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Co2

La Germania può sopravvivere senza carbone?

Negli ultimi 3 anni il 53 per cento di tutto il carbone importato dalla Germania proviene dalla Russia, una dipendenza che si è palesemente aggravata negli ultimi 24 mesi

Uno dei più grandi dilemmi di chi lavora nei settori di carbone, petrolio e in alcuni casi gas (nonostante sia considerato un ponte naturale verso un futuro a basse emissioni di Co2) potrebbe essere questo: come si può smettere di produrre (e consumare) combustibili fossili quando si hanno ancora ampie riserve a basso costo? In questo contesto è proprio il carbone a distinguersi per la “guerra” che i governi delle economie più sviluppate stanno conducendo nei suoi confronti, vietandone l’uso futuro, a causa dell’alta concentrazione di emissioni di Co2 che produce. Tuttavia, ogni qualvolta la sua produzione viene limitata da tagli imposti dal governo, i produttori continuano a estrarne di più. In questo contesto si pone la Germania, un baluardo dell’industria carboniera mondiale. Riuscirà a sopravvivere senza carbone?

LA GERMANIA È IL PIU’ GRANDE PRODUTTORE MONDIALE DI LIGNITE

In netto contrasto con il petrolio e il gas – di cui la Germania è tradizionalmente uno dei principali importatori netti in oltre 50 anni di storia di dipendenza dai russi – l’economia leader in Europa ha notevoli riserve di carbone, in particolare di lignite. Infatti, la Germania rimane il più grande produttore mondiale di lignite e ne brucia la maggior parte per la produzione di energia elettrica, circa il 22% del totale.

L’ULTIMA MINIERA DI CARBON FOSSILE TEDESCA HA CHIUSO A DICEMBRE 2018

Mentre la lignite rimane economicamente competitiva, la produzione di carbon fossile in Germania è diminuita dopo la fine dei regimi di incentivo del governo. L’ultima miniera di carbon fossile ha chiuso i battenti nel dicembre 2018, ponendo fine a 200 anni di storia della regione della Ruhr e avviando una nuova fase di sviluppo della Westfalia, geograficamente e storicamente intrecciata proprio con il carbone.

HA CESSATO DI ESTRARLO MA LO UTILIZZA ANCORA

Eppure, nonostante la Germania abbia cessato di estrarre carbone, continua ad utilizzarlo. Circa il 12% della produzione di energia elettrica proviene dal carbon fossile, importato principalmente da Russia, Canada e Stati Uniti. Una volta industria di punta della Germania, il settore siderurgico consuma quasi il 40% del carbon fossile prodotto nel paese

Per rimanere una potenza industriale la Germania deve continuare a importare carbone fossile, dunque, elemento indispensabile per la produzione dell’acciaio. Questo la costringerebbe a sua volta a dipendere dalle importazioni dalla Russia (Murmansk e Ust-Luga, per la precisione), creando così una triplice dipendenza dagli idrocarburi russi.

BERLINO IMPORTA DALLA RUSSIA

“Se si prendono in considerazione le statistiche mensili degli ultimi 3 anni si scopre che il 53 per cento di tutto il carbone importato proviene dalla Russia, una dipendenza che si è palesemente aggravata negli ultimi 24 mesi grazie alla vicinanza di grandi porti di movimentazione del carbone nei Paesi Baltici russi”. Insomma in tutti e tre i casi – petrolio, gas e carbone – “la Germania importa più di un terzo del suo fabbisogno dalla Russia; nel caso del gas la dipendenza sarà molto più alta con NordStream 2 in programma per la metà del 2020”, sottolinea Oilprice.com.

L’INTERROGATIVO SULLA LIGNITE

Un altro grande interrogativo che porta con sé la politica energetica tedesca riguarda la chiusura delle miniere di lignite. Mentre il carbon fossile è più facile da eliminare – economicamente non redditizio, operativamente sottoutilizzato (nel 2019 sono stati utilizzati solo circa 6GW dell’attuale capacità di 20GW di carbon fossile) e ampiamente impopolare a causa della produzione di Co2, dunque gli 8GW da tagliare fissati come obiettivo per il 2030 sembrano abbastanza gestibili – gli sforzi del governo per fissare le prime chiusure riguardanti la lignite entro il 2022 sono ancora oggetto di discussione con gli operatori, per non parlare della ostentata intenzione di lanciare chiusure forzate a partire dal 2027, che attualmente sembra essere una forzatura troppo difficile da realizzare.

