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Il petrolio offshore? Più ‘green’ di quanto si pensi. Report Energy Intelligence

Nelle regioni di produzione di petrolio tradizionali, le infrastrutture di produzione e di trasporto ben sviluppate aiutano a mantenere bassa l’impronta di carbonio dei pozzi offshore.

Il petrolio offshore si è costruito nei decenni una meritata cattiva reputazione a causa delle fuoriuscite di petrolio, ed è stato spesso il bersaglio delle azioni di protesta degli ambientalisti. Ma se guardiamo al lato strettamente legato alle emissioni, la produzione di greggio in mare aperto è molto più green rispetto ad altri tipi di produzione petrolifera.

PERCHÉ L’OFFSHORE INQUINA MENO

Secondo un report di Energy Intelligence che cita i piani alti di Shell e BHP, ci sono diverse ragioni per questo fenomeno, che generalmente ha a che fare con le dimensioni dei depositi offshore e gli sforzi di controllo dei costi e di protezione ambientale degli operatori.

Se si dà un’occhiata alla mappa globale dei punti caldi dell’esplorazione petrolifera, si può notare che, con la notevole eccezione dello shale statunitense, gli altri sono praticamente tutti in mare aperto. La zona pre-salt del Brasile, così come i campi appena scoperti della Guyana. Anche l’Africa occidentale è sulla mappa. E insieme ad essa la Malesia e il Brunei che hanno recentemente firmato un accordo per esplorare congiuntamente petrolio e gas nelle acque profonde lungo il loro confine marittimo.

GLI ASSET SHELL E BHP

Gli asset produttivi della Shell nel Golfo del Messico “hanno probabilmente la più bassa intensità di carbonio di tutti i nostri beni a livello globale”, ha detto a Energy Intelligence il vicepresidente delle esplorazioni per il Nord America e il Brasile, William Langin. E Shell non è l’unica. Un alto dirigente della BHP ha definito i barili offshore “avvantaggiati”, secondo il rapporto di Energy Intelligence. I barili ‘avvantaggiati’ sono quelli recuperabili con un profitto nelle attuali condizioni di mercato, compresa la spinta a ridurre le emissioni in tutte le industrie.

L’ESEMPIO DEGLI STATI UNITI

Uno dei vantaggi dei giacimenti di petrolio e gas offshore è venuto alla ribalta dopo l’ultimo crollo dei prezzi del petrolio nel 2014. Negli Stati Uniti, una delle più antiche regioni di produzione offshore, sia il petrolio onshore che quello offshore hanno sofferto le conseguenze del crollo dei prezzi, ma il petrolio offshore ha recuperato più rapidamente dello shale oil grazie al modo in cui è organizzato. I pozzi offshore impiegano anni per iniziare a pompare, ma una volta che iniziano, possono continuare a produrre per decenni. I pozzi shale, d’altra parte, iniziano a produrre molto rapidamente, ma si esauriscono altrettanto rapidamente, il che li rende meno efficienti in termini di costi dei pozzi offshore.

Inoltre, il crollo del prezzo del petrolio ha insegnato ai trivellatori offshore a ridurre i costi al minimo possibile, e questo ha incluso passi che li hanno aiutati a ridurre la loro impronta di carbonio come l’alimentazione elettrica, solo per fare un esempio. Molte piattaforme offshore sono alimentate da elettricità prodotta da gas naturale piuttosto che dal più inquinante diesel, e alcune ottengono la loro energia da risorse rinnovabili.

L’ESEMPIO DELLA NORVEGIA

La Norvegia è un caso esemplare. Il paese, che produce tutto il suo petrolio offshore, ha un tasso di intensità carbonica di 7 kg per barile di petrolio equivalente. Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno una produzione sia offshore che onshore, hanno lo stesso tasso di intensità di carbonio. Il Canada, invece, con le sue sabbie bituminose, ha il tasso di intensità di carbonio più alto tra i principali produttori, con 39 kg di anidride carbonica per barile di petrolio equivalente, secondo i dati di Rystad.

L’IMPRONTA DI CARBONIO

Nelle regioni di produzione tradizionali, le infrastrutture di produzione e di trasporto ben sviluppate aiutano a mantenere bassa l’impronta di carbonio dei pozzi offshore. Anche nelle regioni di produzione più recenti, in particolare la Guyana, le emissioni di carbonio sono basse a causa, da un lato, delle dimensioni dei depositi e, dall’altro, dello sviluppo di tecnologie di estrazione più nuove ed efficienti.

Nonostante i vantaggi di emissione rispetto a molti campi onshore, la produzione di petrolio e gas offshore non è senza problemi. Gli investimenti iniziali rimangono tra i più alti del settore, e i periodi di recupero sono più lunghi di quanto molti investitori vorrebbero, motivo per cui gli investimenti nell’esplorazione offshore sono stati in costante calo negli ultimi anni. Questo potrebbe cambiare nei prossimi decenni, dato che la maggior parte delle risorse petrolifere non sfruttate del mondo sono offshore, e continueremo ad avere bisogno di petrolio per molti anni a venire, con o senza una transizione energetica.

Se più investitori devono essere attratti dal petrolio offshore, più compagnie e paesi devono fare quello che ha fatto la Norvegia per raggiungere la più bassa intensità di carbonio al mondo vale a dire uno meccanismo di scambio della CO2 e un divieto di flaring.

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