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La Cina può davvero rivoluzionare il mix energetico?

Ci sono buone ragioni per dubitare che Pechino riesca a portare a termine i suoi programmi. Per sostenere il cambiamento del mix energetico sono necessarie infrastrutture e strutture di mercato. Anche i veicoli elettrici saranno per alimentarli dal carbone ancora per molto tempo.

 

La Cina si trova di fronte a una vera e propria rivoluzione che cambierà il suo modo di produrre e utilizzare energia nei prossimi anni. Se si guarda indietro, agli ultimi 30 anni, la rapida crescita economica, basata su industria pesante, manifattura e costruzioni, è stata sostenuta dagli idrocarburi, con il carbone a fare la parte del leone. Quello che è cambiato sono solo i volumi: nel 1990 il paese asiatico utilizzava 446 milioni di tonnellate di carbone mentre quest’anno si raggiungeranno i 2,8 miliardi di tonnellate. Parallelamente, la domanda petrolifera è cresciuta grazie alla forte espansione del numero di automobili. Nel 1980 il consumo era pari a 2 milioni di barili al giorno mentre ora è quasi a 12 milioni di barili al giorno, cifra che rende il paese asiatico il più grande importatore mondiale di greggio.

Dalla crescita cinese problemi ambientali enormi

La crescita, tuttavia, ha avuto un costo enorme in termini ambientali. Come ha ricordato la scorsa settimana Global Carbon Project la Cina è il più grande emettitore al mondo. Le sue città sono soffocate dallo smog e anche il presidente Xi Jinping si è visto costretto a promettere un cambiamento radicale: una “rivoluzione energetica” per rendere il cielo “di nuovo blu”.

La Cina è ancora “carbone-dipendente”

La questione ora è verificare se le promesse siano realizzabili o meno. Per poter effettuare una valutazione si può cominciare partendo dall’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) dal quale emerge che la Cina consuma ogni giorno il 25% dell’energia totale a livello mondiale. A dominare è ancora il carbone soprattutto nei settori dell’industria, della produzione di energia e del riscaldamento, fornendo quasi i due terzi della domanda totale. In sostanza, osserva l’Aie, il paese utilizza oltre il 50% di tutto il carbone bruciato a livello mondiale. L’uso del gas, invece, almeno per ora è abbastanza modesto ma è in crescita e dipende dalle importazioni di Gnl. Il paese asiatico è però anche il principale produttore di energia eolica e solare e i progressi nella tecnologia e nell’efficienza produttiva hanno ridotto i costi e reso il paese il principale fornitore di pannelli solari del mondo mentre nel settore nucleare sta costruendo decine di nuovi reattori – circa un terzo del totale globale – sviluppando una vera e propria filiera pronta all’export. Non solo. Il paese è leader mondiale anche nel settore dei veicoli elettrici. Delle circa 2 milioni di auto verdi che circolano sulle strade del mondo entro la fine di quest’anno, almeno il 40 per cento sarà cinese. Notevoli progressi sono stati compiuti, infine, nell’efficienza energetica: la quantità di energia utilizzata per ciascuna unità di pil cinese è diminuita del 30% dal 2000.

La Cina sarà un importante attore della governance energetica globale entro il 2050

La vera sfida rimangono però le emissioni. Dopo tre anni di livelli “piatti”, la rinnovata crescita industriale ha nuovamente spinto al rialzo la Co2. Per questo il recente Congresso del Partito cinese ha approvato, durante il varo dell’ultimo piano quinquennale, una vasta dichiarazione d’intenti dal titolo “Produzione di energia e strategia di rivoluzione dei consumi”. Il piano descrive una trasformazione dell’intero settore energetico nel prossimo decennio e mezzo. La quota dei combustibili non fossili salirà al 15% entro il 2020 e al 20% entro il 2030, per soddisfare la maggior parte, se non l’insieme, dell’incremento di domanda. Entro il 2030, l‘80 per cento di tutte le centrali a carbone rimanenti avrà emissioni molto basse grazie allo stop della vecchia capacità. Mentre l’intensità energetica sul pil diminuirà del 15 per cento, della stessa percentuale di quanto si prevede diminuirà la Co2. Nel decennio successivo al 2030 si prevedono, infine, ulteriori miglioramenti. L‘obiettivo è garantire che le emissioni raggiungano il picco massimo entro il 2030 mentre l’obiettivo a lungo termine, con orizzonte 2050, è quello di ridurre la quota dei combustibili fossili a meno della metà del totale, ridisegnare l’intero sistema energetico, utilizzando anche le nuove tecnologie, e trasformare la Cina in un importante attore della governance energetica globale.

Ci sono forti dubbi sulla possibilità che la Cina realizzi i suoi piani

Nonostante la storia suggerisca di non sottovalutare la capacità della Cina di realizzare i suoi piani, questa volta ci sono buone ragioni per dubitare che Pechino riesca a portare a termine i suoi programmi. Per sostenere il cambiamento del mix energetico sono necessarie infrastrutture e strutture di mercato. Ma come risulta chiaramente dall’analisi dell’Aie, l’assenza di infrastrutture e di un regime normativo favorevole limita, per esempio, il potenziale del gas naturale. Gli stessi problemi potrebbero fungere “da tappo” anche per l’energia eolica e solare. Il numero di veicoli elettrici è in aumento, ma è probabile che la maggior parte dell’energia elettrica utilizzata per alimentarli sarà prodotta dal carbone ancora per molto tempo. Occorre, inoltre, gestire le trasformazioni industriali. Nel carbone e nei principali settori manifatturieri molti lavoratori e intere comunità continuano a dipendere da attività che probabilmente saranno trasformate o eliminate dalla tecnologia. L’industria carboniera cinese, ad esempio, impiega 4 milioni di persone. E anche la dipendenza dal mercato internazionale comporta dei rischi. L’obiettivo dell’80 per cento di autosufficienza netta è probabilmente realizzabile con la combinazione di carbone, nuove energie nucleari e rinnovabili, inclusa l’idroelettrica. Tuttavia, il restante 20% comprende l’approvvigionamento essenziale di petrolio, la cui dipendenza dalle importazioni è raddoppiata negli ultimi cinque anni. Secondo le stime dell’Aie, la Cina dovrà investire 6,1 trilioni di dollari – 250 miliardi di dollari all’anno – solo nell’approvvigionamento energetico entro il 2040, di cui due terzi nel settore energetico. Saranno necessari altri 2,1 trilioni di dollari – 90 miliardi di dollari all’anno – per ottenere i guadagni necessari in termini di efficienza energetica. In sostanza la potenza della Cina e l’energia sono due elementi inseparabili su cui poggia anche la sopravvivenza del regime di Pechino.

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