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La crisi di Stellantis, il braccio di ferro in Ue, il boom di importazioni dalla Cina. Tutte le incognite sul futuro dell’auto italiana

La crisi del settore, il braccio di ferro con l’Europa sulle emissioni auto, l’aumento delle importazioni dalla Cina avranno un impatto importante sull’industria italiana. Ecco perché

Sono molte le incognite che incombono sul futuro dell’automotive italiano. La crisi del settore, il braccio di ferro con l’Europa sulle emissioni auto, l’aumento delle importazioni dalla Cina avranno un impatto importante sull’industria italiana. Ecco perché.

LA CRISI DELL’AUTO ITALIANA

Gli ultimi risultati di Stellantis sono lo specchio della crisi del settore. Nel terzo trimestre il maggiore produttore nazionale ha riportato un calo delle consegne consolidate del 20% rispetto allo stesso periodo 2023, pari a 1,148 milioni di unità. L’area più problematica è il Nord America (-170mila veicoli, -36%), meglio l’Europa (-100 mila unità, -17%). La doccia fredda arriva anche da Moody’s, che ha recentemente confermato i rating Baa1 e (P)P-2 ma ha rivisto l’outlook da stabile a negativo a causa della gravità del cash burn previsto nel secondo semestre del 2024.

Una situazione che ha spinto il ministro Adolfo Urso ad aprire a una mozione delle opposizioni con delle riformulazioni, chiedendo una tutela dei posti di lavoro e certezze sugli investimenti. Il numero uno del Mimit ha chiesto a gran voce al gruppo di “presentare un piano altrimenti diamo, senza avere certezza che quel che diamo serva al rilancio industriale e alla salvaguardia occupazionale. Stellantis investa in Italia, l’Europa preservi l’industria”.

IL CASO STELLANTIS

L’audizione del ceo di Stellantis, Carlos Tavares, ha contribuito ad infiammare ancora di più la situazione. Il numero uno del produttore italo francese ha posto l’accento sulla crisi europea del settore, sulle difficoltà e sui costi della transizione. Produrre auto elettriche costa il 40% in più rispetto alle endotermiche, un divario che secondo Tavares deve essere colmato per rendere le vetture a batterie europee competitive rispetto alle concorrenti cinesi. Altrimenti, secondo il ceo di Stellantis, gli attori delle diverse filiere che intervengono nel ciclo di vita di una vettura non potranno assorbire i costi aggiuntivi, che ricadono inevitabilmente sui consumatori. Per questa ragione, Tavares ha chiesto al Governo di stimolare la domanda attraverso incentivi e sussidi per raggiungere l’obiettivo di produrre 1 milione di veicoli all’anno.

È interessante notare che nel corso dell’audizione spesso Tavares ha ripetuto il termine “servire”, in riferimento alla mission del gruppo. Una relazione che lasciato insoddisfatta la maggior parte dei rappresentanti delle opposizioni, che hanno chiesto chiarezza sulla produzione futura del gruppo Stellantis in Italia.

Jean-Philippe Imparato, nuovo Chief Operating Officer in Europa, nel corso del Salone di Parigi ha detto che Stellantis è pronta a ridurre la produzione di auto con motori a combustione interna il prossimo anno per rispettare gli obiettivi UE sulle emissioni per il 2025, piuttosto che pagare multe.

AUTO, IL PIANO DEL GOVERNO IN UE

Il piano generale del governo italiano prevede la proroga della data dello stop alle autoendotermiche, previsto per il 2035. Tuttavia, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha sottolineato che al momento l’Italia chiede all’Ue solamente di anticipare dal 2026 al 2025 il termine per la verifica sull’accordo sulle nuove norme sulle emissioni delle vetture europee.

Gli industriali appoggiano in pieno la linea del Governo sulla revisione di tempi e modi della transizione nel settore auto. La conferma è arrivata ieri nel corso dell’assemblea di Assolombarda per bocca del numero 1 di Confindustria, Emanuele Orsini.

“Diciamo chiaramente la verità: la “data decisiva” del 2035 per lo stop al motore endotermico non sarà rispettata”, ha detto Il presidente di Assolombarda Alessandro Spada.

I sindacati, invece, chiedono maggiori garanzie e aiuti per i circa 45 mila lavoratrici e lavoratori in difficoltà a causa della profonda crisi che sta colpendo il settore. FILCTEM CGIL, CISL e UIL hanno indetto per il 25 ottobre uno sciopero nazionale di 8 ore per tutti rappresentanti del settore della componentistica della filiera non metalmeccanica dell’automotive, che si terrà dalle 10:30 in Piazza Santi Apostoli a Roma.

IL RUOLO DELLA CINA

In Europa si gioca un’altra partita fondamentale: i rapporti commerciali con la Cina. Il settore automobilistico cinese sarà un caso di sopravvivenza del più forte nei prossimi 12-24 mesi. La pressione sui margini rimane alta per i produttori di auto a causa della guerra dei prezzi e dell’aumento delle vendite di veicoli elettrici. Questo è quanto emerge dal rapporto pubblicato oggi da S&P Global Ratings, intitolato “China Auto: Survival Of The Fittest”. L’agenzia di rating prevede che le vendite nazionali di veicoli leggeri cresceranno dello 0-3% all’anno nel 2025-2026, rispetto allo 0-2% del 2024.

Il paradosso è che proprio mentre l’Ue si prepara ad infliggere pesanti tariffe d’importazione sui veicoli elettrici cinesi che hanno beneficiato di sovvenzioni sleali, le importazioni di auto dal Paese asiatico fanno registrare un nuovo record. Infatti, a settembre Pechino ha spedito nell’Unione Europea 60.517 vetture elettriche, il secondo numero più alto in assoluto, dopo il record di ottobre 2023 di 67.455 EV.

Dati che portano a riflettere riguardo l’imposizione di dazi alla Cina. Alcuni Stati membri, come Germania e Spagna, hanno recentemente espresso la loro opposizione alle tariffe, temendo una guerra commerciale totale con Pechino. Gli effetti potrebbero vedersi su diversi prodotti, dalle auto alla carne di maiale, passando per latticini e brandy. Dello stesso avviso è anche Tavares.

“Il miglior modo per competere con i cinesi è quello di saltare sul loro treno invece di farsi investire. È un sogno pensare che il mondo occidentale possa proteggersi con le tasse doganali”, ha sottolineato l’ad del gruppo. Un’arma insufficiente, che sul lungo periodo rischia di avere pesanti effetti collaterali per il Vecchio continente.

Attualmente Bruxelles e Pechino stanno negoziando una potenziale soluzione alternativa alle tariffe, ma se non raggiungeranno un accordo, i dazi entreranno in vigore alla fine di ottobre. Un dato da non sottovalutare è che si calcola che in Cina ci sia un eccesso di capacità pari a oltre 20 milioni di veicoli, superiore alla totalità del mercato europeo.

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