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Compagnie Petrolifere

La guerra del gas continua. L’Ue si oppone al ricatto russo dei rubli

Il punto della sfida energetica tra Mosca e Unione europea. Descalzi rifiuta di pagare il gas in rubli, anche il G7 si oppone allo Zar

Giorno di guerra numero trentatré. Sul campo, la Russia appare in stallo e forse costretta a limitarsi al “suo” vecchio Donbas. L’Ucraina resiste e spera in negoziati più fruttuosi, a partire da oggi in Turchia. Ma Mosca continua i suoi ricatti anche verso l’Europa, sul fronte del gas.

IL G7 DICE NO AL PAGAMENTO DEL GAS IN RUBLI

Ricorderete, infatti, la minaccia (ennesima) di Putin al Vecchio Continente della scorsa settimana. Una delle tante, una delle ultime. “Ho preso la decisione” – aveva annunciato lo Zar durante una riunione con il governo russo – “di passare ai pagamenti in rubli per le nostre forniture di gas naturale ai cosiddetti Paesi ostili, smettendo di usare le valute compromesse in queste transazioni”. Un ricatto che però adesso ha fatto scattare la forte opposizione dei Grandi anti-russi.

Come riporta Luca Pagni su Repubblica, infatti, “i Paesi occidentali respingono al mittente l’ultimatum del presidente russo” definendolo “una richiesta inaccettabile” che dimostra come Putin sia “con le spalle al muro”. Infatti, la guerra sta assumendo dimensioni e tempistiche sempre più logoranti. Il che significa che il Cremlino necessita il  suo abbeveraggio quotidiano dall’export di gas all’Europa, pretendendolo nella sua valuta. Fatto trenta, fare trentuno insomma.

LA REAZIONE EUROPEA AL BLUFF DI PUTIN

Fortunatamente, però, la reazione europea non sta mancando. Per governi e compagnie petrolifere Putin sta bleffando. Come riporta Gabriele De Stefani su La Stampa, non solo Mosca ha necessità economiche urgenti e quindi ha bisogno di continuare a venderci gas. Ma, oltretutto, l’ipotesi di “bloccare i gasdotti obbligherebbe Mosca a scegliere tra la chiusura dei giacimenti o la vendita del metano sottocosto ad altri partner, come la Cina, insufficienti per sostituire i volumi europei, nonostante i recenti nuovi contratti”.

E allora l’unica cosa sulla quale può ritirarsi Mosca è continuare a dire che “è chiaro che il gas non lo forniremo gratis”.

ANCHE ENI E EDISON RIFIUTANO L’OPZIONE GAS IN RUBLI

“Eni non pagherà il gas russo in rubli e anche Edison si smarca dalle minacce russe. Interpellato da il Giornale, il gruppo controllato dalla francese Edf ha escluso pagamenti nelle divisa di Mosca, sicuramente fino a fine anno quando scadrà il contratto spot attualmente in essere” scrive Sofia Fraschini sul quotidiano di centrodestra.

Ne scrive anche Italia Oggi. Le parole di Claudio Descalzi sul rifiuto al ricatto russo dei rubli è arrivato in occasione di un panel al Gobal energy Forum Dubai. “Eni non ha rubli, i contratti sono in euro e dovrebbero essere modificati per cambiare i termini. Non è possibile farlo unilateralmente. Ci deve essere un accordo per tale cambiamento”, ha proseguito il numero uno del cane a sei zampe.

NUOVE ALTERNATIVE ALLE FORNITURE RUSSE

Intanto, prosegue la corsa al dopo-guerra. Sempre sul lato energetico, gli errori dell’Occidente fatti in questi anni nel legarsi mani e piedi al gas russo devono trovare rimedio. E allora va valutata con attenzione l’ultima opzione discussa oggi sul Messaggero.

Come scrive Francesco Gioffredi, “riparte il progetto EastMed-Poseidon. L’obiettivo è noto, il percorso non facilissimo. La rotta conduce nuovamente nella Puglia, fianco sud-orientale degli equilibri energetici e porta d’accesso per le infrastrutture strategiche”. E’ il gasdotto che affiancherà il Tap e che malgrado un’autorizzazione già decennale non ha ancora visto l’inizio dei lavori. Il progetto è di 1.900 chilometri “gas pescato dal Bacino Levantino nel Mediterraneo orientale (tra Israele, Egitto e Cipro), 10-12 miliardi di metri cubi di gas all’anno con possibilità di raddoppiare la capacità, approdo italiano a Otranto. Cioè circa 20 chilometri più a sud del Tap”.

Insomma, un nuovo scenario che si affianca a tanti altri nel contesto dell’emergenza gas e distacco dalla Russia. Anche questa opzione rimarca gli errori del passato, di cui l’Italia si è resa maggior protagonista. Ma non è mai troppo tardi per correggere la propria rotta, l’importante è cominciare davvero a farlo.

 

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