Crollano in borsa i produttori europei di elettrolizzatori come ThyssenKrupp e Siemens. Pechino domina la produzione mondiale e si assicura i mega-progetti in Arabia Saudita. Un film già visto: un altro settore della transizione finisce sotto il controllo cinese.
Sembra la ripetizione di un film già visto in altri ambiti della transizione energetica: mentre il settore dell’idrogeno verde fatica a decollare in Europa, le aziende cinesi avanzano rapidamente, conquistando sempre più spazio in un mercato ancora agli albori. Il rallentamento degli investimenti, i progetti in stallo e la scarsità della domanda stanno infatti mettendo in crisi l’industria europea, mentre la concorrenza cinese – forte di costi più contenuti e un’enorme capacità produttiva – guadagna terreno, imponendosi come protagonista di riferimento nella transizione energetica globale.
L’EUROPA FRA PROGETTI INTERROTTI E INVESTIMENTI CONGELATI
Quest’anno numerose aziende europee hanno ridimensionato le loro ambizioni nel settore dell’idrogeno verde. La norvegese Statkraft, tra i maggiori operatori energetici del Nord Europa, ha annunciato la cessazione completa di tutte le attività legate a nuovi progetti di idrogeno, citando come motivazione la crescente incertezza sulla redditività a breve termine e il rallentamento della fase di avvio del mercato. Anche il colosso tedesco RWE ha fatto sapere di voler sospendere temporaneamente lo sviluppo di nuovi impianti, mentre Eon, altro gigante tedesco dell’energia, secondo indiscrezioni di Handelsblatt starebbe procedendo a una ristrutturazione interna che coinvolge l’eliminazione dei reparti dedicati all’idrogeno in alcune controllate.
Il principale ostacolo è rappresentato dagli alti costi di produzione. L’idrogeno verde – generato attraverso elettrolisi alimentata da energia rinnovabile – rimane molto più costoso rispetto all’idrogeno grigio, prodotto da gas naturale. Questo squilibrio rende difficile giustificare gli investimenti, soprattutto in un contesto in cui i ritorni economici appaiono ancora lontani. Inoltre, la domanda da parte di settori chiave come la siderurgia, la chimica e i trasporti resta inferiore alle attese, accentuando l’incertezza degli operatori.
CROLLO DELLA FIDUCIA E DIFFICOLTÀ PER I PRODUTTORI
La crisi d’investimenti colpisce direttamente anche i fornitori europei di tecnologie per la produzione di idrogeno verde. L’Handelsblatt racconta che aziende come ThyssenKrupp Nucera, Siemens Energy e Sunfire, un tempo all’avanguardia nel campo degli elettrolizzatori, si trovano ora a dover fronteggiare un mercato in contrazione. Nonostante Nucera abbia recentemente registrato un incremento di fatturato grazie alla partecipazione a un progetto in Arabia Saudita, le sue azioni hanno perso oltre il 20% in dodici mesi e più del 60% dal debutto in borsa avvenuto due anni fa.
La progressiva diminuzione degli ordini per nuovi impianti aggrava ulteriormente il quadro. I pochi contratti ancora attivi non bastano a sostenere la crescita, e il rischio di una discesa irreversibile nel mercato è sempre più concreto. A peggiorare la situazione, l’ingresso aggressivo dei concorrenti asiatici, capaci di offrire prezzi fino al 15% più bassi rispetto agli standard europei.
PREZZI COMPETITIVI E VOLUMI IMPONENTI: L’ASCESA DELLA CINA
Le imprese cinesi, grazie a una combinazione di costi ridotti e supporto statale, stanno rapidamente diventando leader nella produzione di elettrolizzatori. Aziende come Longi, Sungrow e Shanghai Electric, già note per la loro posizione dominante nel solare e nelle reti elettriche, hanno ampliato le proprie attività verso l’idrogeno verde. In particolare – osserva sempre il quotidiano economico tedesco – Longi è oggi il maggior fornitore di elettrolizzatori in Cina, il paese che produce più della metà delle attuali 250.000 tonnellate globali di idrogeno sostenibile.
Pechino, infatti, ha investito in oltre 600 progetti legati all’idrogeno verde, 150 dei quali già realizzati, secondo i dati della National Energy Administration. Gran parte degli impianti – spiega l’Handelsblatt – utilizza la tecnologia di elettrolisi alcalina, più economica rispetto alla più sofisticata ma costosa elettrolisi PEM, preferita in Europa. Proprio grazie a questa scelta pragmatica, la Cina riesce a fornire soluzioni competitive su scala industriale, come dimostra il mega impianto nello Xinjiang, già operativo e pronto a produrre 20.000 tonnellate all’anno entro il 2026.
Longi, inoltre, ha recentemente siglato una partnership strategica con il gruppo saudita ACWA Power, assicurandosi un ruolo chiave anche nel prossimo megaprogetto in Arabia Saudita. L’azienda cinese fornisce già elettrolizzatori per progetti in Uzbekistan, Australia e Nigeria, consolidando la sua presenza anche nei mercati emergenti.
SFIDE TECNICHE E PROSPETTIVE FUTURE
Nonostante l’evidente vantaggio competitivo, la tecnologia dell’idrogeno verde non è ancora del tutto matura. Secondo Xu Jilin, vicedirettore del dipartimento per il risparmio energetico della NEA, molte soluzioni tecnologiche non sono pronte per un uso su larga scala. Tuttavia, il volume di ordini provenienti dal mercato interno cinese consente ai produttori locali di migliorare rapidamente i propri prodotti e di accumulare esperienza industriale, accelerando lo sviluppo tecnologico rispetto ai concorrenti occidentali.
Gli operatori europei, in particolare, soffrono per costi più elevati e un ritmo di esecuzione più lento. Per molti esperti, la concorrenza cinese rappresenta ormai una minaccia concreta e immediata. Jens Schmidt, direttore tecnico della società belga Tree Energy Solutions, dopo un viaggio in Cina aveva già sentenziato alla fine dello scorso anno che i produttori occidentali hanno ormai quasi perso la competizione, e questo prima ancora che la partita entri davvero nel vivo.


