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Come va il “petro-yuan” e perché la Cina vuole usarlo

Gli esperti nutrono forti dubbi sul nuovo strumento di trading cinese ma il primo giorno di contrattazioni per il momento dà ragione a Pechino

Potrebbe rappresentare la fine del cosiddetto “petroldollaro” che per anni ha calcato le scene economiche mondiali. Ma gli esperti non sono convinti che, alla fine, il “petro-yuan” riuscirà nell’intento di scalzare la supremazia della valuta statunitense e del duopolio mondiale WtiBrent. Il giorno dopo il debutto del future sul greggio dal palco di Shangai, il nuovo strumento messo a punto da Pechino con scadenza a settembre ha chiuso in rialzo del 3,3% a 429,9 yuan (68,22 dollari) al barile dopo aver aperto in progresso di oltre il 6% da un riferimento iniziale di 416 yuan. In totale sono stati scambiati oltre 21 milioni di barili per un valore di 18,3 miliardi di yuan (2,9 miliardi di dollari) secondo i dati di Wind Information Co. Per la stessa scadenza a settembre, il Wti quotava 64 dollari e il Brent si collocava sopra i 68 dollari. Secondo Reuters, Glencore, Trafigura e Freepoint Commodities sono state tra le prime aziende ad acquistare il nuovo contratto.

FORTI DUBBI DEGLI ESPERTI SUL FUTURO DEI “PETRO-YUAN”

Nonostante si attendesse con ansia il lancio del nuovo strumento di trading cinese, gli esperti nutrono dei forti dubbi sul fatto che i future asiatici siano in grado di diventare un altro punto di riferimento internazionale del mercato del petrolio. Questi dubbi si concentrano sul fatto che la Cina non è un’economia di mercato e il governo è pronto a interferire nel funzionamento dei mercati locali delle materie prime e su qualsiasi sospetto di una bolla in arrivo. Per evitare una bolla le autorità hanno assicurato, infatti, che i contratti siano negoziati entro una fascia fissa del 5% per entrambe le parti, il 10% il primo giorno di negoziazione (alla fine il margine è stato del 7%) mentre i costi di stoccaggio del greggio si dovrebbero attestare alla fine su una quota superiore rispetto a quella media internazionale nella speranza di scoraggiare gli speculatori. Il risultato di questo “stretto sentiero” disegnato dai cinesi per il nuovo segmento di mercato, per alcuni analisti, rappresenta un motivo di scoramento per gli investitori nello sfruttare i futures petroliferi di Shanghai. Tuttavia, se si assume l’ipotesi che il primo giorno di negoziazione sia indicativo, le cose sono andate in maniera molto diversa dalle previsioni, almeno per le grandi imprese di negoziazione di materie prime: sono 19 i broker stranieri che si sono registrati per partecipare agli scambi e molti con sede a Hong Kong. D’altro canto, la Cina non lascia tutto alle forze di mercato. Un consulente energetico ha detto alla Reuters che “il governo di Pechino sembra determinato a sostenere” il mercato e anche “un certo numero di aziende sono state invitate o sottoposte a pressioni per commerciare” e ciò “potrebbe essere d’aiuto”. PetroChina e Sinopec, ad esempio, sono considerate fondamentali per fornire liquidità a lungo termine anche al nuovo mercato.

L’AMBIZIONE CINESE RISALE AL 1993

Il lungo cammino verso il debutto dei future cinesi risale al 1993. Pechino, il maggiore consumatore di idrocarburi a livello mondiale, studiava da tempo il lancio di un proprio mercato petrolifero con l’obiettivo di pesare di più sui mercati dell’energia e fornire un prezzo del petrolio maggiormente allineato alle condizioni di domanda e offerta interne.

PERCHÉ LA CINA HA DECISO DI CREARE IL PETRO-YUAN

La Cina è il principale consumatore mondiale di greggio e acquista la maggior parte del petrolio dalla Russia.  Tuttavia, una grossa fetta delle contrattazioni è ancora in dollari Usa.  Il lancio del “petro-yuan” consentirà, quindi, a Mosca e Pechino di utilizzare le valute nazionali per effettuare il trading. Cina e Russia stanno riducendo attivamente, infatti, la dipendenza dal dollaro negli scambi bilaterali. Già nel mese di ottobre 2017, Pechino aveva lanciato un sistema di pagamento per le transazioni in yuan e rubli russi. Con il nuovo strumento connesso con il mercato petrolifero, gli accordi per le consegne di petrolio russo alla Cina, che hanno raggiunto i 60 milioni di tonnellate all’anno, potranno ora essere fatti senza usare valuta Usa. Dopo il lancio dei futures a Shanghai, sono cominciate, inoltre, anche le negoziazioni tra Russia e Cina per promuovere reciprocamente i futures petroliferi in valute nazionali, come ha riferito l’agenzia RIA Novosti. Nel 2016, infatti, la borsa di San Pietroburgo aveva già lanciato degli strumenti di contrattazione con valuta russa sul petrolio, gli Urali futures e ora, con questa mossa, la Cina potrebbe sostenere anche i futures del greggio russo in uno scambio reciproco.

LA RUSSIA IL MAGGIOR FORNITORE DI GREGGIO PER LA CINA

La Russia ha mantenuto la sua posizione come il più grande fornitore di petrolio greggio della Cina anche nel mese di febbraio. Mosca ha fornito 1,32 milioni di barili al giorno il mese scorso, in crescita del 17,8 per cento rispetto a un anno prima, secondo Reuters. L’aumento dei volumi è avvenuto a seguito dell’avvio delle operazioni del secondo oleodotto sino-russo che ha iniziato le operazioni di pompaggio il 1 gennaio raddoppiando la capacità della Cina di trasportare petrolio dal sistema energetico della Siberia orientale e dell’Oceano Pacifico (ESPO).

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