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Rinnovabili

Le rinnovabili si fanno largo ma il gas rimane la migliore “fonte ponte” della transizione

Descalzi: In assenza di un salto tecnologico che ci consenta di superare gli attuali limiti delle rinnovabili, oggi non possiamo prescindere dal gas, la migliore ‘fonte ponte’ nella transizione energetica

Le rinnovabili stanno guadagnando via via, un peso sempre maggiore all’interno dei mix energetici mondiali. Segno dei tempi che cambiano ma anche del processo di transizione verso un’economia decarbonizzata ormai avviato da tempo con orizzonte temporale 2050. Nonostante ciò permangono ancora delle incognite tecnologiche, legate all’intermittenza delle fonti verdi, che hanno trovato, tuttavia, nel gas un valido alleato, come ha scritto il numero uno di Eni Claudio Descalzi al Corriere della Sera.

RINNOVABILI BATTONO IL CARBONE NEGLI USA: È LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA

CARBONE-cinaIl primo dato degno di nota viene dagli Stati Uniti dove, nonostante la “cura” Trump, ad aprile la capacità di generare energia da fonti rinnovabili ha superato quella del carbone. Secondo un rapporto della Federal Energy Regulatory Commission (Ferc), l’ente federale per l’energia Usa, le centrali elettriche statunitensi hanno prodotto più energia da fonti pulite rispetto al carbone per la prima volta nella storia. Il dato riflette il costo sempre più basso del solare e dell’eolico, e le preoccupazione ambientali legate al consumo di carbone di fatto uno dei combustibili con il maggior tasso di Co2. Gli Stati Uniti hanno, infatti, drasticamente ridotto l’utilizzo del carbone dopo il picco nel 2008, con un crollo del 39 per cento, secondo i dati della Us Energy Information Administration.

LA NORVEGIA DICE STOP AI FINANZIAMENTI PER GLI IDROCARBURI. PER IL FONDO SOVRANO SOLO RINNOVABILI

Un altro segnale importante arriva dalla Norvegia dove il Parlamento ha ratificato la decisione, già presa qualche tempo fa a dire il vero, di non far più investire il denaro del Fondo sovrano norvegese gestito da Norges Bank Investmentin attività riguardanti petrolio e carbone ma di puntare solo sulle rinnovabili. Come ha chiarito il sito economico spagnolo “Expansion” tale operazione si traduce in un trasferimento di migliaia di milioni di euro e potrebbe segnare un punto di svolta nel mercato internazionale degli investimenti.

IL PROGETTO SAHARA POTREBBE INONDARE DI ENERGIA IL MONDO

Oltre al presente si pensa però anche al futuro come dimostrano alcuni scienziati che stanno ‘caldeggiando’ l’ipotesi di utilizzare una piccola parte del deserto del Sahara in impianto ad energia solare per alimentare l’Europa e non solo. Teoricamente, il deserto del Sahara ha un enorme potenziale per essere la più grande fonte di energia rinnovabile del mondo. Ma in pratica, ci sono ostacoli tecnologici, normativi, ambientali e politici da superare per trasformarlo in un gigantesco parco solare. Secondo Amin Al-Habaibeh, professore di Intelligent Engineering Systems presso la Nottingham Trent University, citato da OilPrice, l’energia solare totale disponibile nel deserto del Sahara supera i 22 miliardi di gigawattora (GWh) all’anno. Contestualizzando, se tutto il Sahara fosse un gigantesco parco solare, genererebbe 2.000 volte più energia della più grande centrale elettrica del mondo, che genera 100.000 GWh all’anno, scrive Al-Habaibeh su The Conversation. Teoricamente, l’energia solare generata nel deserto del Sahara potrebbe soddisfare tutto il fabbisogno elettrico europeo con una fonte di energia rinnovabile a basse emissioni di carbonio. Secondo Olufemi Taiwo, un filosofo che studia la giustizia climatica alla Georgetown University, le potenziali esportazioni di energia dell’Africa subsahariana verso l’Europa possono aumentare la sicurezza energetica europea, ma potrebbero fare ben poco per aiutare una parte ancora vasta della popolazione africana che non ha accesso all’elettricità. Enormi impianti solari ed eolici nel deserto del Sahara potrebbero anche avere conseguenze indesiderate, ha scritto invee Alona Armstrong, docente senior dell’Università di Lancaster su The Conversation dello scorso anno, citando uno studio che suggerisce che impianti solari ed eolici di grandi dimensioni potrebbero aumentare le temperature locali o in altri casi, aumentare le precipitazioni e la vegetazione. Esiste comunque un precedente quello della tedesca Desertec che nel 2009 proposte un enorme progetto per esportare energia prodotta nel deserto verso l’Europa. Progetto poi abbandonato a causa degli alti costi. Veduta di Oslo con bandiera della Norvegia

