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raffinerie petrolio russia

Perché le raffinerie attaccate in Russia sono un problema (anche per noi)

Per Jp Morgan, la riduzione quotidiana è di 900mila barili per 19 raffinerie. I colpi sferrati dai droni ucraini vengono commentati positivamente in Occidente ma, secondo Gianlcaudio Torlizzi di T-Commodity non va trascurata “l’accelerazione del rialzo del gasolio che contribuirà ad alimentare nuove fiammate inflazionistiche”

Da mesi, ormai, gli sviluppi degni di nota sul fronte russo-ucraino si contano sulle dita di una mano. Negli ultimi giorni, settimane, però, i frequenti attacchi via drone da parte delle forze di Kyiv alle raffinerie della Federazione Russa sono eventi da osservare non solo con la lente del conflitto.

COSA SUCCEDE ALLE RAFFINERIE RUSSE

Martedì scorso, ad esempio, Mosca ha confermato di aver subito una serie di attacchi in diverse regioni, per lo più al confine con il paese invaso nel febbraio 2022. L’obiettivo della Repubblica guidata da Volodymyr Zelensky è quello di colpire il nemico in un settore, uno degli ultimi, rimasto redditizio per lo Zar appena riconfermato nelle elezioni farsa.

A farne le spese, ad esempio, è stato un maxi impianto di Lukoil, un big dell’Oil and Gas presente fino a poco tempo fa anche in Italia. Colpendo la quarta raffineria più grande, le forze ucraine hanno messo a repentaglio la lavorazione di 340mila barili al giorno di benzina, pari al 10% del fabbisogno nazionale. Non meno male è andata alla raffineria Kirishi di Surguteftegas, che produce 350mila barili al giorno anche se per lo più diretti all’estero. Un impianto che vale il 5,3% della benzina russa e il 7,6% del diesel.

Due giorni fa è toccato alla raffineria di petrolio Slavyansky, nella regione di Krasnodar, nel sud della Russia. L’incendio ha provocato anche un decesso per attacco cardiaco. Stessa sorte anche per l’impianto di Syzran, mentre è stato sventato l’attacco a quello di Novokuibyshevsk.

LE CONSEGUENZE ECONOMICHE, ANCHE PER L’OCCIDENTE

Insomma, di eventi di questa categoria se ne sono registrati parecchi e probabilmente la lista è destinata ad allungarsi. Ma quanto alle conseguenze economiche ed energetiche, è interessante segnalare quanto fatto notare ad esempio dall’analista Gianclaudio Torlizzi (T-Commodity). “Molti festeggiano giustamente i gravi danni subiti dalle raffinerie russe a opera dei droni ucraini”, ha scritto su X. “Ma non trascuriamo l’altra faccia della medaglia: l’accelerazione del rialzo del gasolio che contribuirà ad alimentare nuove fiammate inflazionistiche (in viola indice CPI Eu) minando le gia’ deboli prospettive di taglio dei tassi da parte della BCE. Un vicolo cieco, quello in cui siamo finiti, determinato dai colli di bottiglia nel settore della raffinazione in Europa, tragico lascito delle politiche climatiche made in Bruxelles”.

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In un altro post, sulle conseguenze prezzali Torlizzi aggiunge: “A seguito degli attacchi ucraini, la capacità russa nel comparto della raffinazione di idrocarburi ha assistito a una forte riduzione di 900 mila barili al giorno, secondo le stime di Jp Morgan (19 raffinerie). Se gli attacchi dei droni ucraini da un raggio di 1200 km arrivassero a un raggio di 1500km l’impatto sulla produzione toccherebbe 21 raffinerie. Oltre al mercato Eu (prezzo gasolio giunto oramai sui livelli record del 2022) a patire l’incremento del costo dei carburanti sono anche i Paesi africani come: Nigeria, Libia, Tunisia gia’ alle prese con una crisi valutaria. Gli effetti dunque di questa crisi sono globali.

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Anche per Francesco Sassi, ricercatore del Rie di Bologna, occorre monitorare ciò che accade agli impianti della Federazione putiniana non solo con gli occhi ucraini. “L’ondata di attacchi dell’Ucraina contro le infrastrutture petrolifere russe stanno danneggiando infrastrutture cruciali per l’approvvigionamento del mercato interno e le operazioni dell’esercito russo. Gli attacchi dei droni potrebbero costringere la Russia a modificare la sua strategia petrolifera, ma influenzeranno anche i mercati globali”. 

Oggi, intanto, i due principali indici segnano un ribasso sui futures. Per quanto riguarda la Russia, scrive Reuters, la preoccupazione per l’offerta derivante dall’aumento delle esportazioni a seguito degli attacchi ucraini alle infrastrutture petrolifere del paese ha continuato a fare pressione sui prezzi al ribasso.

“Gli attacchi probabilmente ridurranno le corse di greggio russo fino a 300 kbd (miglia barili al giorno), oltre alle chiusure di manutenzione programmate. Le corse primarie più basse, tuttavia, porterebbero a maggiori esportazioni di petrolio greggio, aiutando la Russia a raggiungere contemporaneamente tagli alla produzione mantenendo le esportazioni piatte”, hanno scritto gli analisti di JP Morgan in una nota del cliente citata da Reuters. A marzo, la Federazione aumenterà l’export di quasi 200mila barili al giorno (piano mensile 2,15 bpd).

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