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Siemens Energy

La Cina spinge sulle rinnovabili. Ma in Asia e Africa usa ancora il carbone

Secondo lo studio effettuato da Thomson Reuters Foundation la Cina si comporta come una superpotenza che rende globale la propria politica energetica

Mentre la Cina ha aggiunto altri 24,3 GW di solare nella prima metà del 2018, pari al totale degli impianti solari attualmente presenti in India, la storia che riguarda gli investimenti cinesi nelle energie rinnovabili all’estero, che vanno oltre l’iniziativa formale denominata “Belt and Road”, rimane in gran parte sconosciuta.

CINESI ATTIVI SOPRATTUTTO IN EUROPA E AUSTRALIA NELL’EOLICO

Gli investimenti cinesi nei mercati esteri dell’energia eolica hanno superato i 12 miliardi di dollari solo in Europa e in Australia, ma le aziende cinesi, private e di proprietà statale, si muovono in modo aggressivo per capitalizzare su tutti i mercati in rapida crescita delle rinnovabili, come dimostra lo studio effettuato da Thomson Reuters Foundation. “La maggior parte dell’attività di investimento nel settore eolico si è svolta in Europa, seguendo le tendenze recenti. I produttori cinesi indipendenti di energia di proprietà statale hanno acquisito grandi progetti eolici in nove paesi europei, con l’obiettivo specifico di diversificare il proprio portafoglio estero e acquisire esperienza nella tecnologia eolica offshore”, evidenzia lo studio.

IL REGNO UNITO È UNA DELLE PRINCIPALI METE DI INVESTIMENTO CINESI NEL SETTORE DELL’EOLICO OFFSHORE

Il Regno Unito è il più grande mercato europeo dell’energia eolica offshore, e secondo le previsioni dovrebbe raddoppiare entro il 2030, fornendo fino a un terzo dell’elettricità del paese. Alcune delle principali aziende elettriche statali cinesi, come la State Development and Investment Corp (SDIC) e la China Resource Power, stanno acquistando progetti eolici al largo delle coste orientali dell’Inghilterra e della Scozia, riflettendo una tendenza più ampia verso gli investimenti cinesi nel settore energetico del Regno Unito. La Cina, sottolinea Thomson Reuters Foundation, è quindi uno dei più importanti motori della trasformazione energetica europea e la sua leadership internazionale nei settori a basse emissioni del futuro è pienamente in linea con gli sforzi volti ad aumentare l’influenza economica globale della Cina.

LA CINA È UNA SUPERPOTENZA CHE RENDE GLOBALE LA PROPRIA POLITICA ENERGETICA

Mentre gli investimenti degli stranieri in Cina nel settore delle rinnovabili sono stati stimolati dal lancio, cinque anni fa, dell’iniziativa Belt and Road (BRI), gli investimenti cinesi all’esterno si estendono ben al di là di questo quadro. L’IEEFA ha già dimostrato che nel 2017 gli investimenti di Pechino in nuove tecnologie e risorse energetiche ha raggiunto i 44 miliardi di dollari, rispetto ai 32 miliardi del 2016, con risorse impiegate oltre le nazioni comprese nella BRI per includere Europa e Sud America. Si tratta di una superpotenza che rende globale la propria politica energetica”, sottolinea lo studio.

CARBONE PER I PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Ma non è tutto ora ciò che luccica. “Il principale passo falso della Cina nella globalizzazione della sua politica energetica – scrive Thomson Reuters Foundation – è il proseguimento degli investimenti nel carbone all’estero, nonostante il paese abbia deciso di invertire rotta a livello nazionale”. In sostanza, mentre la Cina si sta affermando come leader nel settore delle energie rinnovabili nelle nazioni più ricche, sta ancora spingendo la tecnologia inquinante del carbone nei paesi in via di sviluppo dell’Asia e dell’Africa. Dal 2003 al 2017, gli investimenti energetici della Cina nel Sud-Est asiatico hanno incluso 12 miliardi di dollari in progetti di carbone, nonostante l’abbondanza di energia solare ed eolica potenziale di investimento in quei mercati. “Gli investimenti nell’energia eolica e solare sono aumentati negli ultimi anni a causa del drastico calo dei costi, ma è chiaro che, in Cina e in altri paesi in via di sviluppo, gli investimenti nel settore del carbone sono ancora significativi”, scrive Thomson Reuters Foundation. China Huadian Corp è stato il maggiore investitore cinese internazionale di carbone con un totale di 11,2 miliardi di dollari di investimenti in questo settore dal 2003 al 2017, seguito da Shenhua (4,6 miliardi di dollari) e China Huaneng Group (3,2 miliardi di dollari). Huadian prevede di costruire una centrale a carbone da 1.320 MW in Bangladesh. PowerChina lo stesso e si è impegnata a costruire il controverso progetto Lamu in Kenya, di cui Huadian fa parte del consorzio proponente. Il Pakistan, un paese chiave per la BRI, ha un notevole coinvolgimento cinese negli investimenti infrastrutturali, anche nel settore dell’energia elettrica a carbone. Aziende come China Huaneng Group e China Machinery Engineering Corp (CMEC) sono fortemente coinvolte nei progetti del carbone pakistano. Shanghai Electric e Dongfang Electric fanno parte di un consorzio che si è recentemente aggiudicato un appalto per la costruzione del progetto di Hamrawein, una centrale a carbone da 6.000 MW, in Egitto.

LA COMPETITIVITÀ DELLE NUOVE TECNOLOGIE PER L’ENERGIA PULITA NON FARÀ CHE AUMENTARE

La competitività delle nuove tecnologie per l’energia pulita non farà che aumentare, soprattutto se si considera che i rischi climatici si stanno ora manifestando in tempo reale. È probabile che l’accantonamento delle centrali a carbone avvenga a una velocità ancora maggiore del previsto. E che verrà messo più acciaio a terra per gli impianti solari ed eolici per un nuovo futuro energetico. La Cina si sta preparando ad essere all’avanguardia nel settore delle tecnologie rinnovabili, ma quanto velocemente si muoverà e chi la seguirà?”, conclude Thomson Reuters Foundation.

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