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Gas

Mosca devasta l’Ucraina. L’Europa è alla canna del gas?

Quali sono le prospettive energetiche dell’Europa tra le alternative di gas dalla Russia e il conflitto ucraino

Dodicesimo giorno. Siamo giunti quasi alla fine della seconda settimana di guerra. Dal 24 febbraio la Russia sta devastando l’Ucraina con la giustificazione della “liberazione” dai neonazisti e dall’imperialismo occidentale. Una narrazione, quella portata avanti da Vladimir Putin, che continua a tenere sotto ricatto l’Europa anche sul fronte energetico.

IL LEGAME TRA LA GUERRA IN UCRAINA E IL GAS RUSSIA-EUROPA

Infatti, dal punto di vista militare i presunti cessate il fuoco stanno valendo meno di zero. Le bombe russe sul suolo ucraino non si arrestano, i civili morti aumentano e l’emergenza di chi scappa allerta le capitali europee di frontiera e non.

Ma, come ormai stiamo raccontando ogni giorno, c’è anche un’ importante questione energetica che riguarda noi europei, noi italiani. Una questione che si palesa sempre più di giorno in giorno tramite prezzi del carburante ormai in forte ascesa.

Il weekend appena concluso ha aggiunto poi un altro elemento di tensione. Quello nucleare, dovuto alle incursioni russe prima a Cherbnobyl e poi – venerdì – nella centrale di Zaporizhzhia.

QUANTO DIPENDIAMO DALLE FORNITURE DI MOSCA

La questione di fondo, però, rimane la stessa. Attiene la forte dipendenza europea dalle forniture moscovite. Una leva politica che, come scrive oggi Milena Gabanelli nel suo Dataroom del Corsera, “Vladimir Putin ha sfruttato nelle crisi ucraine del 2006 e del 2009”. Ma quest’arma risulta essere anche a doppio taglio. Perché, come scritto qui su Energia Oltre in queste settimane, Mosca si nutre economicamente del suo export di gas al Vecchio Continente. E le forti sanzioni mosse da Bruxelles stanno già sortendo i primi evidenti effetti.

“Gli incassi della banca centrale russa derivanti dal gas e dal petrolio esportati nel 2021 hanno raggiunto, secondo Reuters, i 240 miliardi di dollari” dice ancora il Dataroom, per capire quanto detto sopra. Noi e Berlino siamo i più dipendenti, con 43 e 29 miliardi di metri cubi importati rispettivamente.

LE ALTERNATIVE PER L’ITALIA

Ecco perché l’esecutivo guidato da Mario Draghi ha provato a porre un primo rimedio con il Decreto Energia. Altrettanto rilevante era stata la visita ad Algeri di Di Maio e Descalzi ad inizio settimana scorsa.

L’Algeria ha un ruolo fondamentale nella diversificazione delle fonti di gas, lo stesso Di Maio ha confermato che “il partenariato con l’Algeria è forte” e ricordando come con il paese nordafricano c’è stato un aumento del 45% degli interscambi commerciali dal 2020. Ogni anno sono circa 76 i miliardi di metri cubi importati in tutto dall’Italia e di questi nell’anno appena passato, 21 soltanto dall’Algeria.

Ma ci sono anche i fornitori di GNL: Qatar e Usa su tutti. Rispettivamente con 30 e 25,6 miliardi di metri cubi esportati nel 2020, scrive ancora Gabanelli. Poi ci sono “la Nigeria (14,6) e l’Algeria (13,9)”.

L’OPINIONE DI NICOLAZZI

“Se si riuscisse ad attivare tutta la capacità di Algeria e Libia avremmo certamente una bella boccata d’ossigeno, ma bisogna ricordare anche la situazione attuale della Libia, non tranquillissima”. Lo dice chiaramente stamani su La Stampa l’ex Chief Executive Officer di Lukoil Massimo Nicolazzi.

Il quale si esprime anche su altri paesi fornitori dell’Italia. Azerbaigian e Cipro, per esempio. Ma la cautela rimane, per via di tempistiche non proprio brevi. “Naturalmente bisogna puntare al massimo anche sulle rinnovabili, ma anche qui i tempi non sono brevi e le quote che se ne ricavano ancora molto basse”, dice tra l’altro.

LA ROADMAP DI GENTILONI

E sempre sul quotidiano diretto da Massimo Giannini, anche il Commissario economico dell’Ue Paolo Gentiloni parla delle forniture alternative per Europa e Italia.

Ci sono tante strade, secondo l’ex premier. “La prima prevede il ricorso a fonti energetiche che nella transizione erano in via d’abbandono, come il carbone. Per la Germania è più facile, ma per l’Italia no. Bisogna poi aumentare le riserve”. Diversificare è un verbo divenuto importante nelle settimane più recenti, ma per Gentiloni “è una risposta nel breve periodo, ma la questione della rigassificazione è meno immediata, ci vogliono un paio di anni anche con le piattaforme mobili”.

Il tempo, dunque, è una variabile centrale per il futuro energetico europeo e italiano. I ricatti di Putin continuano, per sapere come e chi ci riscalderà dobbiamo aspettare.

 

 

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