guadagni di Eni dalle attività di esplorazioni future.

ENI PUNTA SULLA PRODUZIONE DI GAS PER SUPERARE LA CRISI ENERGETICA

“Il gas sarà un componente cruciale del mix energetico dell’Europa. Nel 2022 la rotta del Mediterraneo ha dimostrato il suo ruolo. Può potenzialmente diventare un’alternativa al corridoio Nord Est dalla Russia. In quest’ottica Eni occupa un’importanza centrale, in ragione delle infrastrutture di connessione e le risorse che possediamo in Nord Africa. Ci aspettiamo di essere in grado di generare da 1,7 a 2,2 miliardi di BOE nel 2022″, ha spiegato Descalzi.

“Dobbiamo continuare a investire in nuove tecnologie per gas puliti. Il gas occupa un ruolo cruciale per la transizione energetica. Nei prossimi anni vedremo attività significative nell’upstream, nel 2023 continueremo a lavorare in Algeria e Norvegia. Nel 2024 ci concentreremo su Italia, Egitto, Bahrein e Norvegia. Per quanto riguarda le attività di esplorazione, nel periodo 2023-2026 vedremo un aumento significativo. Prevediamo guadagni per 2.2 miliardi Boe, il 60% dei quali legati al gas. Stimiamo una crescita della produzione upstream a un tasso medio dal 3 al 4% nei prossimi 4 anni.
Vogliamo essere maggiormente presenti nell’upstream, nella value chain, nella produzione del gas. In Qatar da questo punto di vista siamo avanti. Abbiamo il nostro gas, non dobbiamo acquistarlo da altri Paesi che potrebbero cambiare il prezzo e i quantitativi. Questo ha permesso di rispondere bene alla carenza di gas dalla Russia, di cui siamo il primo cliente. Ma più che cliente siamo partner, perché siamo noi a produrre il gas. Il tema principale non riguarda i contratti per l’acquisto, ma la volontà di investire per far camminare la macchina con le nostre risorse”.

GAS, COSA SUCCEDE SUL MERCATO?

“L’Italia non può diventare hub energetico del Mediterraneo da sola. Se vogliamo ridurre il prezzo abbiamo bisogno di connettere l’Europa. Sul mercato unico serve unicità di tariffe e regole. In questo modo investire diventa una scelta commerciale. Dobbiamo risolvere i colli di bottiglia che esistono con Paesi come Francia e Svizzera per liberare miliardi di metri cubi di gas attivando il collegamento anche tra Sud e Nord, un passaggio che non si è mai sviluppato”, ha spiegato Descalzi.

“Il prezzo del gas è l’effetto dello shock provocato dalla carenza di approvvigionamenti dalla Russia e la paura che non fossero abbastanza. Termineremo l’inverno con livelli di storage doppi rispetto agli anni precedenti. Dovremmo seguire l’esempio di Germania e Olanda, che hanno investito in nuove infrastrutture. Per il prossimo inverno le incognite riguardano proprio le infrastrutture e la capacità addizionale. Abbiamo bisogno di circa 17 miliardi di metri cubi. Probabilmente la situazione del mercato sarà meno volatile rispetto al 2022, ma dovremo attendere per saperne di più. Dobbiamo capire che domanda e offerta sono ancora presenti, ma stiamo assistendo a un mismatch.

“La cattura e lo storage di CO2 (CCS) contribuirà a decarbonizzare i settori hard to abate, quelli che emettono livelli di emissioni importanti, non solamente nel settore energetico. Dal punto di vista della catena di trasporto e stoccaggio siamo a buon punto. Siamo i primi da questo punto di vista nel Regno Unito e abbiamo in programma di espandere questo business. Crediamo fortemente che gas e cattura di CO2 avranno un ruolo centrale nella transizione energetica”.

ENI: VERSALIS E PLENITUDE INSIEME PER LA DECARBONIZZAZIONE

“Versalis e Plenitude insieme rappresentano il portafoglio delle soluzioni per venire incontro alle nostre necessità e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Il nostro ambizioso piano è di trasformare Versalis in una società chimica specializzata nella sostenibilità, con un portfolio di polimeri specialistici e una forte partecipazione nei mercati del consumatore finale. L’obiettivo è far diventare l’azienda una multi energy e multi service company”, ha commentato Descalzi.

“Plenitude rappresenta un interessante mix di consumatori e rinnovabili. L’azienda ha raddoppiato la propria capacità economica, passando da 600 milioni di euro del 2021 a 1,2 miliardi di euro. Stimiamo che la capacità di generazione rinnovabile di Eni Plenitude aumenterà fino a 3GW nel 2023, 7GW entro il 2026, che diventeranno 15 GW nel 2030. Stimiamo che l’EBITDA di Plenitude nel 2026 sarà tre volte maggiore rispetto al 2022. Puntiamo a raggiungere 15 milioni di clienti. Nei prossimi anni abbiamo in programma di raddoppiare i punti di ricarica. Quando diversifichi il tuo business vai sempre incontro a rischi, ma abbiamo deciso di affrontarli e questo ha pagato”, ha aggiunto l’amministratore delegato.

Sul tema mobilità Descalzi non risparmia però una stoccata all’Unione Europea riguardo la scelta di vietare la produzione di automobili a benzina e diesel dal 2035.

“La tecnologia è la base di partenza per raggiungere gli obiettivi energetici che l’Unione Europea si è posta. Noi prevediamo di accelerare sul nucleare dopo il 2023, portare la capacità reale da rinnovabili. Non trovo corretto che oltre a definire gli obiettivi l’Unione Europea decida anche quali tecnologie sono ammissibili. È giusto che si pongano degli obiettivi, ma penso che sia il mercato a dover definire le tecnologie presentando una grande varietà di opzioni. I principi della scelta dell’Unione Europea non sono corretti”, ha spiegato Descalzi.

IDROGENO, C’È ANCORA STRADA DA FARE

Nel corso del suo intervento l’amministratore delegato di Eni ha accennato anche all’idrogeno, tecnologia che occuperà un posto più marginale nel portfolio di attività Eni rispetto alle altre.

“Siamo il primo produttore di idrogeno blu in Italia. Il problema è che non abbiamo trovato clienti che volessero acquistare l’idrogeno. Ancora non c’è domanda. Stiamo puntando sulla mobilità, abbiamo 6 modelli di automobili e due progetti per la produzione di idrogeno verde in programma nel Sud Italia. I costi di trasporto e produzione però sono ancora alti, stiamo testando le tecnologie migliori. Inoltre, c’è bisogno di molta acqua per produrlo. Il tema diventa anche quanto costa questa risorsa, che scarseggia sempre più”, ha concluso Descalzi.

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