IL TAGLIO DEL CARBONE NON È COMPENSATO DA GAS E RINNOVABILI

“In contrasto con il racconto degli ambientalisti di un più ampio uso delle rinnovabili, il calo del consumo di carbone tedesco non è completamente compensato dal mix di gas e rinnovabili. Se guardiamo al 2019 più da vicino – scrive Oilprice.com – sia il consumo di lignite sia quello di carbone fossile sono calati del 20% rispetto all’anno precedente, a causa dei prezzi obbligatori delle emissioni di CO2 e della priorità data alle rinnovabili in termini di accesso alla rete, mentre le rinnovabili sono cresciute del 3% nel 2019. In termini assoluti la situazione è ancora più chiara: il consumo di carbone è diminuito di 20,5 milioni di tonnellate equivalenti di carbone, mentre le rinnovabili sono aumentate solo di 3 milioni di tonnellate equivalenti di carbone (il gas naturale è aumentato di quasi 4 metri cubi)”.

Le possibilità dell’uscita del carbone dalla Germania sono davvero molteplici – da un lato, Berlino è una delle poche nazioni produttrici di carbone a prendere sul serio gli impegni in materia di emissioni di CO2 ed è riuscita a ridurre le emissioni di anidride carbonica di circa il 7% anno su anno nel solo 2019. Ha guidato l’Unione Europea nel tentativo di ridurre le emissioni del continente. E l’eliminazione graduale del carbone tedesco nel 2038 sembra un obiettivo abbastanza fattibile, sostenuto da un progetto di legge che presto dovrebbe essere firmato. La sostituzione della lignite sarà un’impresa invece ardua, poiché è economica e si trova accanto a massicci conglomerati urbani – bruciare gas importato, che comporta anche costi di trasporto aggiuntivi, potrebbe non essere sempre l’opzione migliore.

CONSUMO DI ENERGIA PRIMARIA IN GERMANIA IN DECLINO COSTANTE

D’altra parte, il declino del carbone si sta verificando in concomitanza con un calo senza precedenti del consumo di energia primaria in Germania (il livello del 2019 è sceso a livelli mai visti dall’inizio degli anni ’70) e la produzione industriale del paese potrebbe risentirne. Inoltre, la visione generale sull’uscita del carbone presuppone che gli Stati tedeschi compensino la fine dell’estrazione del carbone creando nuove opportunità di business e rimodellando le competenze delle persone per meglio adattarsi alle esigenze del 21esimo secolo.” Tuttavia, ciò avviene solo in modo frammentario: i tassi di disoccupazione nei principali centri di produzione del carbone come Gelsenkirchen o Dortmund ammontano ancora a circa il doppio della media tedesca”, sottolinea Oilprice.com.

UTILITY LOCALI TEDESCHE SI SENTONO MINACCIATE DAL PHASE OUT CARBONE

Non solo. Come riferisce Reutrs, l’associazione tedesca che riunisce le aziende attive nei servizi pubblici locali VKU ha dichiarato che i piani del governo per eliminare gradualmente le centrali elettriche a carbone nei prossimi anni, come parte degli sforzi per contrastare i cambiamenti climatici, rappresentano una minaccia a livello finanziario per i membri dell’associazione. VKU rappresenta circa 4.000 megawatt (MW) di produzione di energia alimentata da carbone, rispetto al totale tedesco di circa 20.000 MW di capacità.

I piani del governo, prevedono la chiusura forzata di unità a carbone dopo il 2027 nel caso in cui i proprietari non siano in grado di sfruttare la possibilità di competere alle aste che si terranno tra il 2024 e il 2026. Il governo vuole che queste aste accompagnino un programma più ampio, che dovrebbe essere approvato questa settimana, che si estende alla industria estrattiva, con lo stop definitivo al carbone entro il 2038.

PICCOLI UTILITY A RISCHIO

“I grandi gruppi che gestiscono il carbone tra cui RWE e Uniper, trarranno beneficio da finanziamenti statali” e “rimborsi”. “Ma le piccole aziende come Stadtwerke, per le quali le partecipazioni in centrali a carbone possono pesare pesantemente sui budget, affronteranno svalutazioni per centinaia di milioni di euro in singoli casi, ha affermato l’amministratore delegato Michael Wuebbe”, riferisce Reuters.

A ingarbugliare ancora di più la situazione è il fatto che “il regolatore dell’energia tedesco spesso proibisce le chiusure” delle centrali a carbone, ha ammesso Reuters: questo perché “le nuove linee elettriche sono in ritardo”, e non c’è abbastanza capacità di trasporto per le energie alternativa. Ma ciò finisce “per escludere le utility dalla competizione nelle aste, in quella regione”.

Solo per fare un esempio “Steag, che gestisce 5.500 MW di energia da carbone in Germania, ha annunciato che in mancanza di miglioramenti all’attuale progetto di legge governativo avrebbe preso in considerazione la possibilità di intraprendere un’azione legale contro il governo”, ha concluso Reuters.

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