L’ITALIA NON STA A GUARDARE, ENEL IN PRIMA FILA

Progetti a parte, il nostro paese non è rimasto a guardare ed è uno dei principali attori del settore. Basti pensare all’asta che Enel attraverso la controllata Psjc Enel, si è appena aggiudicata in Russia: un nuovo impianto eolico da oltre 71 MW. L’impianto di Rodnikovsky sarà costruito nella regione di Stavropol, e i lavori di sviluppo e costruzione saranno affidati a Enel Green Power, la divisione globale di Enel dedicata alle energie rinnovabili. L’investimento complessivo di Enel Russia nell’impianto di Rodnikovsky sarà pari a circa 90 milioni di euro. Il parco eolico andrà a regime nella prima meta’ del 2024, e dovrebbe generare circa 220 GWh all’anno evitando l’emissione in atmosfera di circa 180 mila tonnellate di CO2. L’impianto venderà l’energia prodotta sul mercato wholesale russo, e sarà supportato da capacity payments. La stessa Enel X, la business line globale del Gruppo Enel dedicata alle soluzioni digitali e prodotti innovativi, e Panasonic Solar, la divisione dell’azienda nipponica dedicata allo sviluppo di pannelli solari ad alta efficienza, hanno stretto una partnership per la commercializzazione di soluzioni di generazione domestica e aziendale da fonti rinnovabili ad alta efficienza e a un prezzo accessibile.

DESCALZI: IN ASSENZA DI UN SALTO TECNOLOGICO CHE CI CONSENTA DI SUPERARE GLI ATTUALI LIMITI DELLE RINNOVABILI, OGGI NON POSSIAMO PRESCINDERE DAL GAS, LA MIGLIORE ‘FONTE PONTE’ NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA

Ma non è tutto ora quel che luccica, come ha ben ricordato il numero uno di Eni Claudio Descalzi in una lettera al Corriere della Sera. Se da un lato c’è la sfida di fornire energia a una popolazione mondiale in costante crescita – circa il +30% al 2040 – dall’altra c’è la necessità di ridurre le emissioni di Co2 per rimanere nei limiti dell’accordo di Parigi. Secondo Descalzi “nel breve termine la risposta più efficace rimane l’intervento sul mix energetico. Che non vuol dire fare leva sulle sole fonti rinnovabili che oggi presentano ancora diversi limiti, come intermittenza, basso fattore di utilizzo, spazio disponibile per la loro installazione e misfit geografico (nonostante i grandi investimenti fatti, oggi eolico e solare rappresentano a livello mondiale solo il 2% del mix). Ma vuol dire anche favorire l’utilizzo del gas, fonte largamente disponibile e con minore impatto ambientale rispetto al carbone che oggi produce ancora circa il 45% delle emissioni di Co2 del settore energetico e il 72% delle emissioni da generazione elettrica”. In sostanza, ha sottolineato Descalzi “in assenza di un salto tecnologico che ci consenta di superare gli attuali limiti delle rinnovabili, oggi non possiamo prescindere dal gas, la migliore ‘fonte ponte’ nella transizione energetica”.

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