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Libia Petrolio

Libia: al via Conferenza di Berlino ma Haftar blocca il petrolio

Possibili rincari per il petrolio domani all’apertura dei mercato ma l’impatto su Eni e i giacimenti che possiede in Libia dovrebbe essere attenuato

Il giorno della Conferenza di Berlino in cui gli attori del conflitto libico – Fayez al Serraj e Khalifa Haftar – dovrebbero trovare un faticoso accordo è arrivato: ma resta il tentativo – difficile – di farli incontrare. Al lavoro su più fronti ci sono Mosca e Ankara e l’Ue, Italia compresa. Nella bozza dell’accordo che dovrebbe chiudersi oggi mancano però alcune richieste ovvero una “forza internazionale di protezione”, come richiesto da al Serraj.

LA BOZZA DI ACCORDO

“Divisa in sei capitoli e 55 punti”, scrive La Repubblica, nella bozza “si denuncia innanzitutto il proliferare di armi che ha rianimato terrorismo e flusso di migranti irregolari. Per questo i paesi firmatari si impegnano ‘ad astenersi da interferenze nel conflitto o negli affari interni della Libia’”

HAFTAR CHIUDE I RUBINETTI DEL PETROLIO

Haftar arriva invece all’appuntamento forte della chiusura dei terminal di greggio in tutta la mezzaluna petrolifera dell’Est, sotto il loro controllo (a Ras Lanuf, Brega, Sidra e Zueitina) convinto che i proventi della vendita di petrolio vadano a finanziare anche i combattenti esteri, soprattutto i turchi sperditi lì da Tayyip Recep Erdogan. Non è chiaro per quanto tempo andra’ avanti il blocco-ricatto di Haftar, ma è già stato calcolato che farà scendere la produzione libica da 1,3 milioni a 500 mila di barili al giorno (bpd), con perdite stimate in 55 milioni di dollari al giorno, secondo la Noc.

PER ENI PERDITE MARGINALI

Il Corriere della Sera parla “di una perdita secca di 800 mila barili al giorno” “quasi due miliardi di dollari al mese”. “’È come dare fuoco alla casa di tutti’ avverte la Noc: ‘Petrolio e gas sono la nostra linfa vitale’. Le ‘conseguenze saranno devastanti’, teme l’Onu. “Al momento il blocco dovrebbe avere ripercussioni su un solo campo estrattivo dell’Eni, peraltro marginale – scrive Il Messaggero -. Vale a dire il giacimento onshore di Bu Attifel situato 300 km a sud di Bengasi e composto da circa quindici pozzi con una capacità di qualche migliaio di barili al giorno. Una cifra trascurabile rispetto ai 280 mila barili che secondo le stime ufficiali Eni ha estratto ogni giorno nel 2019. Proprio per questo la preoccupazione per il colosso dell’energia appare relativa”.

LA LIBIA PERDE SOLDI, POCHI DANNI PER L’OCCIDENTE MA ATTENTI ANCHE ALL’IRAQ

In un altro articolo il Corsera parla del “venir meno di circa 55 milioni di dollari al giorno di incassi” per la Libia. Incassi “utilizzati anche per garantire standard minimi di sopravvivenza alla popolazione”. Quello che preoccupa di più “è il possibile contraccolpo sui prezzi internazionali del barile che si preannuncia per lunedì sui mercati” che “non potrà essere ignorato da nessuno dei partecipanti al vertice di Berlino”. Ma quanto è grave la situazione? “In passato circa l’85%” di petrolio libico “veniva venduto a Italia, Germania e Francia. La lunga guerra dal 2011 ha spinto alla diversificazione: nel 2019 l’Italia ha importato il 12% del suo fabbisogno dal paese nordafricano, in media 140 mila barili al giorno. L’offerta di petrolio su scala mondiale resta abbondante e in ipotesi estrema le riserve dei paesi Ocse coprono almeno tre mesi di consumi. Ma se si tiene conto che un altro 20% del fabbisogno nazionale arriva dall’Iraq, un altro paese a rischio nella crisi parallela del Golfo Persico, la cautela rimane d’obbligo”.

PER IL GAS NESSUN PROBLEMA

Niente da segnalare per quanto riguarda il gas per il quale “non si registrano variazioni significative nell’import dal gasdotto verso la Sicilia monitorato dalla Snam (copre il 7% dei consumi di gas e il suo punto di partenza è a Ovest di Tripoli)” e “anche l’Eni che è in Libia dal 1959, non dovrebbe perdere molto terreno. In media nel 2019 ha prodotto 280 mila barili al giorno (soprattutto gas9 e le sue attività sono per la maggior parte ad occidente. Ma molto dipenderà dalla durata e dall’evoluzione della crisi. E dalla (relativa) tranquillità di altre aree come il Golfo”, ha sottolineato ancora il Corsera.

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