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Petrolio e gas o decarbonizzazione? Perché le sfide dei governi si scontrano con il clima

Secondo John Kemp di Reuters, la domanda non è se arriverà la recessione ma quando

Tasse sugli extraprofitti, plusvalenze, tetti ai prezzi e richieste di maggiore produzione di petrolio e gas hanno segnato il 2022 nel settore petrolifero e del gas. Ma sembra che anche quest’anno ci aspettino trend simili, soprattutto considerando che i governi dei paesi occidentali non hanno mollato le loro ambizioni di ridurre le emissioni di CO2.

Se da un lato, infatti, si sono registrati profitti record per le compagnie petrolifere e del gas grazie al rally dei prezzi delle materie prime energetiche, dall’altro la risposta dei governi ha spinto a inserire nuove tasse per finanziare i tagli dei costi in bollette per famiglie e imprese, nel tentativo di mantenere la barra dritta nel percorso verso la decarbonizzazione.

SCONTRO DI PRIORITA’ COMPLICHERA’ ANCHE IL 2023

Secondo un nuovo rapporto di Wood Mac, questo scontro di priorità renderà complicato anche il 2023 per quanto riguarda petrolio e gas. Per cominciare, hanno osservato gli autori, alcune compagnie petrolifere e del gas stanno già tagliando i loro piani di spesa a causa delle tasse. Un andamento logico considerato il fatto che i governi non hanno dato alcuna indicazione che le imposte saranno cancellate se i prezzi del petrolio e del gas scenderanno.

LA SFIDA DELL’AUMENTO DI PRODUZIONE DI PETROLIO E GAS PER MIGLIORARE LA SICUREZZA

Un’altra sfida è quella di convincere le compagnie petrolifere e del gas ad aumentare la produzione per migliorare la sicurezza energetica. Se l’esempio degli Stati Uniti è esemplare, è probabile che le compagnie petrolifere e del gas si oppongano agli inviti a reinvestire i profitti in una maggiore produzione. L’amministrazione Biden infatti ha ripetutamente invitato i produttori di petrolio e gas a pompare di più, indipendentemente dai piani di decarbonizzazione dell’amministrazione, ma il settore non ha risposto positivamente.

LA DOMANDA DI GAS TIENE

Ciò che ha risposto positivamente è la maggiore domanda di gas naturale, che ha spinto una maggiore produzione del bene e, di conseguenza, una riduzione dei prezzi del gas del più grande produttore mondiale, che ha dato un po’ di sollievo ai consumatori. Sollievo favorito, a sua volta, dalla minore domanda europea di gas statunitense grazie al caldo inverno, e a un buon livello di stoccaggi.

STOCCAGGI UE PIENI UGUALE MINOR IMPORT DI GNL USA: SI VA VERSO PREZZI PIÙ BASSI MA ANCHE MINOR PRODUZIONE

Il colpo di scena è che, essendo gli stoccaggi pieni, gli acquirenti europei di gas saranno costretti a ridurre gli acquisti di gas naturale liquefatto statunitense per almeno una parte di quest’anno. Ciò significa una stagione di rifornimento più lenta e, probabilmente, prezzi sempre più bassi. Questi ultimi, a loro volta, potrebbero portare a un rallentamento della crescita della produzione di gas negli Stati Uniti, con conseguente riduzione dell’offerta.

LA SPINTA DELLA DECARBONIZZAZIONE PROSEGUE

A ciò si aggiunge la spinta alla decarbonizzazione, che non motiva in alcun modo nuove esplorazioni di petrolio e gas, anche se le trivellazioni offshore sono in forte aumento. Insomma, il settore rimarrà vigile ed estremamente cauto nelle decisioni di investimento.

BOTTINO PIENO PER I PROFITTI DI BIG OIL MA MENO DEL 2021

Un rallentamento del boom dei profitti sosterrà questo sentimento. Il FT ha riportato questa settimana che, sebbene i profitti di Big Oil per il 2022 saranno enormi, quest’anno potrebbe essere un po’ diverso a causa del calo dei prezzi. Secondo le stime di S&P Capital IQ citate nel rapporto, i profitti collettivi delle Big Oil quest’anno potrebbero essere inferiori di 50 miliardi di dollari rispetto al bottino dell’anno scorso, che si aggirava intorno ai 200 miliardi di dollari.

Ora, 150 miliardi di dollari sarebbero comunque una cifra piuttosto alta per quanto riguarda i profitti: si tratterebbe infatti del secondo risultato netto più alto della storia per le Big Oil dopo il record dell’anno scorso. Tuttavia, è probabile che continuino ad alimentare i riacquisti di azioni e gli aumenti dei dividendi piuttosto che la generosità della nuova produzione. Questo è particolarmente probabile nel contesto delle aspettative che l’economia globale possa scivolare in una recessione quest’anno.

SI ATTENDE UNA RECESSIONE

Secondo John Kemp di Reuters, la domanda non è se arriverà la recessione ma quando: in un recente intervento, l’analista di mercato dell’agenzia ha sostenuto che o l’economia rallenterà a causa dell’inflazione da cui ne deriverà una recessione, oppure le banche centrali continueranno con il loro approccio aggressivo cioè alimentando inflazione per causare comunque alla fine una recessione.

Secondo il primo scenario, la recessione inizierà nella prima metà dell’anno e, secondo il secondo, potrebbe essere ritardata alla seconda metà o addirittura all’inizio del 2024. In un simile contesto, e con le tasse in arrivo, l’industria ha tutte le ragioni per adottare un approccio prudente e non rispondere alle richieste dei governi di pompare più petrolio e gas.